LE OPINIONI

Raccontati, scriviti, parlati

Ormai lo sapete, inizio quasi sempre gli articoli con una citazione. “La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia” (Carl Gustav Jung). È difficilissimo guardarsi dentro, a volte ci spaventa fare i “conti” con quello che pensiamo di essere, si pensiamo, perché spesso il giudizio che abbiamo di noi stessi è sempre più negativo e catastrofico di quello che siamo realmente. Questo perché accade? Perché come ho scritto più volte fin da piccoli subiamo dei condizionamenti, dalla famiglia, dalla società, dalla chiesa, dalla morale dai media che ci spingono a autocriticarci quando non rientriamo nei canoni che ci vengono preimpostati.

Spesso, e questo capita a tutti anche a me pensiamo cose del tipo: “faccio schifo”; “sono un fallimento”; “sono una brutta persona”; “sono cattivo”; “non vado bene”; “nessuno mi accetterà mai”; “nessuno mi amerà mai”. Ma tu…tu ami te stesso? Ti sei mai chiesto quando hai iniziato a pensare queste cose su di te? Ti sei mai guardato realmente, come un vero detective per scoprire e capire se le cose che pensi e ti dici corrispondono alla realtà? Raccogli prove (puoi chiedere anche ad amici e parenti, cosa pensano di te) e prova a mettere in discussione ciò che pensi. E se tutto dovesse confermare la tua ipotesi, e questo ti crea sofferenza, impegnati affinché tu possa rendere la vita, la tua vita degna di essere vissuta.  Ma come fare a conoscersi. A guardarsi dentro? Scriviti, scrivi a te stesso, raccontati, prima a te stesso e poi agli altri

Spesso mettere per iscritto le situazioni emotivamente intense della propria vita, cercando di chiarire ciò che si pensa e si sente al riguardo, viene considerato semplicemente come una forma di “sfogo”, come ben sa chi ha l’abitudine di tenere un diario. Scrivere non è solo “liberatorio” ma da la possibilità di confrontandosi con se stesso come se ci si stesse guardando allo specchio. Scrivendo, depositiamo le nostre ansie, i conflitti, i ricordi significativi, piacevoli o dolorosi che siano, e leggere e rileggere quelle pagine ci aiuta a capire chi siamo. Non si tratta,  solo di uno sfogo, ma di una attività che può dare molti vantaggi in termini di benessere: miglioramento dello stato generale di salute, modificazione in senso positivo degli atteggiamenti individuali e delle relazioni interpersonali, incremento dell’efficienza personale. In ambito psicopedagogico, la scrittura introspettiva viene proposta, come un metodo di autoconsapevolezza, grazie al quale è possibile approfondire la conoscenza di sé e comprendere in che direzione stia andando la propria esistenza.

Probabilmente potrete obiettare, dicendo “ma fermandomi a scrivere a me stesso, non correrò il rischio di chiudermi ancor di più? In realtà, lo scopo del lavoro di scrittura è esattamente l’opposto: si vuole dare spazio, nel corso della narrazione, a tutte le persone significative che abitano e che  hanno abitato la nostra storia di vita, contribuendo a farci essere ciò che siamo nel momento attuale. In questo senso, la riflessione autobiografica diventa la storia degli incontri che hanno costellato e quindi condizionato, in un modo o nell’altro la nostra esistenza. In più aumentando la conoscenza di noi stessi e della nostra storia, potremmo instaurare rapporti interpersonali più profondi, perché l’essere umano è portato per natura a rappresentare la realtà sotto forma narrativa e ad utilizzare il racconto come “merce di scambio” nel relazionarsi agli altri.

E con questo non voglio dire che, attraverso la scrittura, si possa risolvere ogni problema inerente ai rapporti interpersonali; semplicemente, scrivere rappresenta, un trampolino di lancio per mettersi pienamente in gioco nelle relazioni, andando incontro alle storie di vita di coloro che ci circondano e con i quali entriamo in contatto. La riflessione autobiografica, inoltre, contribuisce ad inserire le vicende di vita in un continuum storico, aiutando la persona ad andare oltre le contingenze del presente e a proiettarsi nel futuro, alla luce di quanto si è già fatto e si va facendo, riuscendo quindi a valutare in modo più obiettivo i successi e i traguardi raggiunti e a trarre insegnamenti dai probabili “fallimenti”. Scrivendo, quindi,  non stiamo scappando  dal presente, ma, al contrario, lo viviamo con maggiore consapevolezza, con un occhio alla progettualità futura. Naturalmente, il lavoro autobiografico va distinto da quello clinico in senso stretto: la finalità primaria del primo non è quella di andare ad intervenire su di una condizione patologica conclamata, ma di condividere una vicenda esistenziale. Quindi, lavoro autobiografico rappresenta uno strumento molto efficace per coltivare nelle persone il senso della ricerca, della problematicità. In altre parole, il benessere non nasce dalla conservazione di schemi di vita, ma dalla capacità di sapersi mettere in discussione, di convivere con la propria complessità e le proprie contraddizioni, nella convinzione che la vita stessa altro non sia che un percorso continuo di crescita e di consapevolezza. Quindi cos’hai da perdere…prova a raccontarti.

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“Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale di Caserta A.T. Beck

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Tel: 3456260689

Email: castagna.ilaria@yahoo.com

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