CRONACA

Serrara vince ma il Tar “bacchetta” il Comune sui tempi dei condoni

In una sentenza che vedeva contrapposti l’ente ed il gestore di una struttura ricettiva viene stigmatizzata «l’abnorme durata dei procedimenti per l’eventuale rilascio di sanatorie»

Vittoria per il Comune di Serrara Fontana al Tribunale Amministrativo regionale. I giudici della sesta sezione hanno respinto il ricorso proposto dalla società REPA s.a.s. di Pascale Giuseppe per l’annullamento del provvedimento del 28 aprile 2015, prot. n. 3319, a firma del responsabile del Servizio Tecnico del comune di Serrara Fontana, nella parte in cui, con specifico riferimento alle porzioni del complesso turistico -ricettivo all’insegna “Hotel Residence S. Angelo” è stata rigettata l’istanza presentata dalla ricorrente, in data 5 maggio 2015 per “la continuità di utilizzazione degli immobili con destinazione residenziale o produttiva per i quali sia consolidato un uso già in atto alla data di ultimazione prescritta dalla legge per la presentazione delle istanze di sanatoria e certificata nell’istanza di condono, ancorché in assenza di formale certificato di agibile/abitabile”.  

Con il ricorso la società REPA s.a.s. di Pascale Giuseppe – proprietaria del complesso turistico – recettivo “Hotel Sant’Angelo”, sito nel Comune di Serrara Fontana, ha chiesto l’annullamento di una determinazione comunale relativamente alla parte in cui ha rigettato l’istanza presentata in data 5 maggio 2015, avente ad oggetto la prosecuzione delle attività svolte su immobili interessati dalla presentazione di una domanda di condono, nelle more della definizione del relativo procedimento ed anche in assenza della previa acquisizione del certificato di agibilità. La società proprietaria del complesso immobiliare turistico ha presentato nel corso degli anni alcune domande di condono non ancora esitate all’amministrazione, stante l’omessa redazione ed approvazione, da parte del Ministero dei beni ambientali e culturali con il supporto dei Comuni interessati, del piano di dettaglio delle opere abusive, prescritto dall’art. 19 delle norme di attuazione del suddetto P.T.P.. La società REPA s.a.s. ha continuato ad esercitare la propria attività nelle zone del complesso turistico per le quali aveva posto in essere domanda di condono in virtù della deliberazione del Consiglio comunale n. 14 del 2 luglio 2013, favorevole a consentire la continuazione ed utilizzazione per gli “immobili con destinazione residenziale o produttiva per i quali sia consolidato un uso già in atto alla data di ultimazione prescritta dalla legge per la presentazione delle istanze di sanatoria e certificata nella istanza di condono, ancorché in assenza di formale certificato di agibilità/abitabilità, purché siano verificati la sussistenza dei requisiti di salubrità, di igiene, di sicurezza, prescritti dalla legislazione vigente per la specifica destinazione d’uso, che gli uffici accerteranno, ognuno per quanto di competenza, anche mediante certificazioni di parte, come previste dall’art. 25 del DPR 6.6.2001, n. 380″.

Il Comune di Serrara, però, all’esito all’istruttoria svolta, ha rigettato l’istanza presentata dall’interessata, relativamente a specifiche opere le quali avevano costituito oggetto di rituale presentazione della domanda di condono. I giudici della sesta sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, hanno rilevato «la palese ed assoluta inidoneità della deliberazione del Consiglio comunale di Serrara Fontana n. 14 del 2 luglio 2013, assunta a fondamento della pretesa sostanziale azionata nel presente giudizio, a legittimare la prosecuzione delle attività turistico- recettive nelle strutture oggetto della presentazione di domande di sanatorie straordinaria, nelle more della conclusione dei relativi procedimenti». «A prescindere da ulteriori considerazioni, emerge, infatti, – si legge nella sentenza – l’erroneità delle premesse dalle quali muove la sopra indicata deliberazione e l’evidente travisamento di un orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato e condiviso che, in piena conformità alla disciplina normativa di riferimento, ha reiteratamente affermato la preclusione per l’amministrazione di procedere all’adozione di provvedimenti sanzionatori edilizi in assenza della previa definizione del procedimento scaturente dall’istanza di sanatoria senza mai avallare l’ammissibilità di pretese ad una prosecuzione di utilizzazione dei manufatti abusivi in assenza dei presupposti di legge».

Nell’argomentare la sentenza con la quale si rigetta la richiesta presentata dalla società proprietaria del complesso turistico, i giudici del tribunale amministrativo regionale hanno sottolineato come  «in pendenza delle domande di condono nessuna prosecuzione provvisoria delle attività avrebbe potuto essere legittimata nei manufatti abusivi, privi del certificato di agibilità e delle autorizzazioni prescritte dalla legge; sebbene il principio dispositivo escluda, come già rilevato, la possibilità per questo Giudice di travalicare i limiti della domanda, con la conseguenza che il rigetto del ricorso non determina alcuna incidenza sulla parte del provvedimento che non ha neppure costituito oggetto di impugnazione, non può che sollecitarsi l’amministrazione alla più celere definizione, come da obbligo su essa gravante e tenuto conto del considerevole arco di tempo già decorso, delle domande di condono presentate dalla ricorrente». I giudici amministrativi sottolineano un concetto già ribadito più volte: «Su di un piano più generale, si osserva che l’abnorme durata dei procedimenti di condono non giustifica legittimazioni provvisorie alla prosecuzione dell’utilizzazione ed allo svolgimento delle attività insediate nei manufatti abusivi, le quali, a loro volta, rischiano di assumere, di fatto, una connotazione di tendenziale definitività, in violazione delle disposizioni di legge e con il grave rischio di vulnerazione dei plurimi interessi che vengono in rilievo, ben potendo, peraltro, la ricorrente attivare gli ordinari rimedi previsti dall’ordinamento per superare l’inerzia dell’amministrazione».

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