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Vivere Ischia o Ischia da vivere?

Con la fine del 2017, abbiamo preso atto che, in seno al Consiglio Comunale della Città d’Ischia ( brutto appellativo, che fa subito pensare ai guasti e al degrado delle città) si è formato un nuovo gruppo consiliare, a cui è stato dato il nome di “Vivere Ischia”. Naturalmente tutti gli osservatori hanno guardato ai nomi dei tre consiglieri ribelli (Massimo Trofa, Pasquale Balestrieri, Carmen Criscuolo) e hanno immediatamente individuato un possibile mandante ( Giosi Ferrandino). Ci si è poi chiesto che cosa i 3 pretenderanno dal Sindaco, in vista di una nuova Giunta politica e per continuare a supportare la maggioranza. Ci si è posto, inoltre, l’interrogativo se sia giusto che una esponente della lista Orizzonte Comune (Carmen Criscuolo) ,abbandonando Ottorino Mattera e,senza il preventivo accordo con altri esponenti di Orizzonte (Spignese innanzi tutto) abbia effettuato una mossa tattica, definita “vergognosa” dal segretario del circolo PD, Lello Pilato, che pure – fin dall’inizio – si era dimostrato scettico e critico verso il varo di una Giunta tecnica. Da qualche mese circolavano in rete segnali di fumo all’insegna della guerra intestina alla maggioranza e si attendeva una presa di posizione di tutto il gruppo di Ottorino. Quel che non ci si aspettava era la “scissione” all’interno di una lista, ferma restando l’ancoraggio alla maggioranza di Consiglio. Bisognerebbe sempre riflettere sui limiti della democrazia e della rappresentanza: è più importante il “vincolo di mandato” con l’elettore o la “ libertà individuale” di ciascun consigliere comunale? E’ più importante la conduzione collegiale di gruppo (che  abbia una sua fisionomia nell’ambito della maggioranza) o le individuali scelte tattiche (di strategico non intravedendosi proprio nulla)? Ovviamente, ho letto attentamente il comunicato ufficiale dei tre “scissionisti”. Ne riporto integralmente un passo eloquente: “Si è ritenuto fondamentale creare una maggiore omogeneità tra le diverse personalità politiche presenti all’interno dell’attuale maggioranza, per consentire al Sindaco di addivenire in tempi brevi ad un rilancio dell’azione politica, ripristinando quegli equilibri che permetteranno ai Consiglieri a ai loro rappresentanti di poter svolgere pienamente il proprio mandato”.

Fuori del linguaggio criptico-politichese, significa che il gruppo ambisce ad avere un concreto incarico nella giunta che si formerà. Fatto un minimo di riepilogo della situazione, così come si è venuta a determinare, preciso che, personalmente, non sono interessato né ai destini individuali degli “ scissionisti” né a quello del mandante e nemmeno al “ mercato di riparazione” di gennaio ( per parafrasare il gergo calcistico). Mi interessa di più valutare il nome che hanno dato al nuovo gruppo: “ Vivere Ischia”, che mi suggerisce una serie di riflessioni che sottopongo al vaglio dei lettori. Le parole hanno sempre un senso e una conseguenza, anche quando chi le pronuncia o le sceglie, lo fa con disinvoltura e un pizzico di superficialità. Anche in questo caso le parole hanno un senso, perché tradiscono gli eventuali retropensieri che le hanno generate. Perché “ Vivere Ischia”? In una tale definizione, non è Ischia la protagonista, ma i consiglieri stessi. E’ un impegno, una promessa, individuale e di gruppo, di “ vivere la realtà presente del Comune”. Ma credere a tale impegno è una scommessa, un salto nel buio, perché nulla si lascia intendere sulla direzione dell’impegno, sulla qualità delle azioni che si vogliono implementare. Cosa diversa sarebbe stata la definizione “Ischia da vivere”. Si sarebbe intuito che i consiglieri proponenti non sono del tutto soddisfatti dell’attuale qualità della vita del Comune d’Ischia e dell’isola e che lavoreranno affinché l’isola sia più vivibile e più sostenibile. Ove la vivibilità e la sostenibilità non deve essere intesa solo da un punto di vista naturale-ambientale, ma una vivibilità a 360 gradi, che riguardi anche un modello economico più giusto ed equilibrato, un modello etico più rigoroso e trasparente, un modello sociale più solidale ed efficiente. Non c’è nulla di tutto questo nel documento dei 3. Lo so che adesso i politici di professione diranno che questa è filosofia, mentre loro badano ai “fatti”. Lo so che loro considerano il presente più importante del passato e anche più del futuro. Lo so che i cittadini del presente votano, quelli del futuro no o non ancora, Ma non si pensi che le risorse naturali, ambientali, storiche o archeologiche siano un patrimonio inesauribile e immodificabile, autosufficiente e capace di autorigenerarsi e conservarsi.

