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Sorridente, altruista, generoso: ritratto di Gaetano Altieri

di Antonio Sasso

 

Gaetano Altieri, ieri mattina, intorno alle sette, ha preso tutti in contropiede: dopo aver “salutato”, domenica, la sua isola, Ischia, si era recato in clinica per i controlli di routine, ma un improvviso attacco cardiaco lo ha stroncato nel giro di 48 ore.

Aveva 82 anni, compiuti a marzo, ma non li dimostrava affatto, sembrava sempre un “giovincello” con il sorriso fisso sul volto, in perenne movimento, nonostante gli acciacchi degli ultimi tempi.  Appena dieci giorni fa era venuto in redazione per il suo affettuoso giro di saluti e per continuare un discorso che avevamo iniziato prima nella sua villa ischitana, poi sulla spiaggia di San Francesco, sorseggiando un caffè alla “Meridiana” mentre con lo sguardo seguiva da lontano i nipotini che si tuffavano nelle acque della baia di Forio.

Gaetano Altieri era da molti conosciuto e stimato nel settore di rappresentanza di abbigliamento, tra i più attivi e innovativi del Sud negli anni Settanta. Per tutti, però, era semplicemente il “barone”, il carissimo barone, un titolo che non si era meritato per censo, per quelle eredità araldiche che si tramandano come patrimoni devoti, ma per una signorilità, un’amabilità, una bontà innate, di cui la sua vita è stata una continua testimonianza, ma anche per l’eleganza nell’abbigliamento e nel portamento. Un’autentica vocazione verrebbe da dire per il modo con cui le ha dimostrate. “Chi di gloria è vago – diceva il poeta – solo di virtù sia pago”. Ecco, questo si può dire che fosse il suo motto da quando è venuto al mondo e da giovanissimo si è lanciato in un’attività, quella dell’abbigliamento di eccellenza, della moda, che lo ha visto tra i maggiori protagonisti. Cioè, dimostrare che vali quel che sei riuscito a creare.  E lui sì che ha creato e tanto. Cresciuto alla scuola del dovere e dei sacrifici, che una volta si chiamava la scuola della gavetta, e si costruiva giorno per giorno, porta a porta facendo conoscere  i prodotti direttamente al consumatore, senza mediazioni  estenuanti e costose, ha creato un impero, rimanendo l’imprenditore e il personaggio di sempre.  Disponibile, ottimista e generoso.

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Oggi la sua dolorosa scomparsa priva non solo il mondo dell’imprenditoria di una figura molto rappresentativa ma anche noi tutti suoi amici – davvero moltissimi, chi lo conosceva ne rimaneva preso ed entusiasta per la sua vitalità – di un grande riferimento umano  e di una coscienza libera e altruista senza eguali.

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Era un amico di vecchia data, di un’amicizia quarantennale di cui non si può non essere che orgogliosi, con il quale ci si apriva spesso a ricordi comuni nei nostri soggiorni ischitani, nell’isola del cuore, dove questa estate mi aveva manifestato  preoccupazioni per la sua salute, ma vedendo in lui la solita gioviale intraprendenza, non appannata dall’età, mai avrei immaginato un suo così vicino, triste addio. Indimenticabile la serata al “Regina Isabella” nel luglio scorso al tavolo con Zucchero, Emilio Fede e Aurelio De Laurentiis. Tante battute, tanti sfottò, tanti ricordi. E sì “Regina Isabella”…. Lassù lo avrà accolto certamente al pianoforte, con una sigaretta tra i denti, il suo amico Francesco Caccavale.

Ricordi che oggi, con la sua scomparsa, si fanno più intensi e nitidi. L’istrionico Gaetano Altieri, il “simpatico imperatore” che apriva a tutti i cancelli della sua incantevole villa di San Francesco, soprannominata club Mediterraltier, divenuta un cenacolo di arte, un salotto obbligato di gente del mondo dello spettacolo, della moda e di varia umanità, amica e frequentatrice di un uomo che considerava l’amicizia come uno dei valori fondamentali della vita. Villa Altieri è stata un “convento” laico di giovialità, di “pace  e di bene”,  dove in  tanti hanno trovato il meglio della ospitalità (mitica la “pasta e patate blues” della splendida Adriana) e della cordialità, virtù sempre  rare in un mondo utilitaristico e svilito da falsi miti. Impossibile non ricordare quelle memorabili serate, per la presenza di grandi artisti, a partire dal grande Roberto Murolo, Peppino di Capri (“Peppì, e mo’ chi ti telefona più?”), Tullio De Piscopo, Carla Fracci, Mara Venier, Gino Paoli, i De Filippo, Fred Buongusto, Renzo Arbore, Beppe Grillo, Eduardo De Crescenzo, Enzo Gragnaniello, Gianni Conte, Gino Rivieccio, Vittorio Marsiglia, Gigi Proietti, Enzo Cannavale, Romano Mussolini per finire a Cristhian De Sica, Sal Da Vinci, Alessandro Siani, Gigi Finizio, Valentina Stella, Lorenzo Hengeller e il “suo” Bollani. Era, infatti, appassionato autentico di jazz, non nel senso delle infatuazioni giovanili, che restano spesso acerbe perché non sufficientemente  coltivate, e alla tastiera del suo mitico pianoforte nel salone delle feste, si destreggiava abilmente in applauditi duetti con i più quotati ospiti. Erano momenti importanti in cui Gae Jazz ricordava i padri di questo genere musicale, Buddy Balden, Jelly Morton, Cole Porter, e accennandone i loro classici brani si commuoveva, forse, anzi, sicuramente onorando così anche il padre, che era stato un ottimo musicista.

Il suo grande amore oltre alla famiglia, alla splendida moglie Adriana, ai figli Marielena, Gianluca, Diego e Giuliano, ai nipotini, è stata Ischia, l’isola verde. Incantato da questi luoghi, sin da quando vi veniva come “commesso viaggiatore”, distribuendo taglie e campionari, se ne innamorò subito e  giurò che vi sarebbe rimasto, difatti non l’ha mai lasciata più, ripercorrendo  qui, nei momenti di relax, come diceva lui dei “pensosi inverni ischitani”, le tappe di una vita intensa, ricca di radiosi traguardi e anche di gratitudine. «Vi raccomando, voglio essere seppellito lassù nel cimitero di Lacco Ameno!», lo ripeteva spesso negli ultimi tempi. Sarà, infatti, accontentato: oggi, dopo la cerimonia religiosa nella chiesa del Buon Consiglio a Posillipo (ore 15,30), la sua salma sarà trasferita in terra ischitana.

Resta da ricordare il suo impegno nel sociale come quello nella ricerca sul cancro, accanto ad Adolfo Gallipoli, e quello di promotore del festival Jazz di Ischia, che ha saldato una sua antica passione e un debito di riconoscenza verso quest’isola che gli ha portato fortuna.

Una esistenza di tale intensità, di tale trascinante spessore, che,  oltre all’ammirazione, merita soprattutto il più sincero rimpianto, che in queste ore è struggente, non trovo altre parole, per chi, come noi,  ha avuto l’onore e il privilegio di conoscerlo.

Alla moglie, ai figli, cui siamo particolarmente  vicini,  sia di conforto sapere che è talmente grande l’eredità morale, di affetti e di stima  che lascia Gaetano, da lenire  il loro immenso dolore.

 

 

 

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