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Procida: un’isola malata

DI MENICO SCALA

Oggi l’isola di Procida vive un giorno di profondo sconforto. Parlare di un problema così da anticiparne ed attutirne i suoi possibili effetti nefasti, per molti, è visto come un atto di opportunismo così come, parlarne quando il problema si è manifestato, per i medesimi, diventa un atto di sciacallaggio, ragion per cui meglio non parlare di nulla tanto i problemi non esistono. Procida è un isola felice ben oltre la narrazione del mulino bianco e, quando qualche cosa accade e diventa di dominio pubblico, si ha la sensazione che, al di là delle chiacchiere del giorno dopo e delle frasi fatte che affollano i social, il desiderio di tutti sia quello di dimenticare presto e subito per ritornare alla innaturale quotidianità da cartolina.

Da tempo, purtroppo, cerchiamo di porre l’attenzione sulle questioni che riguardano la sanità (in primis la questione ospedale), la mobilità, la circolazione veicolare che ha superato tutti i livelli di guardia, anche “grazie” ad una programmazione dei lavori pubblici inesistente. Così come da tempo si conoscono le questioni legate alle uscite del sabato notte, al bullismo nelle scuole, la droga, alle situazioni piccoli o grandi che ne conseguono, l’abuso di alcol, la pochezza dei controlli considerato anche l’esiguità delle Forze dell’Ordine in campo.

Di queste cose si dovrebbe parlare ogni giorno, coinvolgere le agenzie educative del territorio, porre in essere una progettualità di breve, medio e lungo termine che vada ben oltre convegni e protocolli d’intesa. L’intera classe politica e dirigente, da questo punto di vista, dovrebbe fare un notevole passo in avanti uscendo dal fortino in cui si è rinchiusa (non vedo, non sento, non parlo) facendo in modo di ascoltare tutti i portatori di interessi e poi decidere ma, soprattutto, far rispettare le decisioni prese.

La cosa peggiore che in questi casi si può fare è, da un lato, negare l’evidenza dei problemi che affliggono la nostra società malata che ogni giorno peggiora sempre più nel suo stato di salute, dall’altro, essere omertosi consolandosi del fatto che questa volta non è toccato a noi, a un nostro figlio o ad un nostro caro.

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