LE OPINIONI

Sfatato il mito degli Omega 3

Secondo i dati di uno studio decennale, i benefici degli integratori di Omega 3 per la prevenzione delle malattie cardiovascolari sono inesistenti

Dopo 90 anni e circa 20.000 studi pubblicati, è sempre più chiaro che tutti gli effetti benefici (quelli su cuore, vasi sanguigni e cervello a quello sul cancro, passando per la sfera gravidanza-allattamento, l’umore, l’obesità e quant’altro), attribuiti agli acidi grassi omega 3 – sono solo frutto di abilissime campagne di marketing, perché di scientificamente provato non c’è di fatto quasi nulla. Tranne un loro potenziale effetto benefico in chi non mangia pesce e presenta uno stato carenziale.

L’epidemiologa di Harvard Manson ha dato il via, nel 2010, al primo studio di grandi proporzioni. Secondo quanto osservato, l’assunzione di omega 3 non ha alcuna influenza sul rischio di ictus, né su quello di sviluppare un tumore della mammella, della prostata o del colon retto né sui decessi associati al cancro, o sulla mortalità in generale.

Chi, perché non ama il pesce o mangia solo 150 gr di pesce a settimana dovrebbe supplementare. Invece, aumentando il consumo, 3 – 4 porzioni a settimana, gli effetti si notano sempre di meno fino a scomparire, a riprova del fatto che sarebbe sufficiente introdurre nella dieta il pesce fresco per evitare di dover ricorrere ai supplementi.

Entusiasmi ridimensionati

Gli studi recenti tendono a ridimensionare di molto il ruolo degli Omega-3 nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. E un contributo pesante al dibattito lo aggiunge l’ultima revisione di studi del Cochrane Heart Group, di cui sono stati appena resi noti i risultati: consumare Omega-3, di per sé, influisce poco o nulla sul rischio di morte in generale, sul rischio di malattie cardiovascolari, ictus e infarti. Il dato è più chiaro per gli integratori, molto meno per la dieta. Insomma, prima di rottamare i consigli cui siamo abituati (ad esempio quello di mangiare regolarmente pesce azzurro) vediamo di capire con calma i termini della questione.

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Non solo gli omega 3 non prevengono il cancro, ma in alcuni casi, come quello della prostata, sembrano favorirlo. In particolare, non è possibile dimostrare alcun beneficio sulla mortalità da cancro, sull’incidenza dei tumori in generale e su quella del cancro al seno in particolare.

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Gli Omega 3 e il cuore

Gli Omega-3 sono degli acidi grassi polinsaturi presenti in vari alimenti, soprattutto nel pesce, nell’olio di pesce, nei crostacei, nelle noci, nelle mandorle, in vari tipi di semi (girasole, lino, canapa) e di oli vegetali, nella lecitina di soia. Sono detti “essenziali”, perché per stare in salute, dobbiamo introdurli con il cibo che mangiamo. Alcuni importanti studi, nel tempo, hanno consolidato l’opinione che costituiscano un utile presidio contro le malattie cardiovascolari, in grado di ridurre il rischio d’infarti e ictus, ridurre il rischio di morte precoce, abbassare i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Da alcuni anni, indagini più rigorose dal punto di vista del metodo hanno invece raffreddato le speranze: scarse o poco convincenti le prove dei benefici degli Omega-3.

Dubbi sugli Omega 3 dopo un problema al cuore

Ora è arrivato il resoconto di quella che probabilmente è la più ampia e aggiornata revisione degli studi in materia. È stata firmata dal gruppo di lavoro della Cochrane Collaboration che dal 2001 ha pubblicato tre lavori dedicati agli acidi grassi Omega-3 e il cuore. I ricercatori hanno preso in esame 79 studi che hanno coinvolto 112.000 persone, tutti con l’obiettivo di valutare gli effetti sul cuore e sul sistema circolatorio di un maggior consumo di Omega-3 rispetto a un consumo inferiore o nullo. La maggior parte di tali studi riguardava l’uso di supplementi o integratori a base di Omega-3. Alcuni invece consideravano l’apporto di acidi grassi con la dieta. Tutti erano studi randomizzati, dove cioè si confrontavano gli effetti degli Omega-3 su persone che erano assegnate casualmente (con le stesse probabilità) al gruppo che li usava o a quello che non li usava. E ciò è considerato dagli esperti un importante punto a favore per la serietà delle sperimentazioni e la consistenza dei risultati. 

