Serrara Fontana: una sagra, il suo fascino, la sua storia
La storia di un evento che ha visto i giovani raccogliere il testimone di una tradizione locale facendosene eredi diretti e diventandone “proprietari”: l’encomiabile lavoro della pro loco racconta il successo dell’edizione 2023
DI ARIANNA ORLANDO
Descrivere la storia della sagra più antica dell’isola, che dal ’76 giunge a noi oggi per strade contorte e sentieri complessi, è un atto necessario per spiegare con quanta volontà e con quanta energia i giovani hanno raccolto il testimone della tradizione locale e se ne sono fatti eredi diretti e al contempo ne sono diventati però”proprietari” e si lasceranno ereditare dal futuro anche loro, come è già successo nel passato. Il lavoro della Pro Loco tutta è stato encomiabile e di fatto la serata del 3 agosto 2023 non ha avuto intoppi ed è fluita leggera verso l’alba.
Tutto nella sagra del 2023 ha preteso di discostarsi dall’idea che questo evento fosse alla fin fine una grande grigliata con sottofondo musicale e si è legittimamente collocata invece nei luoghi della tradizione immortale e del ricordo pre-metropolitano e nello spazio tra la radice e il seme. Le qualità organolettiche della sagra si condensavano tutte tra il capo e il collo della piazza Arturo Trofa: lì all’altezza del Polifunzionale di Fontana si collocava in pole position la spina dorsale della sagra. I caratteristici banconi gialli, a mo’ di vertebre, si snodavano lungo una linea spezzata aperta e, se davanti la fila degli ospiti finiva e si riproduceva di continuo, dietro di loro un gruppo proficuo di persone lavorava infaticabilmente per permettere la riuscita dell’evento. Vino e panino a base di salsiccia a Km 0, la cui composizione richiede tutta l’esperienza del macellaio Michele Mattera, sono stati la combinazione vincente per la 44esima volta nella storia della sagra e alle ore 22 circa di una serata che si svuotava per riempirsi di musica e odori, si registrava già il “tutto esaurito”.
L’allestimento di un museo contadino cui ha partecipato con l’esibizione di due statue il famoso artista scultore ischitano e fontanese Nicola Gioba, ha incantato gli ospiti della serata perché ha creato un visibile squarcio nel tempo contemporaneo e ha permesso di visionare un’istantanea viva e in movimento sul passato che appartiene al popolo che abita queste terre e questi luoghi. Al contempo però l’attività laboratoriale di balli e musiche tradizionali, a cura di Agnese Santo, Nicoletta Gallo, Fernanda Mattera, Valentina De Rienzo, Nunzia Cardola e Laura Di Massa , ha creato un legame che non è solo eredità parentale o familiare tra la radice e il luogo ma anche innamoramento spontaneo infuso nei più giovani attraverso la conoscenza e il graduale riconoscimento del nostro passato.
Tutto questo è avvenuto nella sera del 3 agosto mentre il gruppo di musica ‘A paranza ro’ Lione accendeva gli animi degli ospiti gradevolmente inebriati dal calore e dal colore dell’atmosfera e quando ormai lo spettacolo era finito e la tradizione lasciava spazio alla musica di dj Andy e di dj Faber “tutto ormai era compiuto” e tra gli organizzatori si diffondeva un’aria di soddisfazione e orgoglio che non cedeva alla stanchezza forza di avvincerli. E tra questi, tra gli organizzatori della sagra di Fontana, la più antica dell’isola, giunta alla edizione n.44, non abbiamo potuto fare a meno di notare il fervore che animava un giovane di 28 anni compiuti in aprile: un viaggiatore di sangue italiano e spagnolo, un cuoco che attraverso le strade del mondo è giunto a Copenhagen e lì lavora presso un importante ristorante.
Si chiama Daniele Mira e di lui Roberto Monaco, segretario della pro loco e anima determinante di questa sagra, ha detto “quante volte, per ore, io e Daniele ci siamo visti a Copenaghen e da Copenaghen abbiamo pensato e organizzato la sagra. Daniele ha preso le ferie appositamente per questo evento, il giorno dopo è già partito per tornare in Danimarca. È stato instancabile, ha partecipato al montaggio dei banconi, ha organizzato e diretto la sequenza dei lavori, ha lavorato instancabilmente”. E noi effettivamente lo abbiamo visto: era davanti ai banconi per montarli nella sequenza ideale, era dietro di loro per sovrintendere alla perfetta realizzazione della serata. Era fermo nelle idee ma dinamico nel correre tra una cosa e l’altra, era loquace con gli ospiti e allo stesso tempo incapace di dire le parole di troppo che “facessero disperdere tempo”. Dosava le azioni, calcolava i tempi e le distanze. Ma cosa avrebbe potuto pure lui, così industrioso, senza l’aiuto di tutti i collaboratori? Quelli che facevano cantare le griglie, domavano il fuoco vivo sotto le salsicce donandoci un prodotto dal sapore indimenticabile, quelli ai banconi che farcivano i panini senza darsi alla festa ma facendo la festa, quelli alle casse e alle distribuzioni delle bibite che erano il punto fermo in mezzo al movimento in ordine di tutte le altre componenti: costoro hanno fatto la sagra!
E chissà, avrebbero immaginato in quell’anno del ’76 o ancora prima, quando si celebrava la festa del raccoglimento della neve dalle fosse della Falanga con saraghi arrostiti, che I ragazzi del nuovo 23 sarebbero stati tanto vitali e coraggiosi nel riprendere la tradizione nonostante le distrazioni della nostra epoca veloce, nonostante le seduzioni delle tecnologie e le tentazioni del moderno?
Pavese diceva che un paese serve se non altro per sapere che esiste qualcosa da cui tornare ma a Fontana si è raggiunta l’idea che per tornarvi, per tornarvi davvero, bisogna restituirsi l’autenticità del passato. Anche i fontanesi di Fontana che non sono mai andati via devono tornare e la Sagra del Vino e della Saucicciata è un evento che non dovrebbe e non deve fermarsi al suo giorno di agosto ma continuare tutto l’anno in una dimensione irreale di passato rinnovabile.