CULTURA & SOCIETA'

Quell’antica casa rurale sulla rotonda in mezzo al porto, perchè fu chiamata il Tondo di Marco Aurelio?

La memorabile rovinosa e comica caduta in mare di Re Ferdinando II DI Borbone commentata in un articolo apparso su La Stampa di Torino. “…Fatto fu che il Re poggiò il piede in fallo e che l’aria a mezzo tra il vascello e la barca non lo resse, come avrebbe dovuto con un re. E Ferdinando II rovinò in acqua, con la divisa, le decorazioni, la pancia settimina…”

Quella Rotonda nel mezzo del Porto d’Ischia, dagli storici è chiamata Tondo di Marco Aurelio. Duemila anni fa circa (altri dicono 1900), su di esso c’era una casa, di quelle rurali come altre, costruite qua e là intorno all’antico lago che Re Ferdinando II di Borbone nel 1864 trasformo in Porto, per le fortune turistiche dell’Isola. La presenza di case rurali in zona è documentata da vecchi ritrovamenti di cocci di quell’epoca. Perché poi il tondo di Marco Aurelio? Ce lo svela l’archeologo Buchner che scrive: “ …Grazie a un fatto curioso sappiamo anche che verso il 140 d. C. sul piccolo isolotto di lava, oggi un tondo circondato di muratura, c’era una casa! Esiste una lettera del principe Marco Aurelio che scrisse al suo maestro Fronto per chiedere un consiglio. Era occupato in esercitazioni retoriche, e poiché aveva sentito che nell’isola Aenaria esisteva un lago ed in questo lago un isolotto anche abitato, voleva sapere come si sarebbe potuto utilizzare questo curioso fenomeno, e Fronto rispose che si potrebbe dire che l’isola grande ripara l’isolotto dalle tempeste del mare così come il padre tiene lontano dal figlio le preoccupazioni del governo”. Ai motivi che indussero Re Ferdinando II di Borbone a trasformare l’antico lago col tondo in Porto, se ne aggiunge un altro mai raccontato. Lo pubblica La Stampa di Torino, svelando in pratica, che se L’isola d’ Ischia ha oggi il suo porto conosciuto in tutto il mondo, lo deve ad una stizzosa reazione che ebbe per una sua “rovinosa caduta” in mare ad Ischia Ponte davanti al Castello. A scrivere è Mimmo Cangemi che tra l’atro dice: “…Fatto fu che il Re poggiò il piede in fallo e che l’aria a mezzo tra il vascello e la barca non lo resse, come avrebbe dovuto con un re. E Ferdinando II rovinò in acqua, con la divisa, le decorazioni, la pancia settimina. Porse occhi spaventati, affondati nelle guance grasse e molli da putto, l’attimo prima di scomparire sotto. La stazza poderosa sollevò un ribollio di schiuma e spruzzi che s’inerpicarono fino al ponte della nave. E allargò cerchi concentrici che si placarono a ridosso del camminamento tra il borgo e il castello. Al posto dell’augusta figura, venne su un turbinio di bollicine. Si tuffarono per ripescarlo. Il re riapparve all’aria fiammeggiante di quegli sguardi sanguigni già visti al tempo in cui divenne ”re bomba”, dopo aver fatto bombardare la rivoltosa Messina fin quasi alla distruzione, in un’ingiuria che s’addiceva pure alla stazza. Lo trassero su. Boccheggiava in cerca di fiati. Il seguito non fu mai dimenticato da quanti lo subirono. Se ne parla tuttora sull’isola. E c’è chi giura che, in certe notti senza luna e stelle, e con il vento, dentro le folate si avverte il sibilo delle scudisciate. Il porto d’Ischia nacque per quella rovinosa caduta. Sbollita la rabbia, re Ferdinando decise infatti di realizzare un approdo sicuro”.

michelelubrano@yahoo.it

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