Quando sulle strade isolane transitavano le storiche carrette tirate dai muli e guidate da incalliti carrettieri
Il carretto per il trasporto del vino o di merce più pesante si distingueva per le ruote molto grandi di diametro, perché facilitavano i lunghi percorsi ed in modo particolare i saliscendi che caratterizzano le strade dell’isola. Le parti fondamentali del carretto erano: la base o piano su cui poggia il carico; il centro delle ruote era detto “miullo”, costruito in legno di olmo; i raggi (12) fatti di legno di quercia (cierkule)
Una foto, una storia che evidenziano una testimonianza sincera e realistica che ci fornisce questa volta l’imput che aspettavamo, per trattare un argomento quello delle botti , dei carretti e dei muli che sin dall’infanzia ci avevano sempre attirato, ma che rimandavamo il raccinto, la descrizione, nel loro rappresentare con l’uomo di fatica alla guida e il ragazzo di aiuto, il semplice ed umile scenario dell’isola contadina di quel tempo, perché, come detto sopra, si era in attesa del momento propizio, di qualcuno/a che ci desse la spinta, il vai.
Così abbiamo avuto il piacere di incrociare su Facebook Brigida Mattera originaria di Succhivo figlia devota e riconoscente del proprio padre Giovanni, ragazzo nel documento fotografico e figlio a sua volta del genitore titolare dello storico carretto di famiglia carico di barili di vino in viaggio di primo mattina con destinazione i luoghi dove era atteso per la vendita. Brigida Mattera stimola la nostra attenzione con questo suo seguente post con fotografia su Facebook. Ecco il testo integrale, pari pari come lo ha pubblicato: “ Anni 50′ – Succhivo d’Ischia – Mio padre nella foto aveva 7 anni e con i suoi fratellini veniva svegliato alle 5 ogni mattina, doveva aiutare i genitori, in campagna o a caricare i barili di vino che il nonno poi portava a vendere. Non faceva colazione ricche come quelle di oggi, giusto un pò d’erba e l’orzo, e che mal di pancia! Poi o con il bel tempo o con il brutto tempo doveva a piedi e da solo raggiungere la scuola a S. Angelo.
Papà mi raccontava che tra la seconda e la terza ora era talmente stanco che si addormentava, con tutti i crampi della fame. Mio padre non ha fatto le Superiori né l’Università, perché sin da bambino ha sempre lavorato diventando un grande imprenditore nel turismo, autodidatta ha imparato il tedesco, era un esperto in tutto, un grande osservatore, perché aveva fatto delle esperienze risultate poi utili”. di carretti, ma venivano meglio chiamate carrette, al femminile, simili a quella del nonno e del padre di Brigida Mattera negli anni ’40, ’50 e ’60 l’isola di Ischia ne era piena. Le sue strade, nulla a che vedere con quelle di oggi, col nome di mulattiere, da Fontana via Barasno fino a Ischia e Casamicciola , da Sant’Angelo e Succhivo fino a Forio e Lacco Ameno erano percorse,
dalle prime ore del mattino, da questi tradizionali mezzi di trsporto ttirati da muli sopratutto e in qualche occasione da cavalli. ed all’uso, erano di tre dimensioni: carretto piccolo attaccato ad un solo mulo, carretto medio tirato da due muli e carretto grande trainato da tre muli e nel caso del carico più pesante del solito, si ricorreva anche al quarto mulo. In casi particolari venivaao impiegati anche uno o più cavalli. essi si costruivano anche sull’isola, come ci illumina Giuseppe Silvestri, dove c’erano i “mannesi”, come erano detti i maestri esperti in quest’arte. Se ne ricordano alcuni: mastro Enrico, mastro Filuccio e mastro Eduardo e il Ferracavallo De Girolamo in piazza degli Eroi e Mario ‘ Zeze in via Vittoria Colonna al fianco della ex farmacia Buono a Ischiua, detti il maniscalchi,
Tra i diversi tipi di carretto che trasportavano anche altri carichi di diverso genere, quello più grande era utilizzato per il trasporto del vino in barili di 44 litri o in piccole botti di 200 o 400 litri. Alla base di circa 4 metri venivano collegate le “stanghe”, alle quali era attaccato il mulo o il cavallo. Il carretto per il trasporto del vino o di merce più pesante si distingueva per le ruote molto grandi di diametro, perché facilitavano i lunghi percorsi ed in modo particolare i saliscendi che caratterizzano le strade dell’isola. Le parti fondamentali del carretto erano: la base o piano su cui poggia il carico; il centro delle ruote era detto “miullo”, costruito in legno di olmo; i raggi (12) fatti di legno di quercia (cierkule); “caviglie” erano dette le parti in legno sotto il cerchio di ferro (‘u chirchione) che avvolgeva la ruota e che si ricavava da una staffa di ferro di 4 cm di larghezza e di cm 2 di spessore; per piegarla era molto faticoso: si batteva con la “mazza di ferro” su una pietra a forma di gomito e piano piano si riusciva a darle la forma circolare;la “martellina”,
freno applicato alle ruote; la “stecca” un pezzo a cui venivano legati i tiranti; ad una “pulergia”era legata la corda che azionava il freno. Sul carretto si sistemavano fino a 24 barili di 44 litri ciascuno. Tra una fila e l’altra venivano poste, per tenerli fermi, le “stole ‘e rieste”. Queste venivano recuperate sulla banchina di Casamicciola, dove giungeva la barca che portava il ghiaccio da Sorrento o da Napoli avvolto appunto in questa sorta di tappeti di canapa. I barili erano tenuti fermi sul carretto da due corde parallele che partivano dalle stanghe ed erano tenute in trazione da un argano detto “mulinielle”. La “traversa”: ad essa era attaccato il “valanzine”, cioè “cavallo a lato”, mentre generalmente alle stanghe era posto il mulo. “U valanzin ‘nfaccia ‘a scesa nun fatica” (il cavallo a lato in discesa non lavora, perché la “traversa” non era fissata in modo rigido al carretto. “U petturale”: le cinture di cuoio che passavano sul petto del mulo.
“U guardemiente”; apparato sulla groppa del mulo per il collegamento alla carretta. “A varde” posta sulla groppa, fatta di legno di pioppo; su di essa si sistemava il carico.“A varricchiella”: barilotto o quartaruolo di quattro litri che veniva riempito e dato in omaggio al carrettiere. Ai carretti ed ai muli sono legati i lori conduttori, ossia i carrettieri. Ai tempI del trasporto forte pesante, i carrettieri sull’isola rappresentavano una istituzione perche’ assicuravano lo spostamento delle merci, dei barili di vini e quant’altro, da un comune all’altro, da una frazione all’altra. Ad Ischia i carrettieri più noti attrezzati di carrette capaci e muli resistenti ed in salute e corde per frenare il carico, erano quelli che facevano capo alla famiglia di ‘O Sergente di Francesco Mattera specializzati per il trasporto di barili e botti di vino, padre e figli della famiglia Zabatta di Casalauro meglio nota col nome di Zavatt, quelli dei Murzariello al Ciglio ed altri a Succhivo, a Barano, a Lacco Ameno sulla Borbonica , a Serraera . Erano comunque in tanti i carrettieri sulle strade del’isola di Ischia specie quando era il tempo del vino novello.
Foto Giovan Giuseppe Lubrano
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