Con rispetto e sentimento di reale collaborazione, vorrei suggerire agli amministratori, ai consiglieri di qualsiasi gruppo ( vecchio o nuovo) di leggere un recentissimo e fondamentale libro, scritto dal teologo e filosofo Vito Mancuso: “ Il bisogno di pensare” ( Garzanti editore – dicembre 2017). Questo volume è una fonte di saggezza, è una guida spirituale per dirimere alcuni quesiti e scelte fondamentali, che sono alla base del vivere umano, ma direi in particolare del vivere in funzione del bene comune e quindi di coloro che ci governano o ambiscono a governarci. Nel primo paragrafo, Vito Mancuso scrive: << Conosco l’obiezione: Vivere! A me basta vivere, seguire il mio istinto e quello che mi va! ( Vivere Ischia, appunto – n.d.r.) Che me ne faccio di tutte queste teorie? Molti la pensano così>>. Ecco perché “ Vivere Ischia, immolarsi nella propria terra, senza che di questa terra si abbia un’idea, un pensiero, un progetto preciso per il futuro, non ha molto significato. Ancora. Mancuso scrive: “ Io sono convinto che questa vita sia per tutti un’odissea, ma che un conto sia avere un’Itaca nel cuore e nella mente, un altro esserne privi. Si può vivere senza Itaca?” Itaca sta per “ orizzonti di senso, progetto, programma, meta da raggiungere ( mai definitiva).Poi il filosofo ci spiega che l’idea, il concetto è preceduto da fasi preliminari che sono: il “ sentire” momento sorgivo, ingenuo, immacolato, che ci consegna i dati nella loro naturalità; il “ percepire”, momento recettivo ma con un inizio di valutazione; il “ concepire” momento attivo del processo cognitivo ed elaborativo dei dati di sensazione e percezione. Siamo così all’intelligenza e alla coscienza cognitiva. Se, inavvertitamente, si elabora un pensiero, prescindendo dall’acquisizione dei dati di sensazione e di percezione, si scivola nell’immaginazione, nella credenza, nell’ideologia. La lezione per il politico, dunque, è: impossibile governare senza il “ pensiero”, ma per articolare un “ pensiero”, è inevitabile capire  la realtà, interpretare il corpo sociale attraverso il contatto diretto, per le sensazioni e le percezioni che da tale corpo vengono suscitate. Accade spesso che si presuppone di decidere da soli per gli altri, senza che prima se ne avvertano le pulsioni, le aspettative, le esigenze. Ma c’è un aspetto, in questa teoria del “ concetto” che riguarda anche chi – come il sottoscritto – si definisce “ opinionista”. L’opinione non è “ pensiero”, in quanto è priva di visione architettonica d’insieme. E’ piuttosto “ emozione”, espressa a parole e, in quanto tale, manipolabili da demagoghi e populisti e può assumere una dimensione del tutto irrazionale.

Per quanto mi riguarda, consapevole di ciò, cerco sempre di integrare le “ sensazioni” con la lucidità dell’intelletto. Non so se riesco nell’intento, però sono consapevole che – come teorizza Vito Mancuso – per elevare l’opinione a pensiero, devo necessariamente servirmi di due tecniche contrapposte: la “ pars costruens “ e la “ pars destruens” , ovvero da un lato l’osservazione, l’analisi, la riflessione e dall’altro la critica, l’investigazione, la contestazione. Ce n’è per tutti, insomma: per chi amministra e per chi giudica. Io ho letto il libro di Mancuso e ne ho tratto utili indicazioni di come comportarmi, in qualità di essere pensante, come uomo, come marito, come padre, come umile “ opinionista” del Golfo. Sono sicuro che se  lo leggessero anche i nostri consiglieri comunali, ne trarrebbero utili insegnamenti per fare meglio il bene comune. E a poco importa che a scriverlo sia stato un teologo, un cattolico. Infatti, egli stesso ha citato Norberto Bobbio: “ La differenza rilevante non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti” oppure Blaise Pascal: “ L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante…Sforziamoci dunque di pensare bene”.

Franco Borgogna

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