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Il caso dell’antenna Vodafone che il colosso delle telecomunicazioni voleva installare nelle campagne della Falanga a Serrara Fontana si chiude con un nulla di fatto: a sentenziarlo, dopo un lungo contenzioso giuridico (e burocratico) i giudici del Consiglio di Stato che hanno preso atto della volontà a non proseguire il ricorso in Appello che era in atto contro il Comune montano

Aveva fatto discutere e non poco, portandosi dietro l’inevitabile codazzo di polemiche e discussioni ma adesso dovremmo davvero essere giunti ai titoli di coda, che ricalcano quelli “scritti” sulla nostra isola già in casi più o meno analoghi. Il caso dell’antenna Vodafone nelle campagne della Falanga di Serrara Fontana si chiude definitivamente per carenza di interesse e contestuale dichiarazione di improcedibilità. Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, si è infatti pronunciato sul ricorso n. 8520 del 2022, presentato da Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A., rappresentata e difesa dall’avvocato Edoardo Giardino, contro il Comune di Serrara Fontana, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesca Maria Cantore, nonché contro il Ministero dell’Interno, il Ministero della Difesa, il Ministero della Transizione Ecologica, il Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato. Il ricorso mirava alla riforma della sentenza n. 5104/2022 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta), resa tra le parti. La causa è stata discussa con relatore il Consigliere Giovanni Gallone.

La vicenda affonda le radici nel tempo ed è stata caratterizzata da pareri espressi e successivamente ritirati a seguito di sopralluoghi, nonché dalla mancanza di documentazione e verifiche ambientali, pur necessarie data la collocazione dell’area in una zona SIC. Dalle carte emerge che Vodafone S.p.A., poi incorporata da Infrastrutture Wireless Italiane S.p.A. (“Inwit”), aveva presentato, con istanza prot. n. 2107 del 18 marzo 2019, un progetto per la realizzazione di una stazione radio base per telefonia mobile nel Comune di Serrara Fontana, prevedendo l’installazione dell’apparecchiatura su una platea in cemento armato di 42 mq. Il Comune di Serrara Fontana aveva rilasciato l’autorizzazione paesaggistica, ritenendo formato il silenzio assenso della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli ai sensi dell’art. 17-bis della legge n. 241/1990. Con provvedimento del 26 agosto 2020, relativo al progetto, il Comune notificava la comunicazione di inizio lavori (prot. n. 2107 del 18 marzo 2019), assistita da Autorizzazione Paesaggistica n. 18 del 23 settembre 2019. Tuttavia, il Servizio Tecnico comunale diffidava la società dal proseguire i lavori, riscontrando difformità rispetto al titolo edilizio formatosi e la mancanza dell’Autorizzazione Sismica nella documentazione tecnica. Con ricorso notificato il 30 ottobre 2020 e depositato il 12 novembre 2020, Inwit impugnava tale diffida dinanzi al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, chiedendone l’annullamento. Il 9 ottobre 2020, con nota prot. n. 7841, il Comune avviava formalmente il procedimento di revoca/annullamento in autotutela. Contestualmente, con ordinanza n. 60 del 9 ottobre 2020, disponeva la demolizione delle opere eseguite e il ripristino dello stato dei luoghi. Infine, con provvedimento prot. n. 9283 del 23 novembre 2020, il Servizio Tecnico e del Paesaggio del Comune revocava l’Autorizzazione Paesaggistica n. 18 del 23 settembre 2019 e il silenzio-assenso precedentemente formatosi, avendo accertato il rilevante impatto ambientale dell’intervento, tale da determinare una modifica permanente dello stato dei luoghi con significativa movimentazione di terreno e realizzazione di un’opera in cemento armato di grandi dimensioni.

Inoltre, non risultava effettuata la Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA), necessaria in quanto l’area interessata si trova ai margini del sito SIC “Corpo centrale dell’Isola d’Ischia” (IT 8030005), istituito con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 3 gennaio 2014. Tale valutazione, secondo consolidata giurisprudenza, si applica sia agli interventi interni alle aree Natura 2000 e alle Zone di Protezione Speciale, sia a quelli esterni che potrebbero comunque avere ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori tutelati, in particolare sulla fauna, inclusa l’avifauna migratoria, e sulla flora. Pur riconoscendo l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, l’ente locale ha ritenuto di non poter consentire l’esecuzione dei lavori in assenza delle necessarie autorizzazioni e misure di tutela. Con atto di motivi aggiunti notificato il 7 dicembre 2020 e depositato il 20 dicembre 2020, Inwit impugnava anche tali provvedimenti, ampliando le proprie censure. Nel corso del giudizio, il T.A.R. disponeva due verificazioni ai sensi dell’art. 66 c.p.a.: la prima affidata al Responsabile del Provveditorato Interregionale per la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata per accertare la corrispondenza dell’intervento ai progetti presentati; la seconda affidata al Responsabile della Direzione Generale per il Patrimonio Naturalistico del Ministero della Transizione Ecologica per valutare l’eventuale impatto ambientale sull’area SIC. All’esito del giudizio, il T.A.R. respingeva il ricorso, compresi i motivi aggiunti. Con ricorso notificato il 25 ottobre 2022 e depositato il 9 novembre 2022, Inwit proponeva appello contro la suddetta sentenza, chiedendone la riforma. Tuttavia, il 6 novembre 2024, il colosso delle telecomunicazioni dichiarava la sopravvenuta carenza d’interesse a proseguire il ricorso in appello, chiedendone la declaratoria di improcedibilità con compensazione delle spese di lite. Di conseguenza, l’appello è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), pronunciandosi definitivamente sull’appello, ne ha dichiarato l’improcedibilità, con compensazione delle spese di giudizio e chiudendo così un contenzioso capace di durare cinque anni prima di “sciogliersi” come neve al sole.

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