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Protopia Maio: a Villa Arbusto il PIDA discute di ricostruzione

Gianluca Castagna | Lacco AmenoL’utopia è la visione idealizzata di una società perfetta, impossibile da realizzare se gli uomini stessi sono così pieni di difetti e fanno così tanti errori. Non esiste un modo di vivere che sia il migliore in assoluto né una società ideale, ma solo una serie di modelli dettati dai vari aspetti della nostra natura. Cosa replicare, dunque, al richiamo, spesso irresistibile, dell’utopia? Una risposta può essere trovata in un altro neologismo, la protopia: il progressivo avanzamento, passo dopo passo, verso il miglioramento, non la perfezione. Tutte le più importanti conquiste dei secoli scorsi secoli sono state raggiunte un passo alla volta. Un futuro protopico, perciò, non è solo concreto, è anche praticabile.

La pensa così anche Giovannangelo De Angelis, ideatore e direttore del PIDA, il Premio Internazionale Ischia di Architettura, giunto – dopo la pausa dell’anno passato – all’ottava edizione, quasi interamente dedicata al terremoto del 21 agosto scorso. Ora che si comincia a parlare di ricostruzione, diventano sempre più rilevanti l’occhio critico, il ruolo e la responsabilità che l’architettura e gli architetti assumono nel processo di trasformazione del paesaggio e di costruzione delle politiche di sviluppo. Un processo dal quale la società può trarre grandi benefici ambientali, sociali, economici ma che negli ultimi decenni invece ha prodotto a Ischia, come nell’intero Paese, un micidiale degrado ambientale e impoverimento culturale senza precedenti. I feroci abusi perpetrati a danno dell’ambiente richiedono all’architettura un’inversione di tendenza, una “rivoluzione culturale” che parta dall’equilibrio tra ambiente naturale e ambiente costruito e porti ad una trasformazione del territorio che abbia nei suoi principi la “Bellezza della Natura”, la “Bellezza dell’Arte”, la “Bellezza della Tecnica”.
Che futuro vogliamo per Piazza Maio e per le aree tra Casamicciola, Lacco e Forio colpite così gravemente (ma forse anche prevedibilmente) dal terremoto? Un futuro di bellezza, identità e rilancio o di rischio, abbandono, ineluttabile degrado?

Molteplici sono stati gli interrogativi e gli orientamenti emersi nella tavola rotonda su “La ricostruzione del Maio”, organizzata a Villa Arbusto venerdì scorso, a cui hanno partecipato sindaci, rappresentanti delle istituzioni, ingegneri e architetti, numerosi abitanti di Casamicciola e Lacco Ameno.
Dove e come ricostruire? Chi saranno i protagonisti? Quali indagini e livelli di approfondimento programmare? Come superare la crisi suscitata dal terremoto e trasformarla in opportunità, anzitutto prendendosi cura delle emozioni e del trauma vissuto dalla comunità colpita? Con quali strumenti portare dentro l’esperienza e la discussione comunitaria temi come l’architettura sostenibile, l’efficienza e l’autoproduzione energetica? Quanto, di tutto questo, è stato recepito dal cosiddetto Decreto Ischia e quanto invece trascurato tra le pieghe anodine, ambigue e cavillose di un testo peraltro ancora provvisorio? Mistero.
Per l’architetto Silvano Arcamone, dirigente dei Servizi tecnici prima al Comune di Ischia, oggi a Bologna, «l’anima dei luoghi non si può cancellare, bisogna che lo Stato si prenda carico del dolore delle persone. Tutte le leggi o le norme che verranno devono mettersi al servizio dell’uomo: anche chi aveva una casa totalmente abusiva deve avere una risposta dallo Stato. Il problema non è il tetto, ma rimarginare la ferita del territorio. E ripartire dall’identità. Dalle fonti termali più importanti dell’isola. Dalla socialità. Da un’architettura di qualità, a impatto zero, con attività sempre più performanti in grado di elaborare un progetto che non allontani le persone dai luoghi dove hanno sempre vissuto». Dei tre modelli solitamente presi in considerazione per ogni ipotesi di ricostruzione post sisma (“com’era, dov’era”, “dov’era ma qualcos’altro”, “da un’altra parte”), quello più probabile, benchè emotivo, oscilla tra il primo e il secondo. Cosa dispone il Decreto del Governo 5stelle-Lega per garantire ai cittadini isolani la tranquillità di poter coabitare senza rischi con un mostro invisibile ma attivo? Mistero.

