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Balneari, anche Ischia spera con una nuova sentenza

Un 2022 che si preannuncia caldissimo per la categoria alla luce di quanto sta succedendo, ma intanto un dispositivo del Consiglio di Stato rende fiducioso anche il responsabile locale Giuseppe Lafranca: ecco perché

Per gli imprenditori balneari il 2022 si preannuncia caldissimo sin da ora, nonostante il freddo di questi giorni. Come si ricorderà, a novembre la sentenza del Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha praticamenteazzerato le proroghe delle concessioni balneari. Queste ultime erano state oggetto di una prorogafino al 2033, nonostante la direttiva europea “Bolkestein” del 2006 avesse da tempo ammonito di procedere allariassegnazione immediata delle concessioni tramite bandi di gara. La proroga delle concessioni balneari sarà valida soltanto fino al dicembre 2023, un termine che è praticamente dietro l’angolo.

Mentre il mondo degli imprenditori balneari attende il riordino della materia di settore dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato le proroghe delle concessioni al 2033, nuove pronunce della magistratura amministrativa sembrano dare nuove speranze

In attesa che il governo metta mano a una riforma organica del settore, è arrivata una nuova sentenza del Consiglio di Stato, che però stavolta riguarda la diversità di trattamento per le concessioni rilasciate rispettivamente prima e dopo il 2009. La sentenza in questione, la n. 229 del 13 gennaio 2022 della Sezione VI, ha rigettato l’appello dell’Agenzia del Demanio dichiarando alcuni principi fondamentali.

Anzitutto, è stato ribadito che l’art. 49 cod. nav. non si applica fintantoché il rapporto concessorio venga rinnovato, senza soluzione di continuità: “sicché le opere realizzate dai concessionari sulla superficie demaniale sono, ai sensi dell’art. 952 c.c., d’esclusiva proprietà privata c.d. superficiaria fino al momento dell’effettiva scadenza o revoca anticipata della concessione: per essi non è dovuto un canone ulteriore”. Inoltre, anche nelle ipotesi di subentro, mortis causa o per atto inter vivos, la continuità del rapporto concessorio non viene meno, trattandosi una novazione meramente soggettiva. Il diritto di proprietà dei concessionari sui beni da loro realizzati sulla zona demaniale ha rilevanza costituzionale, in quanto la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 29 del 2017) ha premesso che “al fine di stabilire la proprietà statale dei beni di difficile rimozione edificati su suolo demaniale marittimo in concessione, è determinante la scadenza della concessione, essendo questo il momento in cui il bene realizzato dal concessionario acquista la qualità demaniale”. Il Consiglio di Stato ha poi stabilito l’inapplicabilità della Direttiva Servizi “ai rapporti concessori sorti anteriormente al termine di trasposizione della stessa”. In sostanza, con la sentenza n. 239 del 13 gennaio 2022, la Sezione VI del Consiglio di Stato ha legittimato il doppio binario, cioè la doverosità di un trattamento differenziato delle concessioni sorte anteriormente al 28 dicembre 2009 rispetto a quelle rilasciate successivamente a tale data.

Giuseppe La Franca (Fiba Confesercenti): «Il panorama normativo e giurisprudenziale è in evoluzione, ma il governo deve adottare urgenti provvedimenti, altrimenti l’intero settore in breve tempo sarà distrutto»

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«Un risultato importante – ha commentato Giuseppe La Franca, presidente di Fiba Confesercenti per l’isola d’Ischia – rispetto alla pronuncia di novembre, anche se riferito per ora solo alle concessioni rilasciate fino al 2009. La materia è comunque sempre in evoluzione: il partito “Fratelli d’Italia” ha annunciato che farà ricorso contro la sentenza di novembre del Consiglio di Stato, e qualche giorno fa il Tar del Lazio ha implicitamente riconosciuto la validità della proroga delle concessioni fino al 2033».

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La Franca si riferisce alla sentenza 140/2022 della prima sezione del tribunale amministrativo laziale, che si è espressa sul ricorso presentato da un gruppo di stabilimenti, che si erano appellati al Tar chiedendo di accertare l’efficacia dei loro titoli, in seguito alla disapplicazione della normativa nazionale sui rinnovi automatici delle concessioni da parte della pubblica amministrazione per contrasto col diritto europeo. Nel loro ricorso, gli imprenditori balneari hanno evidenziato che in virtù dei reiterati rinnovi automatici delle concessioni stabiliti da varie leggi italiane, dalla 88/2001 alla 145/2018, essi hanno conservato la titolarità delle rispettive concessioni demaniali marittime, godendo di un legittimo affidamento. Nel dichiarare inammissibile il ricorso dei balneari, il Tar del Lazio ha in qualche modo dato loro ragione, affermando che gli imprenditori non avevano interesse a chiedere la stabilizzazione dei titoli in quanto erano già intervenute delle proroghe automatiche e dunque dichiarandole implicitamente valide. Una decisione con cui il Tar Lazio sembra discostarsi dalla clamorosa sentenza in adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sancendo una sorta di convalida indiretta della validità delle concessioni fino al 2033.«In ogni caso – continua La Franca – bisognerà impedire che in Italia il settore balneare venga distrutto da quella decisione. Pensiamo a Ischia in particolare, dove gli stabilimenti sono praticamente tutti a conduzione familiare: la mancata proroga spazzerà via tutti, a favore dei grandi gruppi stranieri. È assurdo che solo in Italia accada ciò, mentre in Croazia, Spagna e altrove le concessioni sono state tranquillamente rinnovate per svariati decenni. Se il governo non prenderà urgenti provvedimenti, l’intero comparto sarà distrutto», conclude La Franca.

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Pasquale Raffaele cammarella

Leggo da ogni parte commenti che in alcuni casi sono inconsistenti mentre in altri sono corretti ma relativi a questioni soggettive che seppur meritevoli cmq non risolvono il problema nella sua sostanza. Ovviamente i politici di turno prospettano lotte fantasiose contro la Bolkestein ma destinate all’insucesso in quanto prive di fondamento giuridico. Il problema ha soltanto una via d’uscita, ossia sdemanializzare lidi e spiagge. Tali beni rimarrebbero, ovviamente, di appartenenza statale ma in un regime di patrimonio disponibile dello Stato che quindi potrebbe anche effettuarne la vendita. Dunque, se un bene statale rientra nel patrimonio disponibile questo può essere negoziato con legittime compravendite a privati o società acquirenti. Pertanto tali beni una volta diventati di proprietà privata non sono piú soggetti alla Bolkestein. Il punto ora é questo, la politica ha il coraggio di modificare l’art. 822 c.c. e l’art. 28 del cod. Nav.? La vedo difficile in quanto il popolino fa ancora la lotta di di classe, ama lo stato dominus di tutto(é per la statalizzazione di ogni attività) ed é contro l’iniziativa privata…

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