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Quando il ponte aveva cinque archi

Di Michele Lubrano

 

Fa male al cuore vedere il secolare Ponte Aragonese ridotto a pezzo d’architettura marittima  fatiscente e pericoloso per la pubblica incolumità. A questo punto, il diavolo va preso per le corna per capire in che modo si può intervenire su di uno scempio lasciato tale da molto tempo fino all’estrema conseguenza. Due anni fa, tanto per non andare troppo all’indietro nel tempo, e lo scorso anno, il Ponte che congiunge l’antico Borgo di Celsa al monumentale Castello di Gerone, era nelle identiche condizioni di abbandono di oggi, con  buona parte del suo frontespizio che guarda a Cartaromana, privo dei suoi storici  basoli di facciata del classico piperno, con la seconda scaletta che porta giù agli scogli, sullo stesso lato, crollata e chiusa, alla peggio maniera, all’uso pubblico, con i parapetti in tutta la loro lunghezza ricoperti dalla filiera di basoli gonfiati e disincastrati per la mutazione delle condizioni metereologiche delle stagioni, ed in fine con l’impianto  di illuminazione decapitato nella massima parte dei suoi elementi. Insomma, un autentico disastro di manutenzione e conservazione di un patrimonio pubblico che la storia cataloga fra le strutture più importanti che l’isola d’Ischia nei secoli vanta. Oggi 7 gennaio, è inverno ed iniziamo a scivolare verso il dolce clima che porta alla primavera. Ciò significa che buttate alle spalle tutte le feste natalizia che ci hanno visto apprezzati protagonisti per le belle luminarie ed iniziative dimostrate, ci dirigiamo in discesa verso la prossima nuova stagione turistica 2016 di fronte alla quale, non ci si può far trovare impreparati con programmazioni di rilancio  ancora in fase di studio. Agire subito è quello che ci vuole. Il Ponte Aragonese, per l’Amministrazione Comunale in carica, diventa per le ragioni di cui sopra, la massima priorità da seguire. L’asciare quella storica struttura anche per la prossima stagione turistica nelle medesime condizioni di abbandono, così come è stato fin’ora, è da incoscienti. Chi ha la responsabilità tecnica ed amministrativa  dello stato dei luoghi in questione si faccia avanti. Il Genio Civile alle Opere Marittime e l’Amministrazione Comunale di Ischia abbiano la forza, il coraggio e la volontà politica  di esercitare il proprio ruolo di esecutori dei servizi cui sono preposti, per non venir meno ai compiti con cui rispondere alla cittadinanza. Il Ponte Aragonese, per la sua storia e la sua funzione pubblica, vive il periodo più buio della sua lunghissima esistenza. Costruito oltre sei secoli fa nel 1441  con cinque archi o “correnti”, poi ridotti a tre ed in fine ad uno, ha subito negli anni il flagello del mare in tempesta e la furia dei venti riportando danni consistenti. Notevoli furono quelli del novembre del 1966,  ancora quelli 1978 ed altri negli anni successivi, sia pure di minore entità. Mesi dopo, Comune e Genio Civile alle Opere Marittime, corsero ai ripari, ricostruendo le parti distrutte. Quindi, il problema fu risolto in tempi quasi ragionevoli. Da qualche anno a  questa parte, si va avanti con tutt’altra politica, caratterizzata dalla staticità delle idee e dal fermo delle operazioni che in termini di critica severa si chiama immobilismo. Indubbiamente le maggiori responsabilità sono del Genio Civile alle Opere Marittime, mentre il Comune dal canto suo può giustificarsi dimostrando di aver fatto le segnalazioni del caso all’Ente preposto. Ma non basta per Giosi Ferrandino e la  sua rinnovata Giunta tirarsi fuori da responsabilità precise, affermando che il Comune, nello specifico caso, non è l’Ente competente. In questa sconcertante situazione, seguire la comoda strada dello scaricabarile per sottrarsi ai propri doveri, è l’atteggiamento meno consigliabile. Prima che la nuova stagione turistica ci salti addosso, diventa urgentissimo affrontare il gravissimo problema del Ponte Aragonese che non può essere presentato anche  per l’ estate 2016 con lampioni senza testa (alcuni sono stati riparati), scalette impraticabili, parapetti dissestati e basoli di facciata in continuo scollamento e finiti in mare. Registriamo il grido di allarme degli ischitani e forestiri che non è il primo, e che si spera sia l’ultimo. In caso contrario, ci troveremmo ancora una volta di fronte a fughe di responsabilità e a gravi atteggiamenti omissivi. Se il ponte Aragonese crolla ancora, sarà  il crollo della storia.

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