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Ischia. Quella che vi raccontiamo è una storia incredibile, una storia tutta italiana, o meglio se vogliamo tutta ischitana. Di privilegi acquisiti nel corso del proprio percorso lavorativo e che si crede debbano rimanere tali anche quando si è maturato il diritto alla pensione. Ma soprattutto di enti e istituzioni che si muovono con pachidermica lentezza o addirittura – ma questo non vogliamo nemmeno pensarlo – fanno finta di non vedere e si girano dall’altra parte. Questa è la storia di una casa contesa, di un appartamento (anche di tutto rispetto) che non appartiene a chi lo abita e che dovrebbe essere lasciato libero, ma tutto questo non succede. Prima di andare avanti, però, è il caso di fare chiarezza su quella che sembra davvero una vicenda kafkiana.

 

LE CASE CANTONIERE? LIBERATE TUTTE, TRANNE CHE A ISCHIA

 

In tutta la Campania c’erano, fino a poco tempo fa, sessanta stazioni di rilancio (o pompaggio che dir si voglia) e telecontrollo dell’acqua potabile nella rete idrica, con annessi altrettanti alloggi a disposizione del personale in servizio (le cosiddette “case cantoniere”), alloggi che hanno dovuto essere liberati in seguito alla riorganizzazione dell’adduzione e della distribuzione e, quindi, alla cessione di questi impianti ad altri enti gestori o aziende. Il personale che viveva in queste case, a volte insieme alla famiglia, ha abbandonato – giustamente – gli immobili occupati. Ovunque, o forse, quasi ovunque. Perché tutto ciò ad Ischia non accade. O, diciamo meglio, non accade completamente. E già, perché sulla nostra ridente isola  abbiamo due immobili al servizio di serbatoi idrici e/o centrali di sollevamento, fino a poco tempo fa di proprietà della Regione, che sono stati ceduti gratuitamente da questa all’EVI, il gestore idrico locale. Una manna dal cielo per il presidente Pierluca Ghirelli, che è riuscito ad accaparrarsi due immobili nei quali trasferirà gli uffici dell’EVI, così da liberarsi dalla schiavitù degli affitti da pagare, grazie a quella che definì, proprio sul “Golfo”, una “entente cordiale” tra la stessa azienda di cui veste il ruolo di liquidatore e la Regione Campania: un nuovo rapporto, cioè, improntato alla massima disponibilità reciproca. E anche alla convenienza, visti i risultati.

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PIETRO GIANGRANDE E LA RESISTENZA A OLTRANZA

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Tra l’altro l’EVI ha obiettiva necessità di trasferirsi dai locali attualmente in uso, perché – come scrisse il dott. Ghirelli – “presentano aree di problematicità relativa a parziali inagibilità e spazi ristretti”. Senza contare che, con le nuove sedi, si potrà creare un punto di riferimento anche per gli utenti di Forio e di Serrara Fontana. E scusate se è poco, verrebbe voglia di aggiungere. Ma, mentre in uno di questi “palazzi”, proprio a Forio, in località Cuotto, il “cantoniere” è andato via senza fare storie, ad Ischia, nel complesso situato all’incrocio tra via Nuova dei Conti e via Delle Querce, è scoppiata una resistenza furibonda. Un qualcosa di quasi romanzesco, e che forse proprio in questa maniera meriterebbe di essere raccontato.

Qui, in uno stabile, vive Pietro Giangrande, un tempo dipendente della Regione Campania: sì, perché in realtà quest’uomo è già in pensione da diversi anni! Il cantoniere di via Nuova dei Conti, insomma, non solo non vuole lasciare l’alloggio ceduto dalla Regione all’EVI (e dove vive insieme a tutta la sua famiglia), ma non è neanche più un dipendente regionale in servizio attivo e, quindi, lo occupa assolutamente senza titolo.

L’INTIMAZIONE DI SGOMBERO ENTRO FINE OTTOBRE

A guardare le normative vigenti sembrerebbero proprio non esserci dubbi a riguardo: L’EVI ha tutto il diritto di entrare in possesso delle sedi che gli sono state donate, anche perché, secondo la legge regionale n. 15/2015, istitutiva dell’Ente Idrico Campano (che gestirà tutto il settore in sostituzione dei vecchi ATO), i “soggetti che gestiscono il servizio idrico integrato in base ad un affidamento assentito in conformità alla normativa pro tempore vigente” (in attesa, si intende, del nuovo soggetto gestore unico che verrà scelto dall’EIC), quale è appunto l’EVI, devono poter disporre di tutte le infrastrutture e le pertinenze collegate al servizio: concetto di buon senso, prima ancora che normativo.

Sembra che – e questa è una piccola consolazione – la Regione, non se ne sia rimasta con le mani in mano. Gli atti dicono che esiste una intimazione di sgombero, inviata dall’Ufficio del Demanio Regionale, al sig. Giangrande, che dovrà lasciare l’immobile occupato abusivamente entro il 31 ottobre 2018. Se non che, già in precedenza, l’ex dipendente regionale aveva chiesto il rinvio dello sgombero in attesa di trovare un altro alloggio dove spostarsi: perché questo debba essere un problema della Regione e, quindi, dell’intera collettività, non è chiaro, ma tant’è.Da Palazzo Santa Lucia hanno avuto anche troppa pazienza, in effetti, visto che la storia dello sgombero è iniziata addirittura a gennaio, ed il Giangrande è ancora lì. Anche se non mancano i maligni che sottolineano come l’azione non sia stata immediatamente incisiva e soprattutto portata avanti in maniera “unanime” dagli uffici preposti, ma questo è un altro ragionamento. Ma in tutto questo non possiamo non chiederci che cosa stia facendo l’Evi. Se è vero come è vero che ha competenze in materia, così come accennato poco fa relativamente alle attuali leggi, perché anche dagli uffici di via Leonardo Mazzella non ci si muove per accelerare un processo obiettivamente non più procrastinabile? Misteri ai quali pare davvero impossibile dare una risposta. A meno che non ce la forniscano lor signori, se lo riterranno opportuno.

Gaetano Ferrandino

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