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Serrara e il giallo della morte di Renata, la verità arriva dalla tv?

ISCHIA.  Ieri mattina, presso il collegio A dell’Ottava sezione penale del Tribunale di Napoli in funzione di riesame si è discusso il ricorso di Raffaele Napolitano, sottoposto agli arresti domiciliari dal Gip in seguito all’episodio dove trovò la morte la sua compagna, Renata Czesniak. I magistrati dovevano esaminare ben dodici provvedimenti cautelari, l’ultimo dei quali era quello che ha disposto gli arresti domiciliari per il 39enne di Serrara Fontana. I legali di fiducia dell’isolano, gli avvocati Francesco Pero e Daniele Trofa, hanno depositato un documento difensivo che solleva diversi dubbi nei confronti della ricostruzione offerta dall’unico testimone presente sulla scena della tragedia. In particolare, la difesa ha portato nuovi elementi in ordine alle tempistiche e alla successione degli avvenimenti di quella notte tra il 12 e il 13 gennaio. Nell’ordinanza del Gip veniva in rilievo il lasso di tempo intercorso tra la fine della trasmissione televisiva “C’è posta per te” e la chiamata al 118 per soccorrere la donna priva di sensi dopo la caduta. Il magistrato circoscriveva la conclusione della trasmissione tra le 23 e le 23.30. Gli avvocati hanno depositato un tabulato fornito da Mediaset (l’azienda che trasmetteva quel programma) dal quale risulta che la trasmissione si sarebbe conclusa alle ore 00.55. La circostanza cambierebbe radicalmente la valutazione del comportamento di coloro che erano presenti in casa al momento del dramma, in quanto l’arrivo dei soccorsi è fissato alle ore 1.20-1.30. In tal modo verrebbe a cadere la ricostruzione secondo cui i presenti avrebbero atteso ore prima di chiamare i soccorsi,  non curandosi di una persona esanime o addirittura morta, perché incapaci di gestire una tale situazione. Gli elementi forniti dalla difesa portano invece a delineare soltanto mezz’ora di tempo massimo tra la caduta della donna e l’arrivo dei soccorsi, un tempo plausibile considerando quello necessario per la chiamata (che viene ricevuta a Pozzuoli), lo smistamento della richiesta al presidio isolano, e i minuti necessari ad arrivare all’abitazione. Va infatti ricordato che nelle testimonianze rese alle forze dell’ordine fu ribadito che la caduta della donna avvenne dopo la conclusione della trasmissione televisiva.

La difesa ha anche sottolineato che il Gip, circa le dichiarazioni rese dal fratello dell’indagato in ordine a episodi di violenza domestica precedenti, non aveva compreso tali dichiarazioni nella motivazione dell’ordinanza che disponeva la misura cautelare. Un elemento che contribuisce a contestare l’esistenza del pericolo di reiterazione del reato: il fratello del Napolitano aveva spiegato che la donna faceva spesso abuso di alcol, un comportamento che la rendeva soggetta a frequenti perdite di equilibrio, una delle quali si era verificata proprio quella sera, quando Renata era uscita fuori dall’appartamento, con l’intenzione apparente di recarsi da un conoscente, prima di venire aiutata a rialzarsi e a riguadagnare l’interno dell’abitazione. Dunque le ecchimosi riscontrate non sarebbero addebitabili a un qualche gesto violento consumatosi quella sera.  Inoltre, anche se non c’è ancora l’ufficialità, l’esame autoptico escluderebbe ferite al capo: già nell’imminenza dell’intervento di soccorso, gli addetti del 118 avevano annotato nel verbale che non risultavano segni o indizi di morte violenta.

La discussione dei due penalisti ha toccato sinteticamente i vari punti dell’ordinanza del Gip, dalla ricostruzione dei fatti alla mancanza dello stato di flagranza o semiflagranza, e ovviamente alla mancanza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione alla contestazione più grave ipotizzata dalla Procura, quella di omicidio preterintenzionale aggravato. Tale affermazione contenuta nell’ordinanza costituisce una delle architravi del ricorso, dal momento che le esigenze cautelari sostenute nel provvedimento sono unicamente ricondotte al reato di maltrattamenti in famiglia, fattispecie che giocoforza non è più configurabile, e che dunque nella prospettazione difensiva rende insussistente il pericolo di reiterazione. E di conseguenza non vi sarebbe più necessità di mantenere la misura degli arresti domiciliari.

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