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L’appello di Lucia Monti: «Contro i vandali misure esemplari, ma i miei colleghi?»

Dopo l’episodio dei danni cagionati alle giostre della Pineta degli Atleti da giovani studenti della Scuola Media Scotti, abbiamo raccolto le considerazioni della preside. E anche una punzecchiatura

Non possiamo che partire dall’episodio legato alla vandalizzazione delle giostre in pineta, che rappresenterà il “cuore” di questa nostra chiacchierata. Quanto la sorprende, se la sorprende, il fatto che tra i protagonisti ci siano tutti ragazzi di buona famiglia?

«Non mi sorprende affatto. Sono ragazzi tra i 10 e i 14 anni, mi meraviglierei se fossero tutti perfetti: sappiamo bene che nell’evoluzione di un adolescente ci siano momenti pro e contro. Ci siamo passati anche noi, chissà quante bravate abbiamo commesso anche alla nostra età ed oggi siamo magari professori, educatori o presidi. Il pericolo è dietro l’angolo, ma può esistere anche il condizionamento, aspetto da non sottovalutare».

In che senso?

«Le indagini sono ancora in corso e non a caso noi abbiamo scovato altri tre ragazzi e con la stessa solerzia abbiamo convocato i genitori. Mi aspetto che anche gli altri presidi facciano le opportune indagini per capire chi sono stati i “capi rione” che hanno iniziato a danneggiare le giostre. In tanti hanno raccontato che ad iniziare l’opera siano stati studenti delle superiori…»

«Molti giovani, magari, presi singolarmente sono bravi ragazzi: eppure nel gruppo si assumono forme di personalità diverse».

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Insomma, magari un paio di “capoccioni” si sono tirati dietro gli altri…

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«Alle volte si hanno determinati comportamenti perché magari si ha paura di essere etichettati in un certo modo. Paradossalmente spesso si è portati ad agire in una certa maniera per non avere nel gruppo la fama di ragazzo bravo. Può apparire paradossale, eppure è così».

Qual è stata la prima cosa che ha pensato quando, guardando quelle immagini, ha capito che i vandali delle giostre erano ragazzi della sua scuola?

«Inizialmente ho detto: mamma mia, che hanno combinato. Abbiamo fatto tante lezioni di legalità, ci teniamo moltissimo a dare delle regole, insomma la cosa mi ha amareggiato. Penso che quando succedono episodi del genere vuol dire che abbiamo fallito, specialmente dopo tutto quello che abbiamo detto e fatto in compagnia delle famiglie che – mi piace sottolinearlo – qui sono presenti nella quasi totalità dei casi. E’ stata una delusione doppia, anche i genitori erano visibilmente provati dall’accaduto».

Non sarebbe piaciuto l’atteggiamento di qualche genitore che avrebbe provato non a giustificare il figlio, ma magari a minimizzare l’accaduto.

«Lo ritengo umano. Quando i genitori vengono qui non lo fanno per giustificare i figli, ma sentono la colpa su di sé, pensando che non sono stati in grado di impartire il rispetto di determinate regole. Mi creda, la ritengo una forma di autodifesa della loro posizione genitoriale. E’ come quando il genitore si reca a scuola e questa ha una manchevolezza: anche la scuola si difende per una forma di autoreferenzialità. Nessuno è infallibile, in fondo. Diciamo che molti genitori, avendo visto il video e intuito che aveva girato un po’ ovunque, hanno preso la questione come un fatto personale e si sono sentiti colpevoli per primi. Ma lo stesso vale per noi, lo stesso peso lo avverte pure l’istituzione scolastica».

Lei ha lanciato un messaggio che forse non ha avuto il risalto che meritava. In sostanza ha detto: la Scuola Media Scotti ha fatto la sua parte, intervenendo in maniera dura ed esemplare. Adesso però ci aspettiamo che facciano lo stesso anche i dirigenti scolastici degli altri plessi i cui studenti hanno contribuito e non poco a danneggiare le giostre in pineta. I suoi ragazzi, ha sottolineato, hanno completato l’opera iniziata da altri …

«Certo, mi aspetto ancora che i miei colleghi facciano altrettanto, in fondo le indagini sono ancora in corso. Noi, ad esempio, ne abbiamo scovato altri tre e con la stessa solerzia abbiamo convocato i rispettivi genitori. Mi auguro che anche gli altri presidi facciano le opportune indagini per capire chi è stato il “capo rione”, colui o coloro che hanno iniziato l’opera di vandalizzazione. Molti testimoni hanno confermato che a cominciare sono stati ragazzi più grandicelli: vi dirò di più, quelli delle Medie a un certo punto hanno anche provato ad aggiustare le giostre. Insomma, non è tutto da buttare…».

Quale potrebbe essere una punizione esemplare ma non troppo?

«Le famiglie farebbero bene a non dare paghette e benefit per un mesetto, sarebbe un messaggio importante. A scuola inizieremo con le azioni di servizio civile, per le quali già stiamo provvedendo. Manderemo queste persone a fare pulizia di spiagge, boschi, pinete e anche attività di varia natura a scuola. Ma sono misure alle quali in genere sono già abituati, qui abbiamo fatto anche ritinteggiare i muri a chi li aveva imbrattati».

L’ultima domanda che voglio farle è forse la più difficile. Perché una volta queste cose non succedevano, se è vero che non succedevano?

«Io credo che accadessero ugualmente, magari non venivano fuori perché non esistevano cellulari che immortalassero certe scene o blog e social network che in men che non si dica diffondevano notizie, foto e immagini in maniera virale. Ma certi fenomeni sono sempre esistiti, io li ricordo anche all’epoca in cui ero una giovane studentessa a Napoli. Ma tra un po’ di omertà tra i compagni e l’assenza di tecnologia le cose erano diverse».

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