Identità e sicurezza sono al centro anche delle osservazioni dell’Assessore di Casamicciola Stani Senese. «Occorre ricucire uno strappo, che c’è stato e c’è ancora, con la cultura, i luoghi, le abitudini, le tradizioni. Ogni ricostruzione parte solo se questa ferita viene prima sanata. E poi c’è la questione sicurezza. Certe scelte non sono più ammissibili. Tanti, in questi mesi, ci hanno aiutato. All’interno di questo progetto dobbiamo osare, cambiare assieme attraverso una visione organica comune per tutto il territorio». E’ ciò che favorisce il Decreto? Mistero.
La ricostruzione, per quanto necessaria anche a ridare una dimora a chi l’ha perduta, richiede un profondo ripensamento dell’idea di crescita urbana su uno spazio già fortemente antropizzato. «Bisogna tentarle tutte per far rientrare le persone nelle loro abitazioni» precisa subito il Commissario all’Emergenza Giuseppe Grimaldi che, per l’occasione, riprende la sua veste di architetto, «ma non è detto che ciò sia sempre possibile. Non perché esistano ostacoli tecnici. Ma ci sono le regole. Sono dieci mesi che lavoro su questa zona: parliamo di un’isola con problemi sismici, ma anche strutturali, di viabilità, di sicurezza degli spazi. La ricostruzione deve diventare l’occasione per risolvere problematiche ormai endemiche. Se un cittadino si trova nella situazione di dover scappare dalla propria abitazione e mettersi in salvo, deve avere la possibilità di farlo senza rischiare di rimanere chiuso in un imbuto urbano. La gente deve poter tornare nelle proprie abitazioni ma all’interno di un contesto che assicuri, non dico tranquillità assoluta, ma almeno la consapevolezza che tutto quello che era possibile fare, in termini di prevenzione, è stato fatto».
E l’Edilizia sociale? «E’ un’opzione, una proposta fatta soprattutto per garantire quelle persone che hanno un situazione di illegalità dell’immobile che non si risolverà in maniera positiva. La ratio è: diamo in ogni caso un tetto alle persone che potranno trovarsi, rispetto alle regole che verranno determinate nel decreto, in condizione di non poter ricostruire. L’edilizia sociale non vuol dire né ghettizzare, né deportare».
Dove delocalizzare? Cosa accadrà alle imprese alberghiere così legate a tessuto territoriale così specifico? Quanto tempo ancora dovrà passare prima di sapere, a burocrati piacendo, se la propria casa, più o meno abusiva, è salva o spacciata? L’iter sarà lungo, lo hanno capito un po’ tutti. Cosa dice a riguardo il Decreto? Mistero.

L’intervento più complesso, denso, articolato tocca all’Assessore all’Urbanistica della Regione Campania Bruno Discepolo. «Ho apprezzato che, nel workshop dei giovani architetti del PIDA, un ruolo centrale sia stato riservato all’ascolto della comunità e alla partecipazione dei cittadini nella individuazione di quella che noi architetti chiamiamo “domanda di progetto”. Un tema, quello della partecipazione democratica nelle scelte di governo del territorio, sempre evocato, ma spesso ridotto più a una dichiarazione ai limiti della demagogia che a una pratica corrente. Ascoltare il territorio, costruire laboratori urbanistici, organizzare un dialogo tra chi non ha competenze, ma è soggetto portatore di interessi, e chi è tecnico, non è cosa che si improvvisa. E’ un processo che va costruito. Percorso significativo di un lavoro che, quanto più inizia bene, tanto più riesce a generare risposte efficaci.»
«La prima scelta da operare è data per scontata ma va ribadita: si ricostruisce in sito» dichiara Discepolo. «E’ un principio fondante dell’opera di ricostruzione».
L’altro tema, spinoso, controverso, delicatissimo, “eterno”, è quello della legittimità del patrimonio immobiliare. «In Italia vigono le norme, quindi tocca individuare tutti quegli strumenti che ci aiuteranno a recuperare situazioni che, non a caso, anche per colpa della politica, non sono state risolte. Il condono esiste dal 1985, eppure ci sono pratiche che da oltre 30 anni attendono di essere esitate. La comunità scientifica deve darci conforto: oggi la possibilità tecnica, materiale, di poter ricostruire in quei luoghi non è un azzardo. E’ questa la risposta che mi attendo dalla scienza.. Non devono essere la case di prima. Non parlo solo della stessa qualità strutturale del singolo edificio ma considerare la ricostruzione come opportunità di riqualificazione dell’intero territorio.»
E ancora: «Siamo in presenza di un decreto che c’è e non c’è, che forse sarà ancora modificato» chiosa l’assessore. «La Regione Campania avrà un ruolo e noi lo eserciteremo fino in fondo, sia per essere al fianco della comunità, sia per evitare che la ricostruzione possa sfuggirci di mano. Ecco perché pensiamo a una nuova redazione del Piano Paesaggistico Regionale, che naturalmente inciderà su queste aree». Come affronta dunque il Decreto la questione del recupero del patrimonio immobiliare danneggiato? Anche qui mistero.

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Agli interventi dei sindaci (Castagna, Pascale, Del Deo) seguono le obiezioni dei cittadini, che non nascondono delusioni e critiche, amarezza e sfiducia. Terremotati non terremotati perché mancherebbe l’equiparazione ad altre realtà italiane ferite dal sisma. Uomini e donne che aspettano da troppo tempo atti concreti e forti.
Resta, allo stato della cose, la glaciale radiografia dei numeri. Due morti (Lina Balestrieri e Marilena Romanini), 2045 sfollati (1806 nel Comune di Casamicciola, 37 a Forio, 562 a Lacco Ameno), di cui 2033 assistiti mediante il Contributo di Autonoma Sistemazione e 372 quelli alloggiati temporaneamente in strutture alberghiere. 30 attività ricettive danneggiate a Casamicciola (di cui 9 da abbattere), 6 a Lacco Ameno (2 da abbattere), 9 a Forio. Alla luce delle 1666 istanze di sopralluogo sugli immobili, oggi ben 640 risultano completamente inagibili. E qui, invece, nessun mistero.

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