Studente sospeso, si chiude il caso
Un provvedimento disciplinare scolastico del 2021, impugnato dai genitori, trova il suo epilogo con una pronuncia d’improcedibilità. Il TAR: “Il giudice non può sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell’interesse ad agire”

Si chiude con una pronuncia in rito e non nel merito il contenzioso giudiziario avviato da una famiglia ischitana contro il Liceo Statale “G. Buchner” di Ischia, in relazione a una sospensione disciplinare inflitta al figlio nel maggio 2021. La vicenda è approdata al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania che, con sentenza pubblicata il 17 giugno 2025, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso a causa della sopravvenuta carenza di interesse da parte dei ricorrenti. I fatti risalgono alla fine dell’anno scolastico 2020/2021, quando, con delibera del Consiglio d’Istituto, il giovane studente – all’epoca minorenne – era stato sanzionato con una sospensione “dalle lezioni senza obbligo di frequenza a partire dal 31 maggio 2021 e fino al termine delle lezioni, prevista dall’art. 39 comma 13 del Regolamento di disciplina degli alunni di questo istituto”. Una misura che i genitori del ragazzo avevano ritenuto ingiusta, sproporzionata e lesiva dei diritti dello studente, tanto da presentare un ricorso al TAR Campania nel 2022, assistiti dall’avvocato Gino Di Meglio. Nel ricorso venivano sollevati plurimi motivi di censura, tra cui – si apprende dagli atti – possibili vizi procedimentali e sostanziali legati all’adozione della sanzione.
Nel corso del giudizio, dopo la rigetto dell’istanza cautelare monocratica, la causa è stata rinviata per la discussione in sede collegiale. Tuttavia, come riportato testualmente nella sentenza, “in vista dell’udienza pubblica di discussione parte ricorrente ha infine depositato un documento denominato ‘atto di rinuncia al ricorso’ sottoscritto dal solo difensore”. Tale rinuncia, però, non rispettava pienamente i requisiti formali previsti dall’art. 84 del Codice del processo amministrativo, in quanto mancava la sottoscrizione diretta delle parti e non era stata notificata formalmente alle controparti. Ma i giudici hanno comunque riconosciuto che tale atto equivaleva a una dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione. “Il giudice non può decidere la controversia nel merito, né procedere di ufficio, né sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell’interesse ad agire”, si legge nella pronuncia, che richiama un principio cardine del processo amministrativo: il carattere dispositivo dell’azione, in base al quale l’iniziativa processuale resta nella piena disponibilità della parte ricorrente fino alla conclusione del giudizio. La conclusione è chiara: “Il Tribunale… lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse”. I giudici hanno dunque preso atto della volontà, seppur informalmente espressa, di abbandonare la controversia. La causa si chiude così senza alcuna valutazione sulla legittimità o meno del provvedimento disciplinare. Sul piano processuale, la sentenza si segnala per l’attenzione data alla distinzione tra rinuncia formale e sopravvenuta carenza di interesse. Una sottigliezza che però assume rilievo sostanziale: “L’irrituale dichiarazione di rinuncia al ricorso… vale comunque come dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione, secondo quanto previsto dall’art. 84, comma 4, c.p.a.” (richiamando TAR Lazio, n. 6454/2023). Quanto alle spese processuali, il TAR ha disposto la compensazione integrale tra le parti, “in ragione della peculiarità della fattispecie e della definizione in rito della causa”. Una scelta che evita ulteriori aggravi, in coerenza con l’andamento processuale e la natura educativa della controversia.