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Sequestro ingiusto, il tribunale “riabilita” Massimo Bottiglieri

La X Sezione Penale ha accolto le istanze degli avvocati Michele Calise e Alfredo Sorge, che sono riusciti a dimostrare l’illegittimità dell’apprensione delle predette somma da parte della GDF: la somma di 62.000 euro era stata conseguita onestamente dall’attività di vendita di gioielli e preziosi

La strada è ancora lunga, ma il primo segnale è decisamente indicativo e contribuisce a rendere merito ad una condotta su cui l’avvio di un procedimento giudiziario aveva fatto spuntare qualche ombra. Con il diretto interessato che, però, aveva sempre professato la sua assoluta estraneità a ogni addebito lamentando di avere sempre agito nella più assoluta correttezza. E adesso, dicevamo, un primo importante risultato è stato portato a casa. La X Sezione Penale del Tribunale di Napoli – in funzione di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei sequestri ha disposto l’annullamento del decreto di sequestro emesso l’11 settembre dal Gip del medesimo Tribunale a carico di Massimo Bottiglieri, nell’ambito di un procedimento per peculato che lo avrebbe visto protagonista della distrazione di somme pubbliche erogate dalla Regione Campania e dalla Provincia di Napoli in favore della Fondazione La Colombaia, di cui è stato amministratore.

Nell’esecuzione del decreto di sequestro la Guardia di Finanza sequestrò somme per un importo di Euro 62.855,46 depositate sui conti correnti della società Emmebi srl, gestita da Bottiglieri.

Dopo una lunga battaglia legale, iniziata a seguito della notifica del provvedimento cautelare, gli avvocati di Bottiglieri, i penalisti Michele Calise e Alfredo Sorge, sono riusciti a dimostrare l’illegittimità dell’apprensione delle predette somme da parte della Guardia di Finanza, che ha sequestrato i ricavi onestamente conseguiti dall’attività di rivendita di gioielli e preziosi della società che gestisce la storica gioielleria Bottiglieri sul corso di Forio.

La Procura della Repubblica di Napoli ha ottenuto il rinvio a giudizio, seppure non per tutti fatti che portarono al sequestro, di Massimo Bottiglieri e altri imprenditori che avrebbero concorso nelle ipotesi di peculato in danno della Fondazione. Il processo sarà celebrato dalla Terza Sezione Penale del Tribunale di Napoli.

Ma è chiaro che, adesso ancor più di prima, gli scenari potrebbero radicalmente mutare. La difesa punta a dimostrare la completa innocenza di Massimo Bottiglieri, provando, con una voluminosa documentazione e un lungo elenco di testimoni, che neanche un centesimo di denaro pubblico è stato distratto, ma che la Villa La Colombaia, al contrario, durante la gestione espletata dal noto imprenditore abbia brillato per iniziative e presenze, senza che quest’ultimo abbia incassato alcun compenso, anzi rifondendo soldi propri,  come riportato nei bilanci depositati, per la consuetudine di anticipare somme per le spese vive e la gestione corrente della fondazione (gli unici compensi ricevuti nei 5 anni trascorsi in fondazione  sono state le indennità per l’anno 2010 e 2011 per un ammontare complessivo di euro 2.666,00).

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L’ipotesi accusatoria e che all’epoca dei fatti contestati destò molto scalpore, infatti, fonda sulla circostanza che siano state liquidate fatture per operazioni inesistenti al fine di creare fondi neri da distrarre in danno delle casse pubbliche. Un teorema accusatorio che però cozza letteralmente con quanto sostenuto dalla difesa di Bottiglieri che sostiene al contrario che la Villa La Colombaia sia stata interessata, tra il 2010 e il 2011 da importanti interventi di manutenzione e adeguamento degli impianti e che le predette circostanze siano di evidenza pubblica, essendo provate dai documenti rilasciati dal Comune di Forio, ente proprietario della bellissima dimora appartenuta a Luchino Visconti. Va ricordato, infatti, che La Colombaia fu chiusa per inagibilità con ordinanza (la n. 17/07) del responsabile dell’ufficio tecnico comunale del Comune di Forio il 1 febbraio 2007. Bottiglieri assunse l’incarico nel direttivo della Fondazione La Colombaia nell’aprile del 2009 e un anno dopo, precisamente il 16 luglio 2010 (certificato di agibilità rilasciato dal Comune di Forio) la Villa fu riaperta al pubblico dopo i lavori, effettuati con notevole risparmio di tempo e di soldi e senza alcun esborso per il Comune di Forio. Infatti, la consulenza tecnica dell’architetto Carmine Di Scala – consulente della difesa – attesta che i lavori espletati presso La Colombaia sono di valore superiore (Euro 171.500,00) a quanto fatturato (Euro 68.900,00) dalle ditte esecutrici, stando ai valori di riferimento contenuti nel Prezzario dei Lavori Pubblici Campania 2010. Insomma, di fatto non solo non sarebbero stati distratti assolutamente fondi pubblici ma anzi sarebbe stata portata a compimento un’operazione assolutamente virtuosa visti i bassi costi sostenuti.

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Inoltre, non bisogna tralasciare di considerare che durante la gestione Bottiglieri la Fondazione si liberò dal pesante peso del costo del personale che, sebbene la villa dove si svolgevano le più importanti attività culturali fosse chiusa dal lontano 2006, è giunto a costare alla Fondazione 257.000,00 Euro (così come desumibile dal bilancio consuntivo 2006, alla voce “costi generali di funzionamento”), a fronte di un bilancio complessivo di Euro 499.000,00. Nell’ultimo bilancio il costo del personale costò alla fondazione 40.000 euro – cfr. bilancio esercizio 2014 spese di personale – a fronte di un bilancio complessivo di euro 83.000, riportando per il terzo anno consecutivo un utile d’esercizio, di circa 15.000 euro per il bilancio 2014. Numeri che dunque vanno decisamente in controtendenza rispetto a quelle che sono le accuse indirizzate al gioielliere foriano.

Il fatto

Sei persone erano state indagate con l’ipotesi di accusa di peculato, nell’ambito di indagini sulla villa “La Colombaia” di Forio, appartenuta a Luchino Visconti e attualmente di proprietà del Comune di Forio di Ischia. Tra le persone iscritte nel registro degli indagati figuravano anche Massimo Bottiglieri, noto gioielliere, che dal 2009 al 2014, ha ricoperto l’incarico di presidente del Consiglio direttivo della Fondazione che gestiva la villa. Le altre cinque persone, nel 2011, avevano avuto rapporti con la Fondazione: si trattava dell’imprenditore edile Alessandro Sbrogna; dell’elettricista Francesco Calise; dell’imbianchino Pasquale Caradente; l’imprenditore Ciro Savio e il proprietario dell’Hotel Zi Carmela di Forio, Pasquale Elia.
L’inchiesta era scattata dopo una denuncia anonima, risalente al 2012, inerente ai lavori in corso ne “La Colombaia”. Vennero apposti i sigilli al cantiere che poco dopo venne anche dissequestrato.

Dagli accertamenti emerse che sulle opere c’era il nullaosta della Soprintendenza considerato che la storica Villa è soggetta a vincoli.

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