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Caro zio Giannno, che la terra ti sia lieve

Quello che per tutti è stato lo stimato Dottor Giovanni Barile, il cardiologo per antonomasia e storico medico presso le Antiche Terme Comunali di Ischia, per me è stato semplicemente zio Giannino, essendo il fratello maggiore di mia madre Maria.

Nato a Ischia l’8 dicembre del 1926, oggi 21 marzo 2018 è deceduto allo stesso modo di come ha vissuto: silente e sereno, circondato dall’affetto della moglie Maria Lembo, dei figli Carmine e Annamaria, del fratello Valentino, delle sorelle Franca e Rina, della nuora Lucietta De Francesco, dei generi Sergio Buono e Gianni Lubrano Lobianco, dei nipoti e dei pronipoti. Nel corso delle sue novantuno primavere non ha mai smesso di sorridere alla vita nonostante quest’ultima, e per ben due volte, l’avesse messo dinanzi al dolore più straziante e disumano che un genitore possa patire: la perdita di due amate figlie, Paoletta, deceduta alla tenera età di nove anni e Angela, l’indimenticabile, stimata e  apprezzata maestra della scuola elementare di Ischia Ponte “Onofrio Buonocore”, prematuramente scomparsa il 30 giugno del 2007, alla giovane età di 53 anni. Chi non lo ricorda in sella alla sua bicicletta con a tracolla la pesantissima borsa di pelle contenente l’elettrocardiografo, pedalare spedito verso il domicilio dei suoi pazienti. Quante corse contro il tempo, e quante vite salvate ad infartuati senza scampo. Una bicicletta, la sua, che al contrario di quelle moderne accessoriate di marce e motori, necessitava di un notevole sforzo fisico, soprattutto in salita.  Di mio zio Giannino, tra i tanti aneddoti ne ricordo con affetto uno in modo particolare. Da bambino vivace e un po’ ribelle quale sono stato, un giorno decisi di non voler andare a scuola. Avevo sette anni e frequentavo l’istituto “Marconi”. Ricordo, quasi come se fosse ieri, che mio zio trovatosi a casa nostra per visitare mia sorella influenzata, cercava di convincermi ad uscire, anche perché si avvicinava inesorabile l’ora in cui sarebbe suonata la campanella. Ma io ero irremovibile nella mia decisione. Quella mattina proprio non avevo voglia di star fermo tra i banchi di scuola. Dopo una lunga trattativa in cui dimostrò tutta la sua innata pazienza, riuscì a convincermi e mi accompagnò personalmente. Per strada fui colpito dal fatto che tutti, ma proprio tutti, si fermassero a salutarlo. E rimasi talmente impressionato da questo particolare che gli dissi: “Da grande mi piacerebbe fare il medico come te perché è bello essere benvoluto  da tutti”. Uomo di grande cultura, quando ci incontravamo, anche negli ultimi anni, come al solito esordiva nel suo discorso accennando a qualche frase in greco o in latino, la sua seconda grande passione dopo quella per la medicina. Che la terra ti sia lieve, caro Zio!

Tuo nipote Gennaro Savio

 

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