LE OPINIONI

IL PUNTO In morte di Benedetto XVI

DI CESARE BARONIO

“Pregate per me, perché non indietreggi davanti ai lupi”. Con queste parole, pronunciate nel Suo discorso di inizio pontificato, Benedetto XVI sembra quasi profetizzare quella che poi sarà la Sua rinuncia al ministero Petrino. Osteggiato in primis dalla stampa tedesca e da molti teologi sinistri di orientamento protestante, seppure di professione di fede cattolica; poi all’interno della Curia Romana, come da forze politiche internazionali, Benedetto è stato braccato dai lupi e spinto così a rinunciare al ministero, riservandosi un posto nel recinto di Pietro come voce orante. Una preghiera per la Chiesa nella tempesta. La barca di Pietro, sballottata dai marosi degli scandali e da lotte intestine per il potere da parte di molti uomini della gerarchia ecclesiastica, aveva bisogno di chi salisse sulla croce e come Cristo gridasse al Padre “perdona loro perché non sanno quello che fanno”. È il compito del Kateckon, di colui che trattiene, che impedisce al male di avanzare. Ora che il Kateckon non c’è più, che la voce orante ha concluso la sua missione terrena, chi ci difenderà dal male? Sono rimasti i lupi travestiti da agnelli, quelli che si accordano con il mondo per essere lodati e osannati, quelli che non salirebbero mai sulla croce per difendere il gregge e che dicono, ma non fanno o che se fanno è solo per distruggere ciò che resta della Chiesa sconquassata da un concilio deviato e portato non al porto sicuro ma in acque agitate. Quelli che usano il misericordismo, cioè una misericordia che non converte l’uomo, ma lo lascia nel proprio peccato e che predica una salvezza a prescindere, una misericordia che non si compiace della verità. Lo stravolgimento dei punti saldi della Chiesa cattolica, dei principi non negoziabili, come li ebbe a chiamare Giovanni Paolo II, stanno producendo quella nebbia che porta nella paura e nel disorientamento l’uomo e la fuga dalla Chiesa stessa.
La narrazione di una Chiesa purificata con Francesco non regge. Gli scandali continuano e a raffica, sia riguardo gli abusi, che quelli che toccano l’aspetto economico. E sempre più emerge dalla narrazione dei mezzi di comunicazione il coinvolgimento in forma più o meno diretta della massima autorità della Chiesa, oggi ufficialmente rappresenta da Francesco. Le coperture di alcuni episodi di abusi, come i casi del vescovo Pineda in Honduras, Zanchetta in Argentina, quelli di vescovi Francesi o di preti rei confessi e condannati, ma tuttavia ancora nel ministero, quindi parliamo di casi accertati dalla magistratura degli stati, qualificano chi ha potere e decide in Vaticano, cioè il Papa, come dittatore.
È proprio costume dei dittatori assolvere o condannare a seconda del proprio umore e non secondo giustizia, tanto l’ultima parola spetta a lui. Come nel caso del Cardinale Becciu, già condannato da Papa Francesco prima di un processo, avendolo costretto alle dimissioni e avendogli tolto i diritti Cardinalizi. Ultimo, di queste settimane, il caso del gesuita Marco Rupnik accusato di abusi da alcune suore, ma anche di aver abusato del sacramento della confessione assolvendo il complice in materia di sesto comandamento e quindi incorso in scomunica latae sententiae, cioè ipso fatto scomunicato. Tutto questo marciume aveva denunciato Papa Benedetto volendo cercare di curare le piaghe della gerarchia ecclesiastica riportandola alla coscienza di possedere un sacramento che deve farsi dono, oblazione, santificazione e quindi purificarsi dalle incrostazioni della sua secolarizzazione.
Inoltre è di questa mattina un articolo di Antonio Socci sul quotidiano Libero che evidenzia il ruolo del Cardinale Martini (e quindi della famosa mafia di San Gallo) nello spingere Benedetto XVI alla rinuncia e come il ruolo della Curia Vaticana abbia fatto il resto. Cosa aggiungere? I lupi ci sono e si travestono da agnelli, cioè da pastori per usare e abusare del gregge sottraendolo a Cristo, ma il Signore ha progetti di salvezza per i suoi eletti e non permetterà a quei lupi di fare a brandelli la Sua Chiesa. Le testimonianze, in questi giorni, circa la grandezza di Benedetto XVI sono tante e a cantare l’inno di lodi si sono aggiunti anche coloro che lo hanno osteggiato fino a ieri, ma attenzione, il pastore aggredito è tornato al Padre che è nei cieli, i lupi invece sono ancora tra noi.

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