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Procida, quando Luigi Muro “benediva” la cessione di quote di Marina di Procida

Di Guglielmo Taliercio

PROCIDA –  Così come argomentato nei giorni scorsi dal Consigliere delegato al bilancio Gianni Villani, tra le principali motivazioni che, al momento, potrebbero determinare lo stato di dissesto del Comune, domani la questione è in discussione presso la Corte dei Conti, c’è la mancata vendita delle quote detenute dallo stesso nel Marina di Procida (49% del capitale sociale), società che gestisce il porto turistico di Marina Grande. Per sottolineare come la tematica non è affatto nuova al confronto della politica procidana abbiamo recuperato dall’archivio del blog “Il Procidano” una lettera (a rileggerla, con il senno di poi, sembra molto di più che premonitoria) che il 30 settembre 2008, l’allora vice Sindaco Luigi Muro, inviò al Sindaco, agli Assessori e Consiglieri Comunali, al Difensore civico, ai Partiti politici, alle Associazioni del settore e alla Stampa.

“Alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva sento la necessità di indirizzarvi la presente lettera che contiene una serie di considerazioni su una questione che nei prossimi tempi sarà centrale nel dibattito istituzionale e politico di Procida. Mi riferisco alla pubblicazione del bando volto alla acquisizione di dichiarazioni di interesse all’acquisto del pacchetto azionario di minoranza di cui il Comune di Procida è detentore nella società Isola di Procida Navigando spa (oggi Marina di Procida Spa).… Non è questa la sede per discutere di altro e pertanto, dichiarandomi disponibile ad affrontare tutte le tematiche in un dibattito pubblico,vorrei limitare questa mia alla attuale vicenda della cessione del pacchetto azionario in capo al Comune.

Prima di tutto è bene ribadire che la legge finanziaria del passato governo impone agli enti locali di procedere alla cessione delle quote azionarie delle società partecipate non aventi fini istituzionali.

Infatti il Comune ha l’obbligo di mettere sul mercato anche altre società, come parco letterario ecc., cosa che è in corso di esecuzione. Fuori luogo è il richiamo allo Statuto comunale da parte di chi avversa la cessione sia perché lo Statuto NON può derogare da una legge sia perché lo Statuto Comunale contiene principi generali e non richiami a società specifiche come appunto quella del porto. In giro c’è tanta confusione, un po’ diffusa in mala fede, un po’ per scarsa informazione, un po’ per la cronica incapacità delle amministrazioni di comunicare le proprie scelte amministrative.

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E’proprio per questo che cerco di mettere in chiaro i concetti ispiratori della nostra scelta non prima di aver stigmatizzato alcune semplificazioni fuori luogo e certamente in mala fede perché provengono da settori politici e imprenditoriali che sanno bene come stanno le cose.

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La prima falsa semplificazione è quella secondo cui l’Amministrazione sta procedendo alla vendita del porto! Questa affermazione è FALSA: 1. il Comune non vende il porto in quanto non è proprietario dello stesso! 2. Il Comune non vende il porto in quanto non è gestore dello stesso essendo titolare del pacchetto minoritario della società. Il Comune sta procedendo a verificare la possibilità di cedere il detto pacchetto azionario come da preciso obbligo di legge!!! Ma c’è di più!

Io sostengo con la forza della ragione e mi rivolgo a tutti coloro che vogliono affrontare il problema con la necessaria onestà intellettuale, che la cessione delle quote di minoranza della società in oggetto può trasformarsi in una operazione virtuosa per la comunità isolana.

Prima di spiegarne le ragioni vorrei ricordare quali sono le motivazioni che spingono a creare un porto turistico: 1. creazione di un forte indotto turistico-commerciale; 2. creazione di posti di lavoro diretti ed indiretti; 3. possibile utile per le casse comunali, laddove il Comune sia socio.

Orbene, NESSUNA di queste tre motivazione è scalfita dalla annunciata cessione delle quote: infatti i primi due obiettivi sono ottenuti per la sola esistenza del porto turistico che oramai è una realtà al di là del soggetto proprietario, il terzo abbisogna di un ragionamento più complesso ma facilmente comprensibile. Il vantaggio per le casse comunali potrebbe essere rappresentato dalla divisione degli utili derivanti dalla gestione della società che (come si sa) è calcolato depurando gli incassi da tutti gli oneri compresi quelli fiscali, di investimento ecc.

Diversa è la gestione del piccolo privato le cui dinamiche non interessano la presente discussione che affronta una società a capitale pubblico e quindi rigidamente sottoposta al rispetto delle leggi,anche fiscali. Chi vuole ragionare seriamente sa bene che con la cessione delle quote di minoranza il Comune potrebbe eliminare i mutui che gravano sul bilancio per circa 700.000,00 euro all’anno ed affrontare situazioni debitorie derivanti da antichi e meno antichi contenziosi di cui ci è sempre fatti carico nel principio della continuità amministrativa.

… Ritornando al discorso principale, se il Comune riuscisse, cedendo le quote, a non pagare più i circa 700.000 euro all’anno di mutui le sue casse avrebbero un utile certamente maggiore del miglior utile preventivabile dalla gestione del porto. Infatti non pagando più tale somma è come se entrassero 700.000 euro di utile!!! Se a questo si aggiunge la eliminazione di contenziosi che, con la possibilità di effettivo pagamento derivante dalla liquidità, potrebbero chiudersi a prezzi vantaggiosi si comprende come una operazione obbligatoria per legge possa trasformarsi in una cosa virtuosa.

Si potrebbe obiettare: chi garantisce che l’Amministrazione usi il ricavato per tali nobili ragioni?

La risposta è semplice: è sufficiente una delibera di Consiglio Comunale che vincoli la destinazione della somma ricavata a tali obiettivi! Ma, a parte quanto innanzi, c’è in campo un rischio ben più forte per gli interessi del Comune: ipotesi che va messa “nero sul bianco” a futura memoria! E’ notorio ai più che è in corso una privatizzazione delle società nazionali che potrebbe portare nel giro di poco tempo la società “ madre” Italia navigando spa (che detiene l’80 % di Campania Navigando) a collocare sul mercato le sue partecipazioni. In tale ipotesi, che certamente non dipende dalla volontà dell’Amministrazione comunale, potremmo trovarci in breve tempo un socio di maggioranza privato che potrebbe a colpi di aumento di capitale (non sostenibili dal socio Comune) estromettere il Comune stesso dalla società o limitarne fortemente la presenza. Questa ipotesi, lungi dall’essere un mero spauracchio,rientra nella normale gestione delle società e causerebbe al Comune un vero e proprio danno oltre che una beffa per non aver saputo leggere gli eventi in maniera preventiva nonostante i segnali chiari che provengono dai Governi (anche di colore diverso) rispetto alle privatizzazioni. Io mi sottraggo dal puerile, maligno e superficiale modo di ragionare di alcuni e pertanto sia pure con estrema attenzione, con animo non certamente felice ma con il senso di responsabilità che a mio avviso distingue un amministratore serio da un capopopolo senza obiettivi, ho provato a spigare le ragione vere sottese all’adozione di tale deliberato. Mi auguro che le persone che vogliano migliorare il dibattito e le proposte ancora in campo siano sufficientemente responsabili per isolare i mestatori e coloro che giocano al “tanto peggio tanto meglio”. Ovviamente, a questo punto, sorgono, almeno, due domande: Perché le quote del porto, in questi sette anni, non sono state vendute? Se ci sono, chi ha responsabilità politiche e gestionali?

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