CRONACA

Scuola: L’ipocrisia degli assistenti amministrativi facenti funzione di Segretario

Lavoratori buoni e utili per svolgere il lavoro da precari, ma non in grado di assurgere a quelle stesse posizioni stabilmente

La scuola italiana, al di là dei tanti buoni propositi che pervadono i governanti di turno, nella quotidianità delle cose sembra essere sempre uno o più passi indietro rispetto alle reali esigenze di una macchina organizzativa, evidentemente complessa, ma non impossibile da governare.

Un esempio: nel 2018 il Ministero dell’Istruzione bandisce una procedura concorsuale regionale per il reclutamento.Servono 2.004 segretari scolastici (DSGA). Sono 102.900 le persone che partecipano al concorso.

Quest’anno (dopo tre anni) i vincitori di concorso vengono assunti azzerando le rispettive graduatorie, senza risolvere la mancanza dei direttori amministrativi (in effetti sono stati coperti solo i posti del turn over dei colleghi andati in pensione).

Il risultato è che nell’anno scolastico in corso resta una voragine negli organici delle scuole di dimensioni superiori a quella del 2018. Un posto su quattro (25% del totale) è ancora da assegnare.

Posti che, in assenza di graduatorie da cui attingere, vengono ricoperti dagli assistenti amministrativi in servizio nelle scuole, che si trovano a svolgere funzioni superiori a quelle ordinariamente ricoperte.

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«Negli anni – osserva il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi – considerata la cronica incapacità dell’amministrazione scolastica di organizzare un efficace sistema di reclutamento, questi lavoratori sono diventati un autentico esercito che, con pochi soldi e senza poter ambire a partecipare ad una procedura concorsuale che ne consacri il ruolo svolto negli anni, mandano avanti la complicata macchina amministrativa delle scuole.

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Siamo in un vicolo cieco – sottolinea ancora Turi – l’impossibilità di stabilizzarli discende dalle norme restrittive adottate nel tempo che limitano la partecipazione ai concorsi a quanti non sono in possesso di un diploma di laurea magistrale».

Lavoratori buoni e utili, quindi, per svolgere il lavoro da precari, ma non in grado di assurgere a quelle stesse posizioni stabilmente. L’ipocrisia si consolida quando gli stessi lavoratori vengono chiamati a fare da supplenti su posti esistenti. E ancora: mentre i colleghi di ruolo sono assoggettati ad un vincolo quinquennale che li lega alla sede di servizio, i sostituti precari fluttuano ogni anno da una scuola all’altra.

Oggi, uno dei temi cari alla politica del momento è proprio quello dei sistemi di reclutamento.

«Cambiare si può e si deve – conclude Pino Turi – evitando, possibilmente di peggiorare lo stato delle cose. L’approccio alle riforme deve poter fondare su una classe dirigente che conosca e riconosca la storia e le vicende degli uomini che l’hanno attraversata. Si invoca non solo una giustificata sanatoria ma un atto di giustizia sostanziale».

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