Riflessioni in periodo natalizio
Potrebbe la mia apparire come una riflessione natalizia ed in effetti lo è, anche se si può estendere a qualsiasi periodo dell’anno. E’ presto detto. Mi vado chiedendo sempre più spesso cosa sia la coscienza e in che modo essa si aggiri all’interno della comunità umana. sembra un po’ un discorso di lana caprina, ma esso è fondamentale. Già ho scritto per il passato che nella mia adolescenza ero letteralmente affascinato dalle prediche nella Madonna della Libera di un frate francescano, corpulento, dalla mimica istrionesca secondo la moda del tempo, che era solito pronunciare questo intercalare: “Scendete nelle vostre coscienze e risalitene con un giudizio!”. Queste parole mi facevano considerare la coscienza come qualcosa di profondo nel nostro intimo: una sorta di cavità carsica in cui noi dovevamo scendere diventando speleologi di noi stessi. Questa coscienza, che forse nessuno sa bene cosa sia, ritorna spesso nei discorsi della gente. La coscienza tranquilla ti fa dormire sonni sereni; quella cattiva ti mantiene sveglio. Lo dice perfino una canzone chiedendosi come faccia certa gente “‘a sera int o’ lietto”. Ho sempre creduto (o mi hanno fatto credere) che la coscienza fosse un ingombro nello svolgimento dell’esistenza. Vuoi mettere il beneficio di non averla? Sei libero completamente. Ed, invece essa è l’, a tormentarti, a porti dei quesiti, a generarti dubbi. Perché? E ti chiedi come facciano i vari capi di stato, che ordinano bombardamenti di civili, mettono a morte donne, uomini, bambini, vecchi giovani a mettere la sera la testa sul cuscino per dormire. questi appartengono ad una razza diversa?
Io non sarei capace di dormire tranquillo dopo aver dato un ordine del genere. Ma poi, in fondo, cos’è questa benedetta coscienza in cui il frate della mia gioventù mi invitava a scendere? Forse non è la stessa entità per tutti gli esseri umani. Alcuni ce l’hanno ed altri non ce l’hanno. La verità è che più vado avanti con gli anni e più mi sento confuso. ho assistito poche sere fa all’apertura dell’anno giubilare. Bellissima cerimonia con il sapore di una liturgia antica. Mentre le immagini mi scorrevano davanti mi chiedevo che senso avesse promulgare un anno giubilare con indulgenze e remissione dei peccati. E la mente correva a diversi secoli fa quando per una questione di indulgenze venne fuori Lutero con la sua riforma. Poi ho capito: questo, come ha dichiarato il Papa, è “il giubileo della speranza”! La speranza cristiana di un mondo nuovo, diverso, più giusto. Siamo degni e capaci di , non dico realizzarlo, ma per lo meno ipotizzarlo? Abbiamo il coraggio, come predicava il frate della mia gioventù, di scendere nelle nostre coscienze e di risalirne con un giudizio positivo? O ci avviluppiamo sempre di più nello sterco putrido delle nostre colpe, delle nostre indifferenze, delle nostre cattiverie? Diamo la stura alla “Speranza cristiana”. Convinciamoci che è meglio….