LE OPINIONI

IL COMMENTO La festa e le analogie tra il Lago fi Piediluco e la Baia di Sant’Anna

DI SALVATORE RONGA

Quando nel 2014 mi fu affidata la direzione artistica della Festa a mare agli scogli di Sant’Anna, consapevole che questa rappresenta uno dei modi con cui la nostra identità culturale si è espressa nel tempo, mi chiesi se ci fossero altre manifestazioni, in Italia e all’estero, che potessero avere caratteristiche simili alla nostra. Fu così che venni a conoscenza della Festa delle acque di Piediluco, a Terni. Insieme al comitato organizzatore, furono avviati i primi contatti con la Pro Loco di Piediluco, chesi sono concretizzati, solo quest’anno, con ladirezione artistica di Pietro Di Meglio, in un programma di iniziative sotto l’egida del Circolo Georges Sadoul: la mostra fotografica di Lucia De Luise, “RITO, TRADIZIONE, FESTA”a cura di Dario Della Vecchia, e un incontro che, con l’arch. Miro Virili del Centro Studi Ternani, mi ha visto tra i relatori sul tema “IL TEATRO DELL’ACQUA”. Entrambe le iniziative si sono svolte nell’auditorium di Santa Maria del Colle, una suggestiva chiesetta romanica in cima al paese che si affaccia sul lago.

È stata l’occasione per approfondire gli aspetti che legano tra loro le due Feste, alla ricerca di una radice comune, rinvenibile nella celebrazione dei riti di passaggio. Questi riti, nel caso della Festa delle acque, secondo le ipotesi più recenti, si riconducono al culto di una divinità italica, Nettuno, venerato presso le cascate delle Marmore, un tempo collegate al lago di Piediluco. Ma anche all’origine della nostra Festa di Sant’Anna si colloca una tradizione connessa alla ritualità del ciclo stagionale, una tradizione ormai perduta e di cui ci dà testimonianza Andrea Di Massa nel suo volume dedicato alle Barche allegoriche, ossia l’accensione dei falò che nel giorno del 26 luglio, dalla cima dell’Epomeo alla baia di Cartaromana, tracciavano un percorso che collegava il mare con la montagna. L’uso di barche infiorate e inghirlandate è comune a entrambe le feste: quella di Piediluco nasce ufficialmente nel 1922, dieci anni prima della nostra Sant’Anna, così come pure la successiva trasformazione della barca addobbata in barca allegorica con un suo sviluppo narrativo, attraverso l’uso di gozzi e di zattere. Vedere le immagini di alcune barche di Piediluco risalenti alle competizioni degli anni Sessanta e Settanta è stato davvero emozionante, tale è la somiglianza con le nostre barche tradizionali, così come la passione, la partecipazione dei giovani nell’allestimento e i temi messi in scena. Un altro aspetto che accomuna le due feste è proprio il repertorio dei temi delle barche allegoriche, nei quali c’è sempre la ricerca dello straniamento, della poesia, del divertimento, ma mai la carica eversiva del sovvertimento carnascialesco, della satira politica. E questo tratto è di estrema importanza perché conferma che la barca allegorica conserva una sua specificità espressiva che non ha niente a che vedere con i carri di carnevale, per intenderci,con quelli di Viareggio.

Nel mio intervento ho cercato di richiamare l’attenzione sulle tradizioni che sono confluite nella Festa a mare agli scogli di Sant’Anna, soffermandomi in particolar modo sul significato dello spettacolo dei fuochi pirotecnici che, nello sviluppo narrativo della manifestazione, un tempo assumevano un ruolo fondamentale. I fuochi, a conclusione della competizione tra le barche, partivano dalla collina di Sorronzano, volendo rievocare il cannoneggiamento del Castello a opera degli Inglesi nel 1809. Lo stesso incendio del Castello, che è forse ancora oggi il momento più poetico di tutta la serata, realizza nella simulazione estetica una paura ancestrale che ci commuove – questo il cuore della nostra “isolitudine” -, una paura che sottende il senso di riconoscibilità simbolica del Castello, qualcosa che ci lega ai nostri nonni, ai nostri bisnonni, a quanti ci hanno preceduto. In questa ritualità il senso più profondo di una manifestazione, forse la sola, autenticamente popolare (nulla di più lontano dal popolaresco e dal finto folklorismo oleografico) e che meriterebbe di assumere una dimensione non solo nazionale, ma internazionale. 

Per questo l’auspicio è che questo incontro con gli amici di Piediluco sia solo il primo passo di un progetto culturale di più ampio respiro, per un coinvolgimento di altre manifestazioni, anche più lontane, di teatro sull’acqua. Perché la definizione della nostra identità, delle tanto invocate radici, per essere tale deve avere carattere inclusivo, non esclusivo, e il confronto con altre esperienze non può che confermare l’unicità e l’eccezionalità della nostra Festa, tra le “altre” feste.

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La presenza delle Istituzioni, del vice sindaco di Terni, Andrea Giuli, e del vicensindaco di Ischia, Luigi Di Vaia, è una solida premessa per un rapporto tra due realtà amministrative molto diverse, ma che possono lavorare insieme per un programma di turismo culturale che ponga al centro la Festa delle acque e la nostra Festa di Sant’Anna.

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