La finalità dello studio

I ricercatori sono andati a vedere cosa succede aumentando la quantità di Omega-3, in particolare se e come cambiano il rischio di malattie cardiovascolari, i livelli di colesterolo e di trigliceridi. Sono stati registrati i dati sui principali tipi di Omega-3: EPA (acido ecosapentaenoico), DHA (acido docosaesaenoico) presenti in pesci come aringa, sardina, tonno, sgombro, e ALA (acido alfa-linoleico) presente nelle fonti vegetali (semi oleosi, frutta a guscio, soia, oli derivati).

I risultati dello studio

Aumentare le quantità di EPA e DHA non ha effetti degni di nota sul rischio di morte per tutte le cause, nè sul rischio di eventi cardiovascolari, probabilmente neppure sul rischio di malattie coronariche. Si riduce leggermente la quantità di trigliceridi nel sangue e aumenta il livello di colesterolo HDL. Aumentare le quantità di ALA non sembra portare benefici particolari, se non un leggero calo del rischio di eventi cardiovascolari, mortalità coronarica e di alterazioni nella funzionalità cardiaca. Per avere un’idea quantitativa, ogni mille persone che aumentano la quantità di ALA nella dieta, una ne trae beneficio reale. Gli effetti sono ancora in gran parte da chiarire, ma, concludono gli autori, «Sappiamo che prendere Omega-3 in capsule non riduce il rischio di malattia cardiaca, ictus o morte». E mangiare pesce? Ci sono prove scarse che non permettono risposte chiare. «Anche se gli acidi grassi EPA e DHA riducono la concentrazione di trigliceridi, probabilmente i supplementi non sono utili per prevenire o trattare malattie cardiovascolari. Comunque, aumentare gli acidi grassi ALA da fonti vegetali potrebbe dare una modesta protezione verso alcune malattie».

Vitamina D, Omega 3 e il mare

Lo stesso discorso vale per la vitamina D: non riduce il rischio cardiovascolare né quello oncologico; ha soltanto un piccolo effetto sulla mortalità da cancro. L’elemento evidente che riguarda gli omega 3 interessa invece il mare. È  ormai ben noto, e certificato anche dalla FAO già dal 2009 che gran parte degli impianti di acquacoltura di acciughe e di altri pesci di piccola taglia  non destinati al consumo umano, trae origine dalla necessità di soddisfare altre vasche: quelle di salmoni e di altri pesci allevati con la finalità principale di ricavarne omega 3.  Si tratta di un cortocircuito poco noto rispetto ad altri come l’allevamento dei bovini, che comporta conseguenze non meno devastanti per l’ambiente visto che  all’origine c’è una colossale operazione di marketing e poco altro. È importanteche i medici siano informati dei dati relativi agli omega 3 e smettano di consigliarli indiscriminatamente, così come i consumatori li dovrebbero assumere solo quando non possono o non vogliono mangiare pesce regolarmente, evitando così spese inutili.
In Italia nel 2018 sono state acquistate quattro milioni di confezioni di supplementi con omega 3, per una spesa complessiva di 94 milioni di euro.

Comprare verdure, non integratori

Molti i commenti degli esperti da tutto il mondo. Fra quelli degni di nota, Tim Chico, professore di medicina cardiovascolare dell’Università di Sheffield. Anche se la dieta gioca un ruolo importante nella prevenzione delle malattie cardiache, il suo è un ruolo complesso e difficile da correlare a un singolo alimento. I supplementi a base di Omega-3 sono piuttosto costosi, perciò a chi li compra sperando di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari consiglierei piuttosto di spendere il denaro in verdure.

Gli omega 3

Sono indispensabili e utili, nelle giuste dosi, e forse apportano qualche lieve beneficio a chi ha già una malattia cardiaca o è ad alto rischio. Ma per assumerne a sufficienza basta inserirli nella dieta, mangiando pesce due – tre volte alla settimana.

Bibliografia – Fondazione Veronesi

Insegnante Tecnico Nazionale Federale C.O.N.I. – F.I.P.C.F

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