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RIUSCIRA’ NETTUNO, DIO DEL MARE E RE DELL’AMP, A SALVARE ISCHIA DALLA PLASTICA?

DI FRANCO BORGOGNA

Secondo la mitologia, Nettuno ( Poseidone), fratello di Giove ( Zeus) re degli Dei, è il dio del mare ma anche il dio che provoca i terremoti. Ora, che Nettuno sia irato è un fatto certo; non è certo che sia stato lui a provocare i terremoti sulla nostra isola. Il mito vuole che per placare l’ira di Nettuno gli si dovessero offrire cavalli in sacrificio. Ma, al giorno d’oggi, gli unici cavalli che solcano il mare della nostra Area Marina Protetta, sono quelli dei motori (entrobordo e fuoribordo) che scorrazzano per il nostro golfo. In mancanza di cavalli sacrificali, abbiamo pensato bene (anzi male) di affidargli quotidianamente in pasto quanta più plastica è possibile. Pensate che sulla rivista specializzata Nature è stato pubblicato uno studio del CNR di Lerici  in collaborazione con diverse Università, sull’invasione della plastica nel Mar Mediterraneo, che è stata definita “ Mediterranean Soup” (zuppa di plastica). Fatta questa premessa mitologica, devo precisare che questo articolo nasce da una telefonata intercorsa tra me e Mizar che, avendo letto il mio ultimo pezzo e avendo riscontrato in esso un certo scetticismo sulle iniziative locali per la riduzione dei rifiuti di plastica a mare, non sufficientemente inserite in un contesto nazionale ed europeo, mi ha – giustamente – posto il dilemma: “ma allora noi dobbiamo starcene fermi, fin quando il ministro dell’Ambiente e l’Europa non finanzino e coordinino un’azione globale?”. Legittimo quesito. E a Mizar, impegnatissimo sul fronte del disinquinamento marino, sia sotto il profilo dello scarico di detergenti non biodegradabili, sia per l’immissione di plastica monouso e, a tutti i cittadini di buona volontà come lui, va data una risposta. Ovviamente mi limito a dare la “mia” risposta, che tiene conto però di come si stanno muovendo l’Europa, il Governo italiano e le Associazioni ambientaliste. Comincio da queste ultime, tenendo ben presente che ciascuna ha la propria storia e la propria identità. Tuttavia, penso di non commettere un errore di superficialità e generalizzazione,se affermo che spesso esse peccano di “eccesso di visibilità”, voglia di protagonismo, mancanza di realismo e di collegamento con realtà similari e con gli interlocutori politici. Ischia è stata spesso nel mirino di Associazioni ambientalistiche che – con troppa superficialità – davano giudizi esageratamente negativi sullo stato del nostro mare. Né mi convince l’idea del WWF di invogliare i cittadini a fotografare tutti  i rifiuti di plastica per repertarli e localizzarli. Non mi convince per due motivi: primo motivo, in un mondo già ammalato di selfie, scatti, spettacolarizzazione di ogni minimo e normale atto quotidiano, insomma in un mondo di “ plastica” (Bauman avrebbe detto “ liquido”) questa corsa a immortalare il “ rifiuto plastico” rischia di “ oggettivizzare” e “ reificare” la questione, quando invece la questione è, innanzi tutto, di coscienza individuale.

Secondo motivo: un censimento siffatto, affidato allo spontaneismo, non avrebbe alcun valore scientifico. Veniamo al Governo italiano. Il fatto che personalmente mi senta a distanza siderale dal governo giallo-verde (preferisco questo abbinamento di colori a quello giallo-blù, che per me sono i colori di Ischia) non mi impedisce di fare valutazioni serene sull’operato dei singoli ministri. Il Ministro dell’Ambiente, Generale Sergio Costa sembra avere tutti i titoli per fare bene. Ed è interessante l’indirizzo, che ha esplicitato alla stampa, riguardo ai provvedimenti da assumere per la riduzione della plastica. Non tanto l’intenzione di mettere a punto un Patto ambientalista, concertato con le Associazioni ambientaliste più rappresentative, quanto piuttosto l’intendimento di usare la leva fiscale per diminuire il costo di prodotti “ senza plastica” e degli imballaggi più leggeri. Questa è la strada giusta. Al posto di “punire” chi inquina, “ agevolare” chi immette sul mercato prodotti non inquinanti; al posto di andare a “ pescare” i rifiuti plastici in fondo al mare, evitare che si consumino contenitori plastici monouso. Certo, ciò comporta tempi lunghi, ma è proprio ai nostri nipoti e pronipoti che ormai dobbiamo guardare. C’è infine l’Europa, il cui Commissario all’Ambiente, il maltese Karmenu Vella, ha recentemente illustrato il contenuto della direttiva approvata a Bruxelles il 28 maggio scorso. Per esempio, prima della direttiva, i pescatori venivano ritenuti responsabili delle reti di plastica usurate o strappate che rimangono a mare. Era loro obbligo recuperarle e portarle a terra, pagandone i costi. Adesso, responsabili di queste reti saranno i produttori, a carico dei quali ricadranno i costi. Sarà vietata la produzione di cotton fioc, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini, che non siano fabbricati con materiali sostenibili. Naturalmente la lotta alla plastica impone un grande sforzo di ricerca scientifica e l’Europa ha incaricato l’Agenzia UE per la Chimica di individuare e catalogare l’aggiunta di plastica fatta dalle industrie di cosmetici, detergenti e vernici e le microplastiche originate da pneumatici, tessili e pallet. Qualche volta il tanto vituperato establishment, che altro non è che lo staff istituzionale che deve condurre quotidianamente la macchina amministrativa, è ineludibile. Illuminante, a tal proposito, l’intervista  televisiva della settimana scorsa a Cottarelli, che ha spiegato di avere a volte incontrato, nella sua funzione di osservatore dei conti pubblici, alcuni burocrati troppo pieni di sé, con quattro segretarie, stanzoni esagerati, ma ha aggiunto anche che esistono funzionari e dirigenti competenti e fedeli allo Stato, su cui poter contare. Ecco, su questa parte di “Stato” possiamo e dobbiamo contare. Quando poi ci si lamenta di contare poco, come Italia in Europa, ciò è vero ma avviene perché sulle decisioni comuni che si vanno ad assumere, arriviamo, con i nostri funzionari che si occupano di Europa, molto dopo francesi e tedeschi e si sa che a cose fatte è molto più difficile modificarle (questo è stato sostenuto sia da Cottarelli che dall’ex membro esecutivo della BCE, Lorenzo Bini Smaghi nel suo libro “33 false verità sull’Europa”). A proposito di “Stato” è indicativo il marchiano errore commesso, giorni fa, dal vicepremier Luigi Di Maio, secondo il quale i cittadini “ Non devono fischiare più lo Stato, perché ormai lo Stato siamo noi”. Doppia gaffe: prima perché lo Stato non è il Governo, comprende una serie di istituzioni che si controllano e bilanciano tra di loro, compreso anche l’apparato burocratico; secondo, per lo Stato vige il principio della “continuità giuridica”, non esiste uno Stato di prima che può essere fischiato e uno  del dopo che deve essere applaudito.

 

 

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