CRONACA

Ricostruzione, resta il rebus per gli immobili “storici”

Una delle questioni più controverse della fase di ricostruzione post-sisma riguarda gli immobili realizzati prima dell’ultimo conflitto mondiale, cioè prima del 1945. Il nodo è costituito dal grado di intervento consentito nel ripristino di tali edifici, visto che la norma vieta la demolizione e ricostruzione lasciando spazio alla sola manutenzione e miglioramento sismico, che tuttavia spesso non consente di ottenerne l’agibilità, soprattutto considerando l’entità dei contributi erogati. Ecco quindi che il commissario alla ricostruzione post-sisma Giovanni Legnini ha inviato una richiesta di chiarimento all’Ufficio del consigliere giuridico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, segnalando che, nel corso dell’attività preparatoria delle conferenze di servizi prevista dall’articolo 6 dell’ordinanza n. 17 del 2012, è stata prospettata un’interpretazione della voce A 29 dell’allegato A al d.P.R. n.31 del 2017 (il regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata) diretta a restringerne l’ambito applicativo ai soli edifici la cui realizzazione sia successiva all’anno 1945.

Tuttavia, anche la risposta dell’Ufficio, sebbene molto dettagliata e argomentata, non sembra dirimere in maniera decisiva la complicata questione.

Secondo l’Ufficio giuridico, la tesi citata si fonderebbe sulla considerazione in base alla quale, di regola, secondo una prassi largamente condivisa (anche se non consacrata in specifiche norme di tutela, al di fuori della recente previsione contenuta nell’ordinanza commissariale n. 116 del 2021, riferita alla modulazione degli incrementi sul contributo per gli immobili danneggiati dal sisma dell’agosto 2016 nel Centro Italia), l’edificato “storicizzato” di maggiore pregio (o comunque rilievo) paesaggistico dovrebbe identificarsi con il patrimonio realizzato prima dell’ultimo conflitto mondiale, poiché , a partire dalla ricostruzione post – bellica e , soprattutto , con il boom economico degli anni ’60 del secolo scorso, la nuova edilizia dovrebbe per lo più perso ogni connotazione tipologico – costruttiva architettonica tradizionale meritevole di attenzione e considerazione sul piano della tutela paesaggistica.

L’interpretazione in questione sarebbe in particolare da riferire, tra l’altro, ad alcune tipologie edilizie molto originali e paesaggisticamente significativi rinvenibili nei territori interessati dal sisma che ha colpito l’isola di Ischia nell’agosto del 2017. Ora, tale limitazione interpretativa (cioè l’esclusione dell’autorizzazione paesaggistica solo a edifici danneggiati post-1945), pur accompagnata, come detto, da apprezzabili finalità di rafforzamento della condivisione paesaggistica e della qualità architettonica della ricostruzione post sisma, non sembra meritevole di essere condivisa, perché si pone in evidente contrasto con la lettera del disposto normativo del citato Dpr  n. 31 del 2017. 

Nonostante la risposta dell’Ufficio, secondo cui sarebbe applicabile la norma che esclude la necessità di autorizzazione paesaggistica per tali immobili, non è scontato prevedere l’atteggiamento della Soprintendenza

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Come spiega l’Ufficio giuridico, la lettura del testo dell’allegato A al citato regolamento (Interventi ed opere in aree vincolate esclusi dall’autorizzazione paesaggistica), che elenca le fattispecie per le quali è escluso l’obbligo di acquisire la preventiva autorizzazione paesaggistica, dimostra inequivocabilmente che solo per alcune ben definite tipologie degli interventi elencati sono state introdotte, nell’ambito  dei presupposti richiesti ai fini dell’esonero previa dalla autorizzazione, alcune speciali eccezioni all’esonero, restringendo così il ​​campo applicativo della misura di semplificazione, ma solo per alcune tipologie di interventi. 

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E cosi, ad esempio, per le voci A.2 (per la realizzazione o la modifica di aperture esterne o di finestre a tetto), A.5 (per le installazioni di impianti tecnologici esterni a servizio di singoli edifici ..-),  A.6 ( per l’installazione di pannelli solari termici o fotovoltaici a servizio di singoli edifici ) ecc. , la norma ha espressamente “escluso l’esclusione” della semplificazione – cioè ha affermato la perdurante necessità del previo titolo autorizzativo paesaggistico – nei casi in cui i citati interventi interessino “i beni vincolati ai sensi del Codice, art.  136, punto 1, lettere a), b) e c) limitatamente, per quest’ultima, agli immobili di interesse storico-architettonico o storico-testimoniale, ivi compresa l’edilizia rurale tradizionale, isolati o ricompresi nei centri o nuclei storici”.

Nessuna specificazione o limitazione applicativa di tal genere è invece rinvenibile nella voce A.29, che qui viene in rilievo (” interventi di fedele ricostruzione di edifici, manufatti e impianti tecnologici che in conseguenza di calamità naturali o catastrofi risultino in tutto o in parte crollati o demoliti, o siano oggetto di ordinanza di demolizione per pericolo di crollo, purché sia ​​possibile accertarne la consistenza e la configurazione legittimamente preesistente ed che l’intervento sia realizzato entro dieci anni dall’evento e sia conforme all’edificio o manufatto originario quanto a collocazione, ingombro planivolumetrico, configurazione degli esterni e finiture, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica e di sicurezza degli impianti tecnologici”). 

Il commissario Giovanni Legnini

Secondo l’Ufficio giuridico del governo, è del tutto evidente, quindi, che nessuna circolare interpretativa o atto ministeriale di indirizzo possa derogare al chiaro disposto della sovraordinata norma regolamentare.  Eventuali atti di indirizzo di tal genere da parte degli Uffici ministeriali o da altra autorità competente nella materia, nella parte in cui avessero voluto introdurre una tale limitazione, sarebbero inapplicabili, davanti al prevalente tenore letterale della normativa citata, e dovrebbero essere correttamente intese come mere sollecitazioni di indirizzo agli Uffici periferici affinché sia prestata a livello territoriale una particolare attenzione ai casi che coinvolgono determinate tipologie edilizie di potenziale rilievo paesaggistico (ad esempio, il costruito “storico” ante-1945).  Ma tale attenzione particolare dovrebbe e potrebbe esplicarsi solo ed esclusivamente con i legittimi strumenti di un controllo successivo particolarmente intenso (per verificare la veridicità ed effettività delle autocertificazioni dei privati ​​​​in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi della sopra citata voce A.29), ma non certo mediante un’illegittima esclusione di una semplificazione imposta dalla norma regolamentare.

In conclusione, secondo l’Ufficio giuridico, la richiesta di un’autorizzazione paesaggistica preventiva per i casi ricadenti nell’ambito applicativo della più volte richiamata voce A29 dell’allegato A al dpr n.31 del 2017 sarebbe illegittima e non ammissibile.

Dunque, per gli edifici legittimi costruiti prima del 1945, si potrebbe applicare la procedura semplificata, ma resta l’incognita della Soprintendenza, che potrebbe invece far valere la legislazione ordinaria. In tal senso saranno interessanti gli esiti delle prossime conferenze speciali tra gli attori chiamati in causa per esaminare le istanze relative a tali edifici “storici”.

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