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MATRIMONIO AL SUD – La recensione

Gianluca CastagnaIschia – Ci sono film che ricordiamo per la storia, altri per gli effetti speciali, altri ancora per l’emozione del momento. Poi ci sono film che ricordiamo per qualcosa di “extra-diegetico”, qualcosa insomma che sta fuori dalla pellicola. Nel caso di “Matrimonio al Sud”, a colpire sono l’ostinazione e la puntualità con cui Massimo Boldi, nel mese di novembre, ci rifila l’ennesimo capitolo della grande saga dello sposalizio. Prima alle Bahamas, poi a Parigi, poi sotto casa.
Cosa giustifichi tale pervicacia, resta un mistero. O quasi. Si sa, le battaglie per il botteghino di Natale, come quelle di ogni bottega globale, cominciano sempre due mesi prima. Abituandoci a una lunga, estenuante serie di delitti impuniti, anzi, premiati dal pubblico e celebrati qualche anno dopo dal palinsesto televisivo come atti di autentico patriottismo. Perfino dopo le ultime stagioni, nelle quali la commedia italiana ha pure provato un scatto in più in termini di idee, scrittura e messa in scena (si pensi, ad esempio, a Smetto quando voglio di Sydney Sibilia).

matrimonio-al-sud8-foto-vincenzo-schettino-castellammare-1000x600Se oggi, per tanti ragazzi, il matrimonio è poco più di una formalità, per le famiglie e gli invitati è un vero supplizio. Ma cosa succede quando a sposarsi sono il figlio di un industriale del nord e la figlia di un pizzaiolo del sud? Che il modo di vedere il matrimonio, sobrio ed elegante, del primo, si dimostrerà molto diverso da quello, pacchiano e chiassoso, del secondo. Due visioni del mondo opposte, destinate alla collisione se, come vuole la tradizione, le nozze vanno celebrate al sud essendo meridionale il padre della sposa.
Il nordista è costretto a scendere in territorio nemico. Apriti cielo: la guerra tra i due papà è inevitabile, poiché entrambi (Massimo Boldi è l’industrialotto milanese, Biagio Izzo il pizzaiolo campano) nascono fieramente abbarbicati alle loro terre e alla loro visione universale della vita, decisamente avversa a quella professata dal loro opposto geografico. Se le mamme sono più concilianti, i consuoceri proprio non riescono a scendere a patti, col rischio di far naufragare per sempre l’unione dei promessi sposi. Per fortuna, quando i belligeranti comprendono che con il pregiudizio non si arriva da nessuna parte (nella vita, ma anche al cinema), mettono da parte le mentalità personali adoperandosi affinché i figli facciano pace. Il matrimonio sancirà la pace tra nord e sud e sarà il più allegro, eccessivo, colorato e micidiale di sempre (poveri invitati…)

Dalla Val d’Aosta alla Sicilia non si perde ormai occasione per omaggiare, pur in tono scherzoso (ma indulgente), i vizi dell’italianità, accatastati l’uno accanto all’altro a colpi di accenti, luoghi comuni, pernacchie e solite macchiette. “Matrimonio al Sud” non fa eccezione, accumula gag e citazioni mettendo in crisi i personaggi a uso e consumo del proprio personale duello interno: polentoni vs. terroni, cotoletta vs frittata di maccheroni, bauscia vs. operai (come se al Nord ci fossero solo imprenditori e zero pizzaioli).
Insomma, il solito concentrato di ovvietà e scelte sgangherate. Boldi arranca, ormai definitivamente inoffensivo, nonostante le sollecitazioni, leggermente più vispe, del consuocero Biagio Izzo.
In questi giorni l’ex Cipollino si è scagliato contro un recensore che aveva implorato la fine dello strazio. Non sappiamo se qualcuno farà marcia indietro e batterà la pista sociologica con lucide analisi del doppiopesismo italico. Il finale con ennesimo duello sul nome del nascituro incute puro terrore per eventuali sequel. Sprezzanti del pericolo che ci attende, confermiamo la diagnosi: è cinema vecchio, piatto, brutto, inutile.
Di panettoni anticipati sul grande schermo, che impegnano spazi e risorse utilizzabili in altro modo, davvero non ne possiamo più.

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