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Senza i luoghi della cultura non c’è coinvolgimento e partecipazione

Di Michele Romano

PROCIDA – In questi giorni, dentro la polis micaelica, utilizzando un linguaggio della liturgia cattolica, abbiamo assistito e partecipato all’estrema unzione della trentennale esperienza del premio letterario “Procida Isola di Arturo Elsa Morante”. Con titoli di coda melanconici, tristi e patetici. Perché si è giunti a tale compimento? Certamente, in minima parte, da una usura temporale ma, in ampia misura, dal peccato originale di nascita cioè evento elitario da effetto luce e non  elemento simbiotico ed armonico del connubio cultura e territorio, tanto da essere percepito dalla comunità procidana come qualcosa di estraneo. I cerimonieri di tale atto sono stati gli esponenti del nuovo ceto dirigente i quali hanno comunicato come tale istituzione cambierà, del tutto pelle, articolandosi in vari organismi: la giuria dei cosiddetti “dotti”, la giuria popolare degli “ipotetici” lettori forti, un comitato scolastico ed altre varie. Questa impostazione, come primo impatto, sembra voler recepire l’idea che, se un Ente locale vuole sostenere e rendere basilare per la sua storia, per le sue memorie, per il suo futuro progressivo, una iniziativa di tale spessore, deve sviluppare una partecipazione dell’intera collettività. Ma, appena il pensare sopraggiunge all’elemento sensitivo, emergono dall’attuale divenire politico profili contraddittori che inducono alla perplessità. Tale reazione deriva dal fatto che, allo stato attuale, mancano le fondamenta che inducano ad incamminarsi ed orientare una nuova “ecclesia” di persone verso una attitudine al coinvolgimento e partecipazione cioè i luoghi dove risiede la cultura integrata attraverso le sue espressioni bibliotecarie, museali e di accoglienza a cercare di rispondere all’isolamento e alla solitudine di singoli, di nuclei familiari, di anziani, di donne, di adolescenti, di bambini, di migranti e marginati di ogni ordine e specie. A tal proposito ritengo che la struttura esista e sta lì teneramente ad aspettare, mi riferisco al Palazzo della Cultura a Terra Murata, così come facilmente reperibili sono risorse umane, a costo zero. Questo potrebbe, e dovrebbe, essere il punto vitale dell’isola in cui le Grancie, le Associazioni e tutto quanto ruota intorno ad esse confluiscono rappresentando, realmente, il cuore pulsante dell’intera collettività.

Per fare ciò è sufficiente possedere la chiarezza della priorità di tali contenuti e il coraggio di abrogare comodati d’uso gratuiti ad istituzioni, sebbene prestigiose, che da saprofiti ne beneficiano sottraendo utili alle precarie casse comunali. Se ciò non si trova in alcun modo all’ordine del giorno, il cambiar verso al Premio rischia di differenziarsi dalla precedente, alquanto fallimentare esperienza, soltanto da una presenza elitaria più ampia ed allargata ma attigua e consequenziale ad essa dentro il solco del “peccato” originale di corpo estraneo alla cittadinanza isolana.

Affinché ciò non si ripeta bisogna abbandonare l’idea effervescente di considerare la funzione delle iniziative culturali come un atto decorativo e autoreferenziale di chi guida il piroscafo e di appropriarsi di una visione coinvolgente nella totalità.

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