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Stalkerano una coppia foriana, rinviate a giudizio tre donne

di Francesco Castaldi

ISCHIA – Dovranno comparire dinanzi al giudice il prossimo 23 febbraio le tre donne che il 18 novembre scorso erano state raggiunte da un divieto di avvicinamento a una coppia foriana. Lo ha stabilito nel corso della giornata di martedì il gip Alfonso Sabella, che ha accolto la richiesta di giudizio immediato avanzata il 5 dicembre dal pubblico ministero Giuseppina Cimmarotta. Il gip Sabella ha disposto quindi che le tre imputare dovranno presentarsi all’udienza del 23 febbraio 2017 alle ore 9.00, che sarà presieduta dal giudice Alberto Capuano della sezione distaccata di Ischia.

IL CAPO D’IMPUTAZIONE

Come è possibile apprendere dal decreto di giudizio immediato, le tre donne – difese di fiducia dall’avvocato Michele Calise del Foro di Napoli – sono finite alla sbarra «per avere, in concorso e in unione tra loro, con condotte reiterate minacciato, pure di morte, e molestato anche telefonicamente, nonché tramite i social network, l’ex compagno di T. A.A. e la sua attuale fidanzata M.M., quest’ultima perseguitata sin sotto casa e il primo sin sul luogo di lavoro […], in modo da cagionare loro un perdurante e grave stato di ansia ingenerando un fondato timore per la loro incolumità e costringendoli a modificare le proprie abitudini di vita, atteso che l’A. limita le sue uscite per il timore di incontrarle e la M. è costretta ad uscire sempre in compagnia e a frequentare luoghi non noti anche alle I.».

LA GENESI DEI FATTI

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Tentiamo di capire ora come ha avuto inizio questa intricata vicenda. Tutto nasce da una denuncia sporta congiuntamente il 6 maggio scorso dalla coppia stalkerata. «Le persone offese – si legge nell’ordinanza del gip – esponevano che, nell’ottobre 2014, avevano iniziato a intrattenere una relazione sentimentale tra loro, cosa che aveva determinato le ire di T.I., ex fidanzata dell’A., la quale, supportata dalla di lei madre L.I. e dalla zia A.I., aveva iniziato una vera e propria persecuzione nei loro confronti mediante comunicazioni telefoniche o informatiche, utilizzando i social network, con reiterati insulti ed offese personali talvolta profferiti quando la coppia si recava in visita alla nonna dell’A. che abita nei pressi dell’abitazione delle tre indagate».

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I PEDINAMENTI E LE MINACCE: «VI TORMENTEREMO SEMPRE»

«Esasperato dalla situazione – scrive il dottor Sabella – l’A. aveva persino cambiato il suo numero di telefono ma senza ottenere concreti risultati perché sul cellulare della M. continuavano a pervenire da parte di taluna delle tre donne conversazioni ingiuriose e minacciose. Secondo quanto riferito in querela le odierne indagate, anche contattando persone vicine alla giovane coppia, cercavano di far emergere l’esistenza di una presunta e attuale relazione tra l’A. e T.I. al fine di minare il rapporto esistente tra i due querelanti. Inoltre, nei primi mesi del 2016, la M. riceveva esplicite minacce da parte di T.I. che la diffidava dal continuare la sua relazione con l’A. e, una notte, la giovane coppia veniva svegliata all’interno della loro abitazione da T. e dalla di lei zia A. che suonavano al campanello di casa e che, alla richiesta dell’A. di essere lasciato in pace, replicavano con le parole “vi tormenteremo sempre” accompagnate da un insulto; episodi analoghi si sarebbero verificati successivamente in almeno un altro paio di occasioni. Nello stesso periodo l’A. veniva seguito e osservato insistentemente da T.I. e dalla di lei madre, mentre si trovava sul suo posto di lavoro […], e la M. veniva fatta oggetto di varie minacce di morte da parte di T.».

LA CHIUSURA DELLE INDAGINI, LA TELEFONATA E L’AGGRESSIONE

Ma la storia non finisce qui. Infatti, «sulla base di tali elementi che trovavano riscontro nella documentazione allegata alla querela concernente i messaggi e i post sui social di minacce ed insulti, il pm riteneva di far notificare alle tre odierne indagate un avviso di chiusura indagini ex art. 415 bis c.p.p. non prima di aver proceduto, mediante formale delega alla P.G., ad acquisire le dichiarazioni delle persone offese le quali, in data 14 luglio 2016, confermavano la precedente querela e rappresentavano una serie di nuovi episodi verificatisi medio tempore e, sostanzialmente, consistenti in varie telefonate di minacce ed insulti ad opera di T. e di L.I. e in numerosi insulti pubblicati dalle medesime sui social network. L’avviso di chiusura delle indagini, emesso il 30 agosto 2016, veniva notificato alle tre indagate il 13 settembre successivo, ma già il 14 settembre perveniva alla Procura di Napoli una nuova notizia di reato conseguente alla ulteriore querela che M.M. aveva sporto il 27 luglio precedente riferendo di una vera e propria di cui era rimasta vittima quel giorno ad opera di A. e L.I.. M.M. riferiva infatti che, intorno all’una, mentre si trovava bloccata nel traffico sullo scooter condotto dal fidanzato di rientro da una festa patronale, si avvicinava a loro A.I. – che era in compagnia di L. e del compagno di questa tale N.S. – la quale iniziava ad insultarla e a minacciarla mostrando il suo risentimento a seguito della denuncia sporta nel maggio precedente. La M. richiedeva l’intervento del 113 provocando la reazione del S. che se ne lamentava minacciosamente con l’A.. Mentre sia A., sia L.I. insultavano la M., si apriva un varco nel traffico per cui le due persone offese cercavano di allontanarsi con lo scooter ma non prima che A.I. sferrasse un calcio in direzione del mezzo che attingeva di striscio la M.. In occasione della presentazione di tale querela, la M. precisava anche che, qualche giorno prima, il 23 luglio 2016 aveva ricevuto una telefonata con cui A.I. la diffidava dal fare il suo nome nelle denunce in quanto altrimenti le avrebbe fatto del male venendola a prendere a casa sua […]».

