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Scatta l’indagine sui “killer” dei datteri a Sant’Angelo

di Marco Gaudini

 

SERRARA FONTANA – Nell’edizione di ieri, abbiamo pubblicato in primo piano, la nostra inchiesta, con tanto di immagini eloquenti, circa la presenza di datteri di mare, sugli scogli utilizzati per rinfoltire la scogliera – lato levante di Sant’Angelo, nel Comune di Serrara Fontana. Molto probabilmente, questi scogli, che sono stati posizionati qualche mese fa, con l’intervento di una draga, derivano da alcuni lavori nell’ambito del progetto di  ‘Protezione e riqualificazione di un tratto di costa sottostante la SP. Cava Grado —Sant’Angelo”  nel Comune di Serrara Fontana. Lavori aggiudicati nel 2015,dalla Città Metropolitana di Napoli, e messi in atto da una ditta “Operazione”.  La scogliera in oggetto, infatti, era stata dissestata dai numerosi marosi, e pertanto necessitava di un intervento di rinfoltimento. È apparso, però, subito preoccupante la presenza di datteri marini all’interno di questi scogli, facilmente visibili ed anche in grande quantità. Come abbiamo ricordato ieri,  questi esemplari, vedono una specifica tutela: il consumo, la detenzione, il commercio e la pesca del dattero di mare, infatti,  sono vietati non solo in Italia, ma in tutti i paesi dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 8 del Regolamento (CE) 1967/2006. Questi pregiati molluschi bivalvi, chiamati datteri di mare (Lithophaga lithophaga) per la somiglianza con gli omonimi frutti, si sviluppano all’interno delle pareti rocciose di pregiati fondali marini dove sciolgono il carbonato di calcio delle rocce e creano una nicchia in cui stabilirsi, per poi richiuderla lasciando solo un foro dal quale filtrare le sostanze nutritive. La pesca dei datteri è molto invasiva e distruttiva nei confronti degli ambienti e dei litorali rocciosi che li ospitano, perciò è vietata. È stato calcolato che per preparare un piatto di linguine ai datteri di mare, è necessario distruggere un metro quadrato di superficie marina: per pescare i datteri, si frantumano infatti interi banchi di scogli. Il Corpo forestale dello Stato è da sempre impegnato a contrastare questa pesca abusiva praticata da veri e propri “bracconieri del mare” che, per assicurarsi guadagni elevati, provocano senza scrupoli danni irreversibili non solo alle pareti rocciose, ma all’intero ecosistema marino. Basti pensare che la crescita di questi molluschi è estremamente lenta e per raggiungere la lunghezza di 5 cm sono necessari da 15 ai 35 anni. Invece sulla nostra isola, si vanno addirittura a posizionare degli scogli, che con ampia probabilità, sono stati prelevati, proprio in uno di quegli ambienti marini, che la legge tutela. La pesca di datteri è, infatti, considerata tra le più distruttive attività che l’uomo possa esercitare su un ecosistema naturale. E’ la principale causa della desertificazione dei fondali marini tanto che la normativa vigente punisce addirittura con l’arresto la raccolta, la detenzione ed il consumo del prodotto ittico. Visto proprio questa particolare tutela, già durante la prima mattinata di ieri, gli uomini della Capitaneria di Porto di Ischia, coordinati dal Comandante, il Tenente di Vascello, Alessio De Angelis, hanno avviato una serie di accertamenti per verificare la regolare esecuzione degli interventi, al fine di approfondire alcuni aspetti, che poi saranno eventualmente comunicati alle Autorità competenti nel caso dovessero emergere elementi di rilievo. Dalle prime verifiche, però, la Capitaneria fa sapere che per ciò che concerne l’iter amministrativo, sono stati seguiti i passaggi giusti, nel rispetto della vigente normativa, con tanto di parere dell’Area Marina Protetta, Regno di Nettuno. Insomma, le “carte” sono in regola, ma è evidente che in questo caso non si tratta solo del rispetto di un iter procedurale, in quanto, quello che è necessario, anzi indispensabile comprendere è la provenienza di questi scogli. Da dove sono stati presi? A che profondità? Secondo quali procedure e tecniche? Sono queste le domande che esigono una risposta, in quanto, anche se è vero che non esiste una specifica norma che disciplini il prelievo di queste rocce, nel caso di specie, se non le generali norme del diritto della navigazione e di alcuni Decreti Legislativi, per analogia, se è severamente vietato pescare, vendere e commercializzare,  i datteri di mare, deve essere altresì vietato estirpare delle rocce da un ambiente marino, con all’interno decine e decine di esemplari di datteri di mare. Inoltre, proprio quelli che vengono chiamati i predatori o bracconieri del mare, molto spesso, per facilitare la “rischiosa” attività illecita di pesca da frodo di datteri di mare, usano rompere pezzi di roccia, che poi trasportano con loro e solo successivamente estraggono i datteri. In quel caso, come sono sanzionati e perseguiti per le norme vigenti, come “predatori” di datteri o come possessori abusivi di rocce? Certamente la confusione normativa che in certi casi si riscontra non agevola anche la trattazione del caso, ma appare evidente, considerato anche la tipologia di roccia utilizzata di natura calcarea, che questi scogli utilizzati per il rinfoltimento a Sant’Angelo, con ampia probabilità sono stati prelevati nelle zone limitrofe. Zone che si trovano, quasi tutte, in aree ad alto vincolo ambientale. In questo modo, quindi, potrebbero configurarsi i reati di distruzione di bellezze naturali, furto di patrimonio indisponibile dello Stato, e visto che si tratta di lavori pubblici, anche quello di truffa ai danni dello Stato. Insomma una serie di gravi violazioni, che potrebbero essere state messa in atto nel silenzio, ma sopratutto nella disattenzione di molti, e che ora, invece, potrebbero venir fuori dagli accertamenti messi in atto, dopo il nostro articolo, dalla Capitaneria di Porto, sempre impegnata nelle azioni volte alla tutela degli ecosistemi marini.

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