Quale andatura mantenere correndo?
A volte, anche atleti abbastanza esperti, sbagliano la scelta delle velocità di allenamento rischiando così di fare un lavoro troppo spinto oppure troppo modesto per le proprie qualità
Più o meno verso i 40 anni molti avvertono chiaramente il percorso di declino che la loro vita sta imboccando se non si danno una mossa e non cercano un buon stile di vita, spesso rimuginando di non essere stato nel fulgore degli anni un buon runner. Chi fa è già un campione che ha vinto la vera sfida, quella con se stesso e sa che può portare a termine qualunque sfida. Scegli la calzatura adatta per la tua età, peso e velocità, impara ad allenarti. Fregatene se veloci si nasce, resistenti si può diventarlo. Il punto di partenza sta nel diverso corredo genetico di fibre muscolari lente e veloci che riceviamo al momento della nascita, ma l’allenamento ribalta la cosa. Vediamo di approfondire un po’ l’argomento.
Fibre lente. Le fibre lente che chiameremo di tipo I, hanno le seguenti caratteristiche: sono sottili, hanno un colorito rosso, molti capillari e mitocondri di grossa dimensione, abbondanti scorte di mioglobina, una bassa velocità di contrazione, dai 99 ai 140 millisecondi per raggiungere il picco della contrazione, una buona-ottima resistenza alla fatica e naturalmente, come prevalente attività metabolica, quella aerobica, cioè con presenza di ossigeno.
Fibre Veloci. Le fibre veloci hanno un diametro maggiore, un colorito pallido, pochi e piccoli mitocondri e capillari, un’elevata capacità di contrazione raggiungendone il picco fra 40 ed 88 millisecondi, scarsa quantità di mioglobina, scarsa resistenza alla fatica, mentre l’attività metabolica primaria è quella anaerobica, cioè avviene ugualmente anche in assenza di ossigeno.
Fibre Trasformiste. Ora, se qualcuna di questi due diversi tipi di fibre, non fosse modificabile con l’allenamento il sopracitato detto: veloci si nasce, resistenti si diventa, non avrebbe alcun senso. In realtà se le fibre lente non possono mai trasformarsi in fibre veloci, è appurato, a parte le fibre di tipo II b chiamate anche veloci-glicolitiche, che le fibre veloci di tipo II a, chiamate anche veloci-ossidative a contrazione rapida, possono invece trasformarsi in resistenti con la capacità di utilizzare buone quantità di ossigeno grazie ad allenamenti specifici basati sulla potenza aerobica.
Arresto dei progressi e calo della prestazione
Qualunque runner, dopo essersi dedicato per qualche anno alla corsa con buoni risultati, sperimenterà prima o poi, l’arresto dei miglioramenti o il calo della prestazione. L’allenamento, non solo non può far migliorare all’infinito, ma può addirittura far peggiorare la nostra prestazione. Per conseguire ulteriori miglioramenti prestativi ci si dovrebbe domandare quale ritmo di corsa mantenere nel lento, medio e veloce a km? E’ una domanda del tutto plausibile, perché facendo sempre le stesse cose, i progressi iniziano a ristagnare e dopo qualche tempo addirittura si assisterà a dei cali prestativi e prima di iniziare a elevare i km percorsi e relativa intensità imboccando la via del superallenamento, è meglio invece imparare quanto più è possibile o rivolgersi ad un tecnico del settore. Proprio come una macchina, il nostro organismo dispone di cinque marce che possono portarci a correre a velocità progressive sempre più elevate, naturalmente con capacità di durata inversamente proporzionali all’aumento del ritmo di corsa. Per il fondo e il mezzofondo, il punto di partenza fondamentale rimane lavelocità del nostro fondo lento, cioè di quell’andatura che, con un minimo di allenamento, si riesce a mantenere da 30 minuti a 2 ore senza problemi di sorta. Una volta identificata questa velocità, si può poi decodificare tutte le altre velocità di allenamento, da quella del fondo medio e del fondo veloce, a quelle delle prove ripetute sul km e sui 500-100 metri. Solitamente si commette l’errore di insistere con lo stesso tipo di allenamento. Diciamo che al principiante all’inizio tutto va bene e i miglioramenti si vedono quasi a ogni allenamento, al contrario di un atleta con tempi di tutto rispetto, che mantenendo lo stesso programma non farà altro che andare incontro prima allo stallo e poi ai peggioramenti.
