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Banca condannata, Davide batte Golia

Dopo il Tribunale, anche la Corte d’Appello ha riconosciuto la nullità di un contratto swap stipulato con un albergatore nel 2007, confermando la decisione di primo grado che condanna l’istituto a versare circa 90mila euro all’imprenditore

Doppia vittoria di Davide contro Golia. Una struttura alberghiera isolana ha visto riconosciute anche in appello le proprie ragioni nei confronti dell’ex Banco di Napoli (ora assorbita nel gruppo Intesa Sanpaolo). Nel primo grado di giudizio, l’albergatore, rappresentato dall’avvocato Felice Pettorino, aveva infatti ottenuto dal Tribunale di Napoli la declaratoria di nullità di un contratto stipulato nell’ormai lontano 2007.

Tecnicamente il contratto è denominato “interest rate swap”. In generale, gli swap sono contratti a termine che prevedono lo scambio a termine di flussi di cassa, calcolati con modalità stabilite alla stipulazione del contratto. Questo sistema può permettere di annullare il rischio connesso per esempio alle fluttuazioni dei tassi di interesse o di cambio. Tra questi contratti, l’Interest Rate Swap è il contratto swap più diffuso, con il quale due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti. Non c’è scambio di capitali, ma solo di flussi corrispondenti al differenziale fra i due interessi (di solito uno fisso ed uno variabile). Un’impresa può essere interessata a tale contratto per eliminare l’incertezza di un debito contratto a tassi variabili. L’azienda che stipula un Interest Rate Swap preferisce avere la certezza di quanto dovrà pagare, per motivi di politica aziendale oppure perché ipotizza un rialzo dei tassi. Lo scopo della banca è invece quello di incrementare i propri profitti: ne ottiene infatti subito un incremento derivante dalla intermediazione del prodotto derivato. Chiusa la noiosa parentesi tecnica, va detto che nel 2018 il Tribunale aveva accolto la richiesta dell’albergatore condannando la banca alla ripetizione dei differenziali registrati in costanza di rapporto e liquidati in complessivi € 90.237,00 oltre gli interessi legali. Una somma non trascurabile dunque, ma la banca è ricorsa appunto in appello adducendo tre motivi che consistono nella “erronea declaratoria di nullità del contratto quadro inter partes, per asserita assenza della sottoscrizione del rappresentante legale della Banca (primo motivo); erronea declaratoria di nullità del contratto ex art. 1418, secondo comma, c.c. (secondo motivo); erronea declaratoria di nullità del contratto, per asserita violazione dell’art. 1322 c.c. (terzo motivo)”.

L’oggetto della controversia era un contratto “interest rate swap”, secondo i giudici d’appello la causa del contratto può essere considerata meritevole solo allorquando il rischio e l’alea che la caratterizzano siano state consapevolmente e razionalmente assunte dal contraente debole

La Terza Sezione Civile della Corte d’Appello ha ritenuto che il secondo e terzo motivo vadano rigettati finendo anche per privare il primo di ogni carattere decisivo.

Per i giudici della Corte, la funzione economico-sociale di questo strumento risulta essere meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico per la positiva funzione svolta nel mondo degli affari: consente, infatti, una maggiore liquidità nei mercati finanziari e favorisce lo sviluppo dei commerci rendendo possibile, attraverso lo schema contrattuale, gestire il rischio di interessi. Mentre il debitore continuerà a pagare gli interessi ivi stabiliti al mutuante, la stipulazione di un contratto di swap svolgerà la funzione di neutralizzare gli effetti dell’evoluzione dei relativi tassi in base al meccanismo della regolazione fra i contraenti, ad ogni scadenza, delle differenze di segno opposto, positive o negative, sulla base dell’applicazione delle clausole contrattuali. In tal modo, il debitore continuerà a pagare gli interessi sul mutuo, ma, se il tasso previsto dallo swap risulterà essere a suo favore, riceverà importi dall’intermediario finanziario che contribuiranno a bilanciare quelli maggiormente versati al mutante quali interessi sul mutuo. Al contrario, se, in base al tasso previsto dallo swap, matureranno importi in favore dell’intermediario finanziario, il debitore, oltre a pagare i normali interessi sul mutuo, dovrà sostenere anche il pagamento di questi importi, con un ulteriore aggravio della sua situazione finanziaria.

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Nel caso di specie, la società alberghiera, che aveva precedentemente contratto con lo stesso Istituto di credito un mutuo a tasso variabile, aveva deciso di stipulare, nel 2007, con la Banca un contratto di interest rate swap con durata fino al 30 giugno 2017, che prevedeva con quest’ultima lo scambio dei seguenti flussi finanziari, calcolati sul nozionale, pari ad un milione e mezzo di euro, allo scopo di coprirsi dal rischio di tasso: la Banca avrebbe pagato alla prima il tasso Euribor 3M alle scadenze prestabilite (praticamente ogni tre mesi a decorrere dal 30.09.2007); la Società, invece, avrebbe corrisposto alla Banca il tasso fisso del 4,29%, se l’Euribor trimestrale fosse risultato inferiore al 4,80%; mentre, se fosse risultato pari o superiore a siffatta percentuale, il relativo tasso debitore sarebbe stato pari allo stesso Euribor, diminuito dello 0,51%.

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La conoscenza deve riguardare non solo gli aspetti probabilistici legati all’accadimento di eventi ovviamente incerti, ma anche gli eventuali costi posti in capo al cliente come ad esempio le commissioni che siano ritenute dalla banca implicite e non dichiarate nel contratto unilateralmente redatto. Ove non siano rispettati tali principi, il contratto risulta nullo per mancanza di causa ex art. 1418, 2° comma e per la non meritevolezza in concreto, degli interessi perseguiti ex art. 1322, 2° comma

Tramite una nutrita serie di richiami a precedenti giurisprudenziali delle Sezioni Unite della Cassazione, la Corte d’Appello ha accolto le ragioni articolate dall’avvocato Pettorino, sostanzialmente confermando le valutazioni del Tribunale, il quale aveva ritenuto tale operazione affetta da radicale nullità, in quanto “Al pari di una scommessa autorizzata …, la causa del contratto può essere considerata meritevole solo allorquando il rischio e l’alea che la caratterizzano siano state consapevolmente e razionalmente assunte dal contraente debole. Con la precisazione che la conoscenza deve riguardare non solo gli aspetti probabilistici legati all’accadimento di eventi ovviamente incerti, ma devono riguardare anche gli eventuali costi posti in capo al cliente come ad esempio le commissioni che siano ritenute dalla banca implicite e pertanto non dichiarate nel contratto unilateralmente redatto. Ove non siano rispettati i principi che precedono, il contratto risulta nullo per mancanza di causa ex art. 1418, 2° comma e per la non meritevolezza in concreto, degli interessi perseguiti ex art. 1322, 2° comma”, e ha ritenuto i rilievi della Banca affetti da “intrinseca genericità” oltre che non contestualizzati rispetto alla fattispecie concreta dedotta in giudizio.

L’appello è stato quindi rigettato, e quindi oltre alla condanna di primo grado pari a oltre 90mila euro, l’istituto bancario dovrà pagare a favore dell’albergatore anche circa diecimila euro di spese, oltre rimborso forfettario al 15%, Cassa Avvocati e Iva come per legge, con distrazione a favore dell’avvocato Pettorino.

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