Quando la Terra tremò anche a Ischia
Le avventure di un quasi misconosciuto sismologo: Giulio Grablovitz

di Roberto Volterri e Gaetano Bosso
La sismologia fu duramente colpita con la morte di uno dei più anziani e benemeriti Direttori d’Osservatori Geodinamici: il Professor Giulio Grablovitz. Nato a Trieste nel 1846 assunse, appena trentenne, la cittadinanza italiana quando la sua città natale non apparteneva ancora al territorio della Penisola ma all’impero Asburgico. Un’immane catastrofe avvenuta nell’ Isola di Ischia (28 luglio 1883) dette origine ad una sua singolare carriera come sismologo. Studioso di geofisica attirò l’attenzione della Commissione Reale Geodinamica nominata in seguito all’immane disastro che aveva colpito la zona di Casamicciola.
Nel 1885, quando il Parlamento decise che sorgesse nell’Isola d’Ischia, proprio a Casamicciola, il primo Osservatorio Geodinamico, considerato che il Grablovitz aveva qualità di serio ricercatore e di organizzatore, fu ritenuto più che degno di fondarlo e dirigerlo.
La costruzione dell’Osservatorio di Casamicciola – come sempre avviene – andò per le lunghe a causa di un’infinità di difficoltà di natura edilizia. Nell’attesa, Giulio Grablovitz dovette impiantare il servizio sismico in una stazione provvisoria a Porto d’Ischia. Il caso volle che proprio tale area gli offrisse un ampio campo d’indagini, la sede prediletta dei suoi lunghi studi, più che a Casamicciola. E anche quando il vero Osservatorio iniziò a funzionare, egli abitò sempre presso la stazione di Porto d’Ischia.
L’attività del Grablovitz primeggiò in vari rami della geofisica, ma più particolarmente nella Sismologia. A quei tempi gli strumenti sismici erano pochi, molto semplici ed empirici in grado di fornire solo grafici confusi, quasi indecifrabili, che scientificamente valevano ben poco.
Fu Grablovitz a indicare la corretta via per ottenere dei sismogrammi che avessero senso dal punto di vista scientifico, fu lui a sostenere il principio del “punto fermo e delle tre componenti”: due orizzontali, la terza verticale. Fu Grablovitz a dividere gli apparecchi da utilizzare sia per onde rapide sia per onde più lente. Alle prime destinava i già esistenti pendoli verticali corti (modelli Cecchi e Brassart), mentre alla registrazione delle onde lente destinava i livelli geodinamici ed un apparato da lui stesso progettato e costruito, la “VascaSismica”.Più tardi modificando i pendoli orizzontali di Ernst von Rebeur-Paschwitz, risolveva il problema di catturare con un solo apparecchio le onde sismiche di svariate lunghezze. Tutti convengono che i pendoli orizzontali del professor Grablovitz costituiscono il punto di partenza dei più sensibili sismografi moderni. Certo, ai nostri giorni, gli enormi progressi fatti dalla sismometria hanno reso inutili gli strumenti creati con minimi mezzi, compresi quelli di Grablovitz; ma non dimentichiamo che essi segnarono l’inizio di una nuova era e dimostrarono anche in questo particolare campo della geofisica il primato della ricerca italiana. Grablovitz sostenne a lungo l’idea che senza strumenti precisi e senza valutazioni di carattere temporale, i diagrammi più perfetti perdono nove decimi della loro utilità. Inoltre si prodigò a lungo nel correlare la velocità di propagazione delle onde simiche con il preciso istante in cui esse avevano iniziato a manifestarsi in modo da localizzare l’epicentro del sisma. Dotato di notevole manualità e abilità nel costruire strumenti, unitamente alle sue profonde conoscenze di fisica e di matematica, si mise subito in grado di gareggiare con la strumentazione di ben più grandi osservatori stranieri.
Confessiamo che non è facilmente recuperabile la documentazione lasciataci da Grablovitz, però un notevole aiuto può derivare dalla lettura di un libro “a fumetti”, facilmente reperibile sul web, la cui copertina qui riportiamo.
Grablovitz auspicava anche la creazione di un Istituto sismografico che avesse sede presso un Regio Ufficio Centrale di Roma, ciò al fine di sperimentare e confrontare razionalmente tutti i tipi di strumenti sismici che fino ad allora avevano fornito risultati positivi. Auspicava – troppo ottimisticamente – la creazione di una rete sismica composta da una cinquantina di stazioni equamente distribuite a distanze di 100 – 150 km. Forse tale sua speranza può apparire esagerata dal punto di vista numerico. Grablovitz però mirava a prendere in considerazione sia i terremoti che coinvolgevano il territorio italiano sia quelli riguardanti are simiche molto lontane. Quasi avvicinandosi agli studi di Raffaele Bendandi, “eretico” simologo autodidatta del quale abbiamo fatto cenno nella prima parte di questo articolo, Grablovitz analizzò con la competenza che gli era propria la frequenza dei terremoti in relazione alla posizione dell’astro che da sempre ci accompagna nel nostro eterno girovagare nell’Universo: la Luna. Costruì orologi solari in grado di fornirgli più che precise informazioni sull’ora corrente. Realizzò anche accurate carte geofisiche dell’Isola di Ischia e studiò a fondo la deformazione della crosta terrestre a causa dell’attrazione del Sole e della Luna, correlando i dati con in bradisismi caratteristici del territorio in cui operava.
Per decenni controllò l’andamento delle maree riguardanti l’Isola di Ischia usando un Mareografo tipo Thomson.
L’analisi dei dati registrati misero in evidenza un progressivo abbassamento del lato orientale dell’isola e una possibile correlazione con fenomeni sismici locali e col tipico bradisismo di Pozzuoli.
Un suo inappagato desiderio fu quello di creare un centro di osservazioni sismologiche presso il Lago Trasimeno – quindi quasi al centro della nostra Penisola – per aver conferma di una sua teoria in base alla quale i fenomeni legati alle maree dipendono molto dalle oscillazioni del suolo che avvengono nei punti più flessibili della crosta terrestre, soprattutto in relazione ai moti del Sole e della Luna.
Misurò anche la temperatura delle acque termali dell’isola di Ischia e, con precisi calcoli matematici, trovò una specifica correlazione tra la temperatura e il livello del mare.
Oppresso dalle solite “geniali” soluzioni organizzative che sono frequentissime in ambito scientifico, per poco non fu trasferito nella sua Trieste!
Ma Grablovitz ormai amava Ischia, Casamicciola, i suoi incomparabili studi e strumenti che ancor oggi sono in parte conservati.
La componente anagrafica della nostra esistenza pose fine alle sue ricerche e solo grazie all’interessamento del professor Palazzo al “nostro” Grablovitz fu conservato l’uso temporaneo del suo alloggio nei locali demaniali dell’Osservatorio di Casamicciola contemporaneamente al conferimento (bontà loro!) del titolo di Direttore onorario.
Pressochè… nulla! A ottantadue anni, con non tracurabili problemi di salute, accompagnato da quasi tutta Casamicciola, si trasferì in un lontano “Altrove” il 19 Settembre del 1928.
DA ILPUNTODELMISTERO.IT