CRONACAPRIMO PIANO

«Serve un nuovo patto con la natura»

I violenti nubifragi come quelli che hanno nuovamente flagellato l’isola lo scorso 23 settembre punto di partenza dell’intervista con l’assessore regionale Bruno Discepolo. Focus sulla fragilità del territorio, su una nuova consapevolezza e anche su Ischia caso emblematico del conflitto tra uomo e ambiente. E sul piano di ricostruzione…

Bombe d’acqua sempre più frequenti, frane, alluvioni. Ischia, isola splendida ma fragile, ne è spesso un simbolo. Colpa dei cambiamenti climatici, certo, ma anche di un rapporto difficile e mal gestito con il territorio. In che cosa serve un’inversione di tendenza e dove invece si è già cominciato a cambiare rotta?

«Negli ultimi anni è maturata una consapevolezza diversa, più profonda, rispetto alla fragilità dei luoghi in cui viviamo. Abbiamo finalmente capito che questi territori non sono risorse illimitate da sfruttare, ma ecosistemi delicati che meritano cura, rispetto e attenzione. Per decenni, invece, più che di mancanza di cura si è trattato di una vera e propria manomissione del territorio: costruzioni dove non si poteva costruire, cementificazione selvaggia, disboscamenti, mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua. Tutto questo ha reso il nostro rapporto con la natura profondamente squilibrato».

E nel caso di specie, per quanto riguarda l’isola?

«Ischia è un caso emblematico di questo conflitto tra uomo e ambiente. Gli eventi calamitosi del 2017 e del 2022 ci hanno mostrato in modo drammatico quanto la situazione fosse ormai insostenibile. Quelle tragedie hanno segnato una svolta: hanno costretto tutti noi, istituzioni e cittadini, a riflettere sulla necessità di cambiare paradigma. Se vogliamo davvero convivere con il nostro territorio, dobbiamo farlo in un equilibrio nuovo, positivo e virtuoso, che non consideri la natura un ostacolo, ma una compagna di vita da proteggere. «Per questo è nato il Piano di ricostruzione di Ischia. È stato un lavoro complesso, durato mesi, che ha coinvolto un ampio ventaglio di competenze: scienziati, tecnici, geologi, urbanisti, amministratori locali, ma anche i cittadini. Tutti hanno dato un contributo prezioso per arrivare a un progetto condiviso che non si limitasse a “ricostruire” ciò che era andato perduto, ma puntasse piuttosto a ricucire il rapporto tra uomo e territorio, mettendo al centro la sicurezza e la prevenzione.»

«Per decenni abbiamo manomesso il territorio: costruzioni dove non si poteva, cementificazione selvaggia, disboscamenti, mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua. Tutto questo ha reso il nostro rapporto con la natura profondamente squilibrato»

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Che cosa ha prodotto, concretamente, questo piano?

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«Il risultato risponde è una sintesi che oggi rappresenta, a mio avviso, un modello unico in Italia nel campo della ricostruzione post-calamità. È il primo piano che adotta uno sguardo davvero complessivo: non si concentra soltanto sulle opere da realizzare, ma integra in un’unica visione la sicurezza del territorio, la qualità dell’ambiente, la sostenibilità economica e la vita quotidiana delle persone. È un piano che tiene conto di tutto ciò che concorre a rendere un luogo vivibile e sicuro. Oggi, infatti, siamo sempre più consapevoli che non è solo il cambiamento climatico a mettere in crisi il nostro equilibrio con l’ambiente. C’è anche un problema strutturale: la difficoltà crescente di garantire sicurezza e benessere in contesti in cui l’intervento umano ha spesso aggravato i rischi naturali. Il piano di Ischia nasce proprio per rispondere a questa sfida: non si tratta solo di ricostruire dopo il disastro, ma di prevenire il prossimo.»

«A Ischia gli eventi calamitosi del 2017 e del 2022 ci hanno mostrato in modo drammatico quanto la situazione fosse insostenibile. Quelle tragedie hanno segnato una svolta: hanno costretto tutti noi, istituzioni e cittadini, a riflettere sulla necessità di cambiare paradigma»

Il piano, però, ha suscitato anche qualche polemica. In che misura la versione finale è stata condivisa con le comunità locali e risponde davvero alle loro esigenze?

«È vero, il piano ha generato un dibattito acceso, ed è comprensibile. Parliamo di un documento che tocca questioni vitali: le case, i luoghi, i ricordi, il futuro delle persone. Tuttavia, ci tengo a precisare che il piano non risponde alle esigenze di chi l’ha redatto, ma a quelle della collettività. Chi vi ha lavorato lo ha fatto con grande senso di responsabilità, avendo come unico obiettivo la tutela dei cittadini e del territorio. Abbiamo cercato di trovare il punto più alto di equilibrio possibile tra la necessità di mettere in sicurezza le comunità e quella di non stravolgere la vita delle persone. C’era anche il rischio, reale, di dover delocalizzare gran parte della popolazione da aree risultate più a rischio di quanto si pensasse. Evitare questo scenario, senza però compromettere la sicurezza, è stato uno degli aspetti più complessi del nostro lavoro».

«Il piano tocca questioni vitali: le case, i luoghi, i ricordi, il futuro delle persone. Tuttavia, ci tengo a precisare che il piano non risponde alle esigenze di chi l’ha redatto, ma a quelle della collettività. Chi vi ha lavorato lo ha fatto con grande senso di responsabilità, avendo come unico obiettivo la tutela dei cittadini e del territorio»

E l’operazione è riuscita?

«Alla fine siamo riusciti a individuare una soluzione condivisa. L’11 agosto si è tenuta l’ultima conferenza dei servizi di pianificazione, e tutti i soggetti istituzionali coinvolti – la Regione, il Commissario di Governo, l’Autorità di bacino distrettuale, il Ministero della Cultura, la Città Metropolitana e i tre Comuni interessati – hanno votato a favore della proposta finale. Abbiamo accolto tutte le osservazioni che potevano essere integrate senza snaturare l’impianto del piano. È naturale che qualcuno possa ancora non sentirsi pienamente soddisfatto: fa parte della complessità del processo e della natura democratica di un progetto partecipato. Ma, considerando le premesse e le difficoltà iniziali, credo sinceramente che abbiamo fatto un buon lavoro, e che Ischia possa ora guardare al futuro con più fiducia».

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