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Procida, si chiude la guerra per l’eredità: fu circonvenzione di incapace

PROCIDA – Una storia lunga, lunghissima, come lo sono sempre i contenziosi giudiziari. Sulla quale, adesso, possono finalmente calare i titoli di coda. Una vicenda che ha avuto come epicentro l’isola di Procida ma la cui eco aveva varcato i confini della terra di Arturo: un vero e proprio giallo, un intrigo, come succede sempre quando balla un ingente patrimonio e sullo sfondo c’erano ombre e sospetti che alla fine la magistratura  – chiudendo la partita – ha definitivamente confermato essere più che fondati. Con la sentenza della Cassazione Penale depositata il 27 settembre scorso si definisce in tutti i suoi contenuti e contorni una storia che come detto aveva fatto parlare e non poco, non solo per la dinamica ma anche per i personaggi coinvolti nella stessa, non propriamente di secondo piano. L’ultimo organo di giudizio ha confermato le sentenze emesse in primo grado ed in Corte di Appello sancendo la colpevolezza di Fechtner Fredrich con l’accusa di “circonvenzione di incapace aggravata” nei confronti di Aurelio Schiano di Pepe. I giudici hanno respinto tutti i rilievi presentati dal suo avvocato difensore.

La storia è ancora oggi abbastanza nota. Il Fechtner aveva beneficiato di una cospicua eredità di beni immobiliari ed altro in base ad un testamento olografo. Un documento di fronte al quale si oppose immediatamente la nipote, la nota giornalista Marzia Schiano di Pepe, originaria di Procida ma che vive a Milano, per la cronaca unica erede legittima. La lunga vertenza fece scalpore anche perché venne coinvolto pure un autorevole esponente dell’Arma dei Carabinieri e un numero notevole di periti e testimoni da entrambe le parti: una partita lunga e complessa, con una serie di contendenti che i giudici hanno nel tempo ascoltato per riuscire a ricostruire la verità. Che adesso è storia, o meglio sentenza definitiva.

I rapporti tra vittima e colpevole sono stati ricostruiti con puntualità e sono risultati confluenti ad avvalorare “la prova in ordine alla sussistenza dell’elemento materiale del reato ipotizzato. Invero l’attività di induzione e di abuso da parte del soggetto agente diretta a determinare o comunque a rafforzare nel soggetto passivo il proposito di adottare gli atti per sé pregiudizievoli viene logicamente ed inequivocabilmente tratta dai comportamenti tenuti dall’imputato, il quale, in concorso con (….), a far data dall’estate 2008, abusando dello stato di deficienza psichica di Schiano di Pepe Aurelio, lo induceva a redigere un testamento olografo recante la data del 12 novembre 2008 (ma che più di un elemento induce a ritenere di formazione successiva), pubblicato con atto notaio Limosani il 6 maggio 2009 che istituiva il ricorrente (Fechtner, ndr) quale erede universale con assoluta pretermissione dell’unica erede legittima, la nipote ex frate Schiano di Pepe Maria Grazia: tutto ciò dopo due tentativi di consacrare le ultime volontà del de cuius in atto pubblico ( a luglio 2008 e a gennaio 2009). Notazione – quest’ultima – che ha fatto ritenere al giudice di primo grado che la data del novembre 2008, riprodotta sulla notula, fosse anticipata rispetto all’epoca dell’effettiva redazione, deponendo in tal senso le testimonianze di…… e di…… su quanto dichiarato dal Fechtner in occasione della visita a Schiano di Pepe Aurelio mentre costui era degente in ospedale (1-2 marzo 2009), circa l’impossibilità di accondiscendere alle sue volontà di fare ritorno nella propria abitazione per non averle costui consacrate”. I giudici di secondo grado avevano riconosciuto la prova dei fatti da numerosi atti e testimonianze da parte di funzionari pubblici e conoscenti di Aurelio Schiano di Pepe. La Corte di Cassazione rileva nelle sue determinazioni: “Con queste conclusioni, del tutto congrue e privi di vizi logico-giuridici, il ricorrente non si misura, limitandosi a reiterare le doglianze di appello (significativo il richiamo nominalistico alle censure rivolte alla sentenza di primo grado) e sollecitare una non consentita rilettura in fatto” per poi argomentare sui motivi del ricorso del Fechtner ritenendoli tutti “manifestamente infondati” condannandolo al pagamento delle spese.

Con sentenza del 18 ottobre 2012 il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Napoli, all’esito del giudizio abbreviato lo condannava per l’imputazione di circonvenzione di incapace aggravata, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni uno, mesi dieci di reclusione ed euro 600,00 di multa, con i doppi benefici di legge e al risarcimento del danno a favore di Schiano di Pepe Marzia. A seguito di impugnazione la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 24 giugno 2014, rigettava il gravame, confermava la sentenza impugnata e aggiungeva pagamento di ulteriori spese. Avverso tale decisione era stato presentato ricorso alla Corte di Cassazione che con sentenza ha sancito la colpevolezza in modo definitivo.

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