Spese legali, il Tar “ferma” il ricorso
I giudici amministrativi sollevano d’ufficio la questione di giurisdizione in un caso che riguarda un ex dipendente del Comune di Casamicciola Terme. Il ricorso nasce dal silenzio dell’amministrazione sulla richiesta di rimborso

Una vicenda apparentemente semplice – una richiesta di rimborso per spese legali – si è trasformata in un nuovo capitolo del complesso rapporto tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Protagonista di questa intricata matassa giudiziaria un ex dipendente del Comune di Casamicciola Terme, difeso dall’avvocato Leonardo Mennella, che aveva chiesto all’Ente di essere rimborsato per le spese sostenute in un procedimento penale concluso con archiviazione. La richiesta, presentata il 29 maggio 2024, è rimasta senza risposta. Né il successivo sollecito del 2 agosto ha smosso la macchina comunale. Da qui la decisione di rivolgersi al TAR Campania per denunciare il “silenzio inadempimento” dell’amministrazione e ottenere un ordine di provvedere. Ma il Tribunale Amministrativo Regionale, riunitosi in camera di consiglio, ha sollevato d’ufficio una questione che cambia il corso della vicenda. Secondo i giudici, la causa non rientra nella giurisdizione amministrativa, ma in quella ordinaria, cioè del giudice del lavoro. Nell’ordinanza, firmata dal presidente Santino Scudeller e dall’estensore Mara Spatuzzi, si legge che la domanda di rimborso “riguarda un diritto di credito inerente al rapporto di lavoro subordinato privatizzato”. In altre parole, si tratta di un rapporto economico legato al lavoro, non di un atto amministrativo che richieda una decisione autoritativa dell’ente. Il TAR precisa inoltre che l’azione contro il silenzio “non è esperibile avverso qualsiasi tipologia di inerzia dell’Amministrazione”, ma solo quando l’obbligo di provvedere “implichi l’esercizio di una potestà autoritativa”.
Per i giudici la competenza è del giudice ordinario. Concessi trenta giorni per presentare memorie, nuova udienza a novembre


Dietro il linguaggio tecnico, la decisione dei giudici lancia un messaggio preciso: non ogni silenzio della pubblica amministrazione può essere impugnato davanti al TAR. Ci sono casi, come questo, in cui il silenzio riguarda diritti economici o contrattuali, e quindi deve essere il giudice ordinario e non quello amministrativo a intervenire. Il Collegio richiama, a sostegno di questa posizione, una serie di precedenti: dal TAR Abruzzo L’Aquila (sentenza n. 332/2023) al TAR Lazio Latina (n. 238/2024), fino ad altre decisioni dello stesso TAR Campania. Un orientamento ormai costante, che mira a delimitare con precisione i confini tra le due giurisdizioni. Pur evidenziando l’inammissibilità del ricorso, i giudici non chiudono subito la porta al ricorrente. L’ordinanza “assegna termine di trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione”, per consentire alla difesa di presentare memorie sulla questione di giurisdizione. Solo dopo, nella camera di consiglio fissata per il 19 novembre 2025, il TAR deciderà se dichiarare definitivamente l’inammissibilità o se proseguire l’esame del caso. Nel frattempo, il Tribunale dispone anche l’oscuramento delle generalità del ricorrente, “a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata”, in base al Codice della privacy e al Regolamento europeo sulla protezione dei dati. Il TAR Campania insomma, con tono prudente, ha scelto di non liquidare subito il caso, ma di dare spazio al contraddittorio. Una decisione che mostra attenzione non solo alla forma del diritto, ma anche al principio di buona amministrazione e trasparenza. Resta da vedere, nella prossima udienza di novembre, se il ricorso troverà un varco o se sarà definitivamente rimandato nelle mani del giudice del lavoro.