CRONACA

Rapina e lesioni “fantasma”, prosciolto dal Gup

La difesa sostenuta dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio ha “smontato” nell’udienza preliminare la doppia accusa nei confronti di un 31enne di origine marocchina denunciato da un connazionale

Rischiava il processo, e forse una condanna pesante, per una denuncia destituita di ogni fondamento. L’assurdo pericolo è stato sventato grazie al verdetto del Gup Battinieri, che ha accolto la ricostruzione della difesa dell’imputato, sostenuta dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio. Il  pm Giuliano Caputo aveva infatti chiesto il rinvio a giudizio con la pesante imputazione di rapina aggravata, che prevede sanzioni che arrivano fino a venti anni di carcere, ma il Gup ha concordato con la difesa sul fatto che non c’era alcuna necessità di addivenire al processo.

La vicenda prende le mosse da una denuncia del cittadino marocchino Bouchaib Naoui, 40enne residente a Serrara Fontana, nei confronti di Ibrahim Mesqui, anch’egli di origine marocchina. Secondo quanto dichiarato dal primo, nell’aprile 2019 egli sarebbe stato aggredito senza nessun motivo apparente in una strada della frazione di Panza, nel Comune di Forio, da Mesqui, il quale lo avrebbe preso per il collo, gli avrebbe sottratto il cellulare per poi farlo cadere a terra. Una caduta che avrebbe provocato, come recita il referto, “traumatismo di faccia e naso”, peraltro guaribile in un giorno. Tuttavia, il denunciante aveva specificato che non c’erano testimoni dell’accaduto. In seguito alla denuncia, i Carabinieri della Stazione di Forio rintracciarono l’indagato, il quale spiegò che l’episodio si era verificato in quanto il denunciante gli aveva strappato il giubbino del valore di circa 100 euro senza aver intenzione di ripagarlo. In pratica il cellulare sarebbe stato preso come compensazione del danno. Inoltre, diverse testimonianze raccolte, tra cui il fratello e il cognato dell’indagato, affermavano che un diverbio tra i due vi era stato, ma nell’appartamento di un certo Ahmed Sahoufi, anch’egli ascoltato dai militari. I capi d’accusa nei confronti del 31enne erano due. Il primo era quello di rapina, previsto dall’articolo 628 commi 1 e 3 del codice penale, l’altro quello di lesione personale con le aggravanti (aver commesso un reato per eseguirne un altro).

Il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio per i gravi capi di imputazione, che prevedono sanzioni fino a venti anni, ma il Giudice Battinieri ha accolto le argomentazioni difensive che dimostravano l’inconsistenza della denuncia, vista l’assenza di elementi di prova per sostenere l’accusa in giudizio

L’avvocato Migliaccio ha predisposto la difesa muovendo due precise e argomentate contestazioni ad entrambi i capi d’accusa. Per quanto riguarda l’accusa di rapina, secondo la difesa essa sarebbe basata su null’altro che una denuncia e un referto allegato, senza nessun ulteriore elemento utilizzabile. Inoltre, in mancanza dell’avviso relativo alla facoltà di non rispondere ai sensi dell’articolo 199 cpp, riconosciuto ai prossimi congiunti, le dichiarazioni rese dal fratello dell’imputato e dal cognato, non avrebbero potuto mai essere utilizzabili, tantomeno in un eventuale dibattimento. Una seconda contestazione è quella relativa alla errata qualificazione giuridica del fatto, in quanto non sussiste l’aggravante del terzo comma dell’articolo 628 del codice penale, che prevede una pena da quattro anni e sei mesi fino a venti anni, perché nella denuncia non c’è alcuna circostanza anche solo lontanamente sovrapponibile a quelle previste dal codice. Cosa che consente al Gup di modificare il capo di imputazione eliminando l’aggravante, e individuando la competenza del giudice monocratico di Ischia. Il secondo capo d’accusa è stato confutato dapprima affermando l’insussistenza del reato per il cosiddetto assorbimento nel delitto di rapina propria, in quanto dalla denuncia si evince come la violenza venga usata soltanto per sottrarre il cellulare, e non per frapporre ostacolo al recupero dell’oggetto di furto. E solo in quest’ultima ipotesi si può configurare la lesione come autonomo reato. Cosa che non riguarda il caso in questione: dunque il reato di rapina propria assorbe quello di lesioni. In subordine, al di là di tali considerazioni, l’avvocato Gianluca Maria Migliaccio ha evidenziato come il fatto – lesioni con prognosi di un solo giorno – sia sostanzialmente del tutto trascurabile a livello di offensività, consentendo al giudice di applicare la causa di non punibilità prevista dall’articolo 131 bis del codice penale. Il penalista ha quindi chiesto l’emissione di una sentenza di non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste, visto che in ordine al primo capo un eventuale dibattimento non avrebbe apportato nessun nuovo elemento, e che in ordine al secondo capo esso è da ritenersi assorbito nel delitto di rapina propria, o comunque per la particolare tenuità del fatto.

Il Gup, come detto, ha accolto tale ricostruzione pronunciando la sentenza di non luogo a procedere proprio “perché il fatto non sussiste”, dal momento che gli elementi contenuti nel fascicolo del p.m. lasciano trasparire seri dubbi sulla fondatezza dell’accusa e in nessun modo un processo potrebbe capovolgere tale valutazione. Secondo il magistrato, che ha richiamato la giurisprudenza di legittimità, manca una approfondita verifica che accerti l’attendibilità intrinseca del denunciante. Anzi, secondo il Gup sulla scorta delle testimonianze raccolte dalla polizia giudiziaria, emerge l’inattendibilità della vittima, che aveva riportato fatti secondo una ricostruzione smentita dagli altri soggetti ascoltati. Mentre Naoui aveva riferito di essere stato aggredito per strada, a Panza, tutti gli altri testimoni avevano dichiarato all’unisono che l’alterco era avvenuto nell’appartamento di Ahmed Sahoufi. Non solo, ma quest’ultimo ha anche negato che vi sia stata un’aggressione o una colluttazione tra Mesqui e Naoui, che si sarebbero limitati a una discussione verbale. Tutte circostanze che hanno indotto il giudice a prosciogliere l’imputato ai sensi dell’articolo 425 comma 3 del codice di procedura penale, vista la sostanziale assenza di elementi di prova, necessari per sostenere l’accusa in giudizio.

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