I POST INTIMIDATORI: «A CERTA GENTE C’ VULESS ‘NA PALLOTTOLA ‘MOCC»

Il 17 ottobre A.A. e M.M. hanno presentato una nuova querela cui erano allegati numerosi messaggi di insulti e minacce che T.I. aveva postato su Instagram, due video contenenti minacce varie e la registrazione di due telefonate non agevolmente comprensibili che A.A. aveva ricevuto da T.I.. «Le odierne persone offese segnalavano come, ancora una volta, T.I. cercasse di far emergere l’esistenza di una presunta relazione attuale con l’A. in maniera da minare il loro rapporto di coppia. Il 13 settembre 2016, alle 18,59, e dunque poche ore dopo l’avvenuta notifica dell’avviso di chiusura indagini rispetto ai fatti indicati nella querela del 6 maggio 2016 e nelle sommarie informazioni del 14 luglio successivo […], A.I. postava su Facebook la frase minacciosa indubbiamente diretta ai due querelanti stante la perfetta corrispondenza temporale con la notifica dell’avviso […], “a certa gente c’ vuless propri ‘na pallottola ‘mocc” e subito dopo L.I. formulava espressioni quali “attenti a quei tre”, “mi sai che farai una brutta fine”, “hai le ore contate”. L’azione persecutoria proseguiva nei giorni successivi, quando T.I. si recava sul posto di lavoro dell’A. e, provocatoriamente, gli mandava un bacio e, la stessa sera, a bordo della medesima vettura, si recava in compagnia della zia A. e di un soggetto sconosciuto, sotto casa delle due persone offese dileguandosi velocemente alla vista di questi ultimi tanto da far pensare a costoro che avessero fatto del male al loro cane. Il giorno successivo T.I. in due diverse occasioni chiamava, utilizzando un’utenza anonima, A.A. insultando ancora questi e la sua compagna M.M.».

LE CONCLUSIONI DEL GIP E IL DIVIETO DI AVVICINAMENTO

Sulla base delle testimonianze rese e dalle prove fornite dalla coppia, il 15 novembre scorso il gip del tribunale di Napoli Alfonso Sabella ha deciso di applicare alle tre donne la misura cautelare del divieto di avvicinamento alle abitazioni e ai luoghi frequentati dai due giovani fidanzati. «Gli elementi esposti dalle persone offese della cui attendibilità non è dato dubitare appaiono ampiamente sufficienti a far ritenere integrati i gravi indizi di colpevolezza a carico di tutte e tre le indagate tenuto conto degli inequivocabili e documentali riscontri acquisiti dai video […] dalla registrazione delle telefonate minacciose […], dagli innumerevoli messaggi di minacce e insulti presenti sui social […]. A quest’ultimo proposito, ancorché i post e i video volgari e minatori riconducibili a tutte e tre le indagate non siano stati inviati sui profili delle persone offese, non può però dubitarsi del fatto che questi siano effettivamente diretti ad A.A. e, soprattutto, a M.M. stanti, per esempio, i chiari riferimenti ad “A.” e “ti ha fatto cornuta”, oppure alle affermazioni di T.I. di essersi incontrata con “A.”, alle denunce presentate, alla perfetta corrispondenza temporale tra la notifica dell’avviso di chiusura indagini e le pesantissime minacce (“ci vorrebbe una pallottola in bocca” ovvero “hai le ore contate”) formulate da A. e L.I..».

Il gip Sabella scrive inoltre che «deve concludersi circa la sussistenza delle esigenze cautelari risultando il pericolo di reiterazione delle condotte assolutamente concreto ed estremamente attuale stante la eccezionale determinazione criminosa dimostrata da tutte tre le indagate, il consistente arco temporale in cui le condotte sono state poste in essere, la varietà delle stesse (minacce ed insulti diretti o via social, pedinamenti, “visite” notturne, telefonate anonime, un’aggressione personale, etc.) e, soprattutto, il loro palese disprezzo per le autorità di polizia e giudiziaria quale si evince dalla speciale recrudescenza dei loro comportamenti dopo aver appreso dell’esistenza di denunce a loro carico e, financo, della determinazione assunta dalla locale Procura della Repubblica di dare avvio a un procedimento penale. In tale senso, peraltro, depongono anche la personalità violenta di A. e L.I., entrambe gravate da un precedente penale per i delitti di rissa aggravata e lesioni personali, evenienze queste che rendono oltremodo elevato, se non addirittura certo, il pericolo di recidiva».

«Siffatta enucleata esigenza di difesa sociale – conclude il gip – può essere adeguatamente salvaguardata al momento attuale – fatte salve future condotte trasgressive eventualmente poste in essere dalle indagate – mediante l’applicazione nei confronti delle stesse della misura cautelare richiesta dal pm del divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati (posto di lavoro e domicilio) dalle persone offese A.A. e M.M,, con le prescrizioni accessorie di mantenere una distanza pari ad almeno duecento metri da tali luoghi e, in ogni caso, dalle parti lese e di non comunicare con qualsiasi mezzo con le stesse, la quale misura, allontanando radicalmente le indagate dalle loro abituali vittime delle condotte intimidatorie ed aggressive ed impedendo a costoro di avere ulteriori contatti con le medesime, appare costituire al momento un idoneo ostacolo alla commissione di analoghe azioni delittuose».

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