LE OPINIONI

IL COMMENTO L’importanza dei commerci marittimi per gli isolani

Alcuni giorni fa mi telefona Enrico Galatola e mi dice che provvederà a mandarmi il nuovo libro che ha scritto, “Il sito del naviglio”, e che me lo lascerà presso il bar Roma di Procida donde mio genero Ignazio Righi me lo farà recapitare. Ormai questo bar è diventato il mio “punto di repere” per chi mi vuole cercare. Ho letto in pochissimo tempo il libro. E’ un volume di poco più di una settantina di pagine, in una elegante edizione di “Fioranna”. Ma non bisogna farsi ingannare dalle dimensioni: il volume sembra piccolo, ma è molto corposo nei contenuti e nelle idee. E’ una sorta di “antologia” sulla vita, sui paesi, sulla gente di mare. Questo la fa da padrone, ma non solo. Quasi sempre è protagonista. Ma è tutto l’indotto attorno a prendere spesso il sopravvento. Dopo una prima parte piuttosto leggera nei contenuti che racchiude una piacevole aneddotica, il libro si addentra in contenuti molto professionali, quale, ad esempio, l’arte della navigazione a vela, sui quali non ci si può distrarre ed, anzi, bisogna procedere con estrema attenzione e cautela. Così come il testo si interseca spesso con credenze religiose e detti provenienti da ambienti molto confessionali come questo;” Commecocozza canta Pasca nun è pe mmò!”. C’era l’usanza di mettere dei semi all’interno di una zucca vuota e di valutarne il suono scuotendola man mano che passava il tempo, nei pressi della Pasqua. All’epoca i calendari erano sconosciuti e questo era un sistema per valutare il procedere del tempo. Dalle pagine del libro emerge l’alta considerazione per la donna procidana, vera colonna portante di una società “matriarcale ” per forza di cose. Così come viene fuori l’alto grado di specializzazione della cantieristica navale procidana. Basti solo soffermarsi sulla parte dedicata ai “calafati” per rendersene conto. Questi erano artigiani di alta specializzazione a cui era affidata l’impermeabilizzazione dei ponti della nave.

Ho letto con particolare interesse questo capitolo perché mio nonno materno era calafato. Per un attimo mi sono calato in una realtà fatta di odore di catrame, di stoppa, di rumori di scalpelli per introdurla nelle fessure dei ponti. Mi son quasi divertito nell’apprendere che il calafato era oggetto di un trattamento privilegiato da parte degli armatori. Basti pensare che, a differenza che per gli altri operai, per loro c’era sempre “la botte di vino impostata”. Vale a dire che potevano bere sempre e senza chiedere il permesso. Storie di altri tempi, di altre abitudini di vita, ormai scomparse, ma che vengono fuori con tutto il loro fascino e la loro forza dalle pagine del libro di Galatola che, pur nella sua brevità, è una sinossi sulla vita del mare, delle popolazioni rivierasche con continui riferimenti al “Catechismo nautico” di Marcello Scotti. Un altroprocidano protagonista, ove ancora ve ne fosse bisogno, dell’importanza del mare per i Procidani. Il libro mette in evidenza l’importanza dei commerci marittimi per gli isolani e la loro capacità di sollevare le sorti economiche dell’isola. Nel libro si evidenzia come a Procida, uno dei primi paesi a metterlo in atto, si comprese la necessità di impiantare una scuola nautica. Non a caso proprio in questi giorni si sono celebrati i 190 anni del nostro Istituto nautico. Ciò che mi è piaciuto di più in questo libro è la visione globale che l’autore da della vita dell’isola. Non è limitato ad un solo settore (e questo poteva essere un errore possibilissimo!), ma spazia su tutti gli aspetti della vita e della società procidana, dandone una visione composita e completa senza (aspetto questo importantissimo!) alcuna saccenteria.

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