CRONACA

Il caso CPL sei anni dopo, Casari: ora guardo al futuro

Sono passati più di sei anni dallo scandalo CPL Concordia che come si ricorderà scosse anche la nostra isola con l’emissione di ordinanze di custodia cautelare. A distanza di tanto tempo, l’allora presidente della coop modenese torna a parlare con il portale Lapresse rispondendo ad alcune domande. E noi vi riportiamo uno stralcio di questo faccia a faccia.

In questi anni ha maturato una interpretazione sulla genesi dell’intera vicenda?
‘Credo che la mia vicenda giudiziaria dimostri come l’ordinamento giuridico vada profondamente ripensato. Parliamo per paradossi e immaginiamo un incontro tra tre amici: un politico, un giornalista e un magistrato. Immaginiamo che queste tre persone decidano a tavolino di attaccare un imprenditore o una azienda o anche un partito. Ecco, io credo che con una strategia simile per chiunque la difesa diventerebbe complicata. Nel mio caso bastò che qualcuno non escludesse rapporti con la camorra per distruggere una società centenaria con 1800 dipendenti diretti e oltre 1000 indiretti e mai toccata da nessuna inchiesta, neppure nel periodo di Tangentopoli. Noi, in Cpl, eravamo tutti incensurati. Questa ormai però è storia. Ora guardo di nuovo al futuro con serenità, come ho sempre fatto’.

Giusto guardare al futuro, ma chi paga per l’odissea che lei ha dovuto subire?
‘Siamo in un Paese dove nessuno paga e dove è possibile infangare un manager sulle basi di dichiarazioni di sedicenti pentiti. Con tutto il rispetto per il lavoro dei giudici della Dda di Napoli, non riesco ancora a capacitarmi di come le parole di un parlamentare e componente della Commissione Antimafia, come Diana, potessero valere meno ed essere meno attendibili di quelle di un ex camorrista che si diceva pentito. Ho sempre agito con correttezza e onestà a prescindere dalle convenienze per questo avevo la coscienza pulita e, al termine del processo, mi è stato riconosciuto anche dai giudici. Purtroppo però queste precondizioni possono non bastare da sole a evitare di finire nel tritacarne mediatico e giudiziario. Il mio vecchio presidente Cpl Tanferri il carcere e le torture le subì davvero da comandante partigiano a opera dei fascisti e dei nazisti, i quali lo sottoposero al supplizio terribile della famosa “giostra” per tentare (inutilmente) di estorcergli i nomi dei suoi compagni partigiani. Egli mi ha più volte ripetuto che per essere assolti non è sufficiente essere innocenti, ma occorre avere un buon avvocato e soprattutto incontrare sul proprio cammino processuale un giudice che comprenda le ragioni della difesa’.

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