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A rischio i festeggiamenti in onore di San Giovan Giuseppe Della Croce

di Antonio Lubrano

Foto di Giovan Giuseppe Lubrano                   

ISCHIA – Don Carlo Candido, parroco a tutto campo della chiesa-Santuario dello Spirito Santo a  Ischia Ponte, dalle colonne di uno degli ultimi Kaire, l’ottimo settimanale della Diocesi di Ischia, diretto dal bravo Lorenzo Russo, con una prima, discutibile e personale presa di posizione,  ha sparato a zero sulle feste patronali, rinnegando un passato ricco di iniziative popolari e tradizionali, e manco a dirlo, favorendo l’abolizione dei festeggiamenti  esterni relativi alla scorsa ricorrenza del 5 marzo in cui da sempre si festeggia il Santo concittadino San Giovan Giuseppe della Croce nel giorno della sua scomparsa (Napoli 5 marzo 1734).Per i festeggiamenti di fine agosto-inizio settembre  prossimo si teme la replica. Don Carlo col suo inedito atteggiamento, a dire il vero, ha sorpreso un pò tutti; Lui che fino al giorno prima della inaspettata sparata mediatica  era considerato nel paese e nella Diocesi il prete “festaiolo” per eccellenza, per tutto quanto riusciva, con evidente ed apprezzabile successo, ad organizzare dentro ed in appendice ad ogni evento religioso, vecchio e nuovo, anche di matrice laica programmato nella vasta area parrocchiale di suo dominio sacerdotale e spirituale, estesa alle chiese della Madonna del Carmine, a Sant’Antonio, alla Addolorata, alla Bambenella alla Mandra ed alla secolare chiesetta si Sant’Anna.

Feste di riferimento a tutto spiano, con massiccia partecipazione di popolo fedele, contento ed animato da un manifesto senso di gratidudine verso il proprio parroco che li faceva gioire tanto, con il positivo risultato di una fede rafforzata ed una tradizione felicemente rivissuta, rispettata, difesa e conservata. Cosa ha provocato l’improvviso ed ingiustificato cambio di passo del popolare Don Carlo nel suo feudo, tra i suoi parrocchiani, dove in pochi anni è riuscito ad instaurare, specie fra i giovani un sorprendente clima  di condivisione e di  aggregazione ? Cosa è  successo per non gradire più fuochi d’artificio, luminarie stradali e quant’altro che nella stragrande maggioranza degli ischitani  hanno sempre lasciato evidenti segni di piena soddisfazione ed appagamento dello spirito ? Don Carlo Candido in pratica, ha motivato con tesi non convincenti che si era “stufato” di sentire “bestemmie”, “litigi” e registrare “insofferenze”  di alcuni nei confronti della festa e del Santo Concittadino, che secondo lo stesso Don Carlo, va invece da oggi lodato e venerato soltanto in chiesa, unico luogo sacro  dove la preghiera può avere efficacia autentica.

Se è vero come è vero che la tradizione osservata aiuta la fede professata, è anche vero che Don Carlo, nel caso specifico, ha smarrito la strada della comprensione e della presa d’atto che il popolo, quello che lo segue, gradisce che la festa patronale si faccia, con i fuochi d’artificio, la processione, le campane, le luminarie stradali, magari commentandone anche con spirito critico la tenuta del disegno, le bancarelle, i giochi per ragazzi,  perchè la festa in discussione e la sua storia , sono  patrimonio storico e tradizionale della propria vita passata alla quale tutti si sentono legati più di quanto si pensi. Solo una minoranza di persone è fuori da questa ottica e impreca  affichè la si faccia finita. Costoro, essendo affetti da problemi di natura esistenziale, non sopportano i rumori, non reggono all’idea di fare comunione, di stare insieme, non amano il suono delle campane che invece è poesia e richiamo gioioso alla festa e per qualsivoglia cerimonia religiosa nella parrocchia di appartenenza.

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Insomma li disturbano i campanili, e peggio ancora, se non hanno la fede e si ritengono non credenti, danno fastidio loro sul territorio la sagoma di una chiesa, le croci votive sparse per l’isola, gli avvisi sacri, la bella e rispettabile figura del nostro Vescovo e la presenza in tutte le situazioni, compresa la Festa a Mare agli  Scogli di Sant’Anna,  dello stesso Don Carlo protagonista in ogni dove. Che Don Carlo, dal suo pulpito, predichi, redigga editoriali, lanci giuste accuse ad un certo tipo di società deviata e corrotta per recuperare più possibili pecorelle smarrite, fa benissimo, perché tra l’altro assolve con fedeltà ai dettami del suo ruolo. Ma non fa benissimo quando si schiera, come ha fatto, dalla parte di quella minoranza di insofferenti e per lo più miscredenti, quindi senza Dio, di cui abbiamo parlato sopra. Far cantar vittoria a certi tipi che stanno dall’altra parte, per altro irrecuperabili, è intollerabile. Don Carlo rifletta e torni ad essere il don Caro di prima, ammirato ed apprezzato nel suo straordinario lavoro di aggregazione e di sana rivoluzione in una parrocchia che fino a qualche anno fa, era anonimamente appiattita su se stessa, senza stimoli, con poca linfa vitale. Se Don Carlo ha saputo rianimare  e unire l’ambiente, non lo divida ora, favorendo chi ama pescare nel torbido.

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antoniolubrano1941@gmail.com

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