Principio della supercompensazione
Alla base dei miglioramenti indotti dall’allenamento, c’è il principio della supercompensazione, cioè la reazione che produce il fisico una volta stressato ai suoi massimi livelli. Pertanto, ogni miglioramento a livello prestativo è frutto di uno stress organico. Questo concetto non è affatto chiaro a chi, allenandosi in modo intenso, pretenderebbe di migliorare sempre, di gareggiare quasi ogni domenica e effettuare duri allenamenti durante la settimana. Il concetto corretto è invece che dopo ogni periodo di miglioramento (carico) deve essere presente un periodo di mantenimento (scarico), il cui scopo ottimale è di rigenerare l’organismo senza che le prestazioni risultino eccessivamente penalizzate. In presenza di un notevole calo della prestazione si deve necessariamente inserire un periodo di rigenerazione (un concetto cardine della teoria dell’allenamento) che può durare anche uno o due mesi. Nella prima fase del periodo di rigenerazione l’atleta può dedicarsi ad altri sport, alla palestra o seguire un programma molto blando e facile. Nella seconda fase deve iniziare di nuovo la preparazione esattamente come dopo un infortunio che lo abbia tenuto fermo diverse settimane, con molta gradualità. Questo quadro fa capire l’importanza della prevenzione del calo di prestazione. Un’alimentazione troppo variata in calorie abitua il corpo a risparmiare (ecco la stanchezza) quando non ha sufficienti calorie: è il caso classico di chi sta a dieta tutta la settimana e poi si concede dei week-end ipercalorici. Ricordiamo che a parità di tempo dedicato, praticare più sport, come il triathlon o attività comunque impegnative è più dispendioso che praticare un solo sport. Cominciate a porvi la domanda: ma che età fisica dimostro?E scendete in pista per verificarlo.
La scelta della velocità d’allenamento
Varcata la soglia dei 40 anni, molti avvertono chiaramente il percorso di declino che la loro vita sta imboccando se non si danno una mossa e non cercano un buon stile di vita, spesso rimuginando di non essere stato nel fulgore degli anni un buon runner.. A volte, anche atleti abbastanza esperti, sbagliano la scelta delle velocità di allenamento rischiando così di fare un lavoro troppo spinto oppure troppo modesto per le proprie qualità. La determinazione dei vari ritmi aiuta anche a individuare il proprio ritmo gara. Per gli atleti di èlite è quasi sempre una velocità che si posiziona a metà fra la velocità del fondo medio e del fondo veloce, per una ampia seconda fascia coincide a grandi linee invece con la velocità del fondo medio, per quelli che invece corrono sopra i 6 minuti al km, più o meno coincide proprio con il ritmo del fondo lento. In base ai vostri tempi a km, confrontatevi dunque col nostro schema generale e se qualcosa non dovesse quadrare allora, vuol dire che forse dovrete inserire nel vostro programma qualche allenamento specifico, soprattutto sul ritmo di lavoro su cui andate in difficoltà.
Esempio Tabella Andature
Fondo Lento Fondo Medio Fondo Veloce Rip. 1.000m Rip. 500m Maratona
6’00 (10 km/h) 5’45”/5’40” 5’30”/5’25” 5’15” 2’30” 3h59’
5’30” (11 km/h) 5’15″/5’10” 4’50”/4’55” 4’40” 2’15” 3h32’
5’00 (12 km h) 4’45”/4’35” 4’20”/4’25” 4’10” 2’00” 3h10’
4’40” (13 km/h) 4’20”/4’15” 4’15/4’00” 3’50” 1’45” 2h59’
4’20” (14km/h) 4’00”/3’55” 3’45”/3’40” 3’30” 1’40” 2h48’
4.00 (15km/h) 3’40”/3’35” 3’25”/3’20” 3’10” 1’30” 2h38’
3’45” (16 km/h) 3’25″/3’20” 3’10″/3’15” 2’55” 1’25” 2h20’
- Tecnico F.I.D.A.L. – Preparatore Atletico