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Spaccio di droga, Najda respinge le accuse

Volge verso la conclusione il processo nei confronti di un lungo elenco di persone che risultano coinvolte in un ampio traffico di sostanze stupefacenti. Un indagine a largo raggio durante la quale anche alcuni cittadini isolani finirono sotto la lente degli inquirenti. Tra di essi, Adrian Robert Najda, difeso dal suo legale di fiducia, l’avvocato Michelangelo Morgera. Alcuni giorni fa, presso la Quarta Sezione Penale, collegio A, del Tribunale di Napoli, ha avuto luogo la deposizione dell’imputato, accusato di singoli episodi di spaccio e di associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Najda, di origine polacca ma di fatto residente e domiciliato sull’isola, era stato fermato dai Carabinieri di Ischia agli ordini del capitano Andrea Centrella e del luogotenente Michele Cimmino, che lo avevano sorpreso nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2016 mentre si aggirava tra i Comuni di Casamicciola Terme e Lacco Ameno. In quel momento l’uomo era latitante da oltre sei mesi, cioè sin dalla fine del febbraio 2016, quando la Procura della Repubblica di Napoli emise ben diciassette ordinanze di custodia cautelare – tra cui quella a carico di Najda – nei confronti dei componenti di un’associazione criminale  ritenuta vicina al noto clan camorristico Vanella-Grassi, dedita al traffico illecito di droga.

Durante l’udienza, Najda ha reso spontanee dichiarazioni con cui ha negato decisamente il suo coinvolgimento nel traffico di stupefacenti, e ha respinto ogni ipotesi circa la sua appartenenza all’associazione dedita allo spaccio. Il venticinquenne ha inoltre negato di conoscere altri componenti della banda, al di fuori di Ruben Barbato. Najda ha spiegato di aver convissuto con alcuni ragazzi, e ha ammesso di fare uso personale di droghe leggere, ma senza mai aver praticato lo spaccio, nemmeno a fini di guadagno personale né tantomeno in un ambito associativo. Una deposizione senza incertezze e senza contraddizioni, che è stata corroborata dalla successiva testimonianza della madre, che ha spiegato come il figlio avesse contratto un debito con il Barbato, poi saldato grazie al fatto che Adrian parlò con i propri genitori di tale problema: furono proprio loro a pagare, per estinguere ogni pendenza. Il venticinquenne si trasferì poi a Londra. Proprio in quel periodo fu emessa l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari.

Dopo alcuni mesi Adrian rientrò per costituirsi. Grazie alla strategia difensiva dell’avvocato Michelangelo Morgera, la misura venne successivamente convertita in quella meno afflittiva del divieto di dimora sull’isola, che permise al giovane di poter tornare a vivere e lavorare a Londra. Ancora pochi mesi, e nella scorsa primavera il noto penalista riuscì a ottenere per  Najda anche la revoca di tale divieto. Un risultato che ha portato il venticinquenne ad affrontare da uomo libero l’attuale processo, ormai alle ultime battute.

L’INCHIESTA. Nel maggio 2016  la Direzione Distrettuale Antimafia notificò l’avviso di conclusione delle indagini a carico di un “esercito” di persone che risultano coinvolte in una vasta attività investigativa che riguarda il traffico di sostanze stupefacenti. Nei panni di indagati, oltre ad Adrian Nadja, risultavano infatti coinvolti anche altri cinque cittadini isolani: Ruben Barbato, Carmelo Patrizio Maurizio Palumbo, Simone Di Meglio e Gaetano Boccanfuso. Gli altri soggetti finiti nel mirino dell’autorità giudiziaria sono: Antonio Ferrante, Teresa Auletta, Domenico Balzano, Gelsomina Chianese, Luca Coppola, Elisa Crispo, Andrea De Crescenzo, Nadi Francesco De Fortis, Francesca De Rosa, Giuseppe Di Martino, Alfredo Fazio, Mariarca Ferrante, Salvatore Ferriol, Pasquale Giuliano, Antonio Iarnelli, Ciro Improta, Gennaro Lingo, Annunziata Marchese, Giustina Marchese, Antonio Montemurro, Francesco Radice, Luigi Rande, Antonio Russo, Salvatore Verdile e Vitucci Ciro.

Di svariata natura le accuse che riguardano i nostri concittadini. Barbato, Najda e Palumbo, ad esempio, secondo l’accusa “si associavano stabilmente tra loro con suddivisione dei ruoli (Barbato quale capo e comunque organizzatore e quali partecipi gli altri) allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti, e segnatamente di acquisto, detenzione, vendita, offerta in vendita, cessione e consegna di sostanze stupefacenti”, fatti e reati consumati in un periodo che ha avuto inizio nel maggio 2012. Il terzetto, inoltre, si sarebbe reso protagonista del reiterato ed illecito acquisto – anche più volte nel corso di una settimana – dall’organizzazione facente capo ad Antonio Ferrante, di sostanze stupefacenti di diverse qualità e, si legge nell’atto, “in quantità indeterminate che detenevano al fine evidente di cederle a terzi ed effettivamente le cedevano e comunque le offrivano in vendita a più acquirenti”.

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Per quanto riguarda invece Gaetano Boccanfuso, l’attività investigativa della Procura della Repubblica di Napoli avrebbe evidenziato che lo stesso illecitamente deteneva e cedeva a Adrian Nadja sostanza stupefacente del tipo marijuana in quantità indeterminata. Quello che secondo gli inquirenti emerse dalle indagini era un vero e proprio “impero della droga”, che veniva dunque smaltita anche sulla nostra isola, con a capo proprio il Barbato. Dalle intercettazioni emergerebbe che quest’ultimo acquistava le sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) a Napoli attraverso esponenti del sodalizio malavitosi facente capo a Ferrante tramite i suoi complici Rande, Longo e Palumbo, sostanze che successivamente provvedeva a vendere e comunque ad offrire in vendita, specie per il tramite di Adrian Najda, a terzi acquirenti.

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Nell’ordinanza venivano infatti indicati in maniera analitica tutti i numerosi viaggi che gli indagati hanno effettuato, specie di notte, nel solo periodo in cui sono state effettuate le intercettazioni, partendo dal porto di Ischia alla volta di Napoli (ma anche Pozzuoli) dove si approvvigionavano di stupefacenti: in pochi casi, si sono registrate consegne di stupefacenti che venivano effettuato da Antonio Russo, partecipe del sodalizio di Antonio Ferrante, direttamente sulla nostra isola. Le intercettazioni, telefoniche e ambientali, in alcuni casi coinvolgono anche Najda, che in una conversazione con Barbato viene sentito parlare di “panetti” (di hashish), mentre in un’altra i due parlano della consegna di una partita di stupefacenti e del relativo pagamento, anche se non risulta che Adrian Nadja si sia mai recato a Napoli per gli “acquisti”.

Francesco Ferrandino

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