CRONACA

Suore indagate, nel mirino la carenza di controlli

L’avvocato Matteo Santini, presidente nazionale degli avvocati divorzisti, punta il dito in particolare sulle strutture religiose che hanno verifiche di natura solo interna. E allora…

“Il problema delle case famiglia è che c’è un muro di impenetrabilità e se nelle strutture laiche ci sono più verifiche e più trasparenza, quelle religiose lo sono molto meno perchè hanno controlli solo interni”. E’ un allarme molto netto quello che ha lanciato alla Dire l’avvocato Matteo Santini, presidente nazionale Avvocati divorzisti e docente di legislazione a tutela dell’infanzia presso la Sapienza di Roma, da 22 anni impegnato in difesa dei bambini.

“Diverse volte da familiari di minori, o dagli stessi operatori ho avuto denuncia di situazioni di disagio e maltrattamento e ho avvisato l’autorità”. Il riferimento, e le parole, ovviamente è indirizzato ai fatti che hanno recentemente interessate quattro suore finite indagate (una in carcere e tre oggetto di divieto di dimora sul territorio regionale campano) con l’accusa di aver maltrattato alcuni bambini ospitati presso l’Istituto Santa Maria della Provvidenza a Casamicciola.
L’avvocato Santini poi ribadisce il concetto facendo un esempio su tutti: “Se in famiglia ci sono litigi o maltrattamenti un bambino, oggi sanno usarli fin da piccolissimi, può prendere un cellulare e videoregistrare. Nella case famiglia- ha spiegato l’avvocato- per regolamento è vietato usarli e quindi manca questo strumento che sarebbe utilissimo per dimostrare gli accadimenti. Nessuno mi vede, nessuno mi denuncia ed è così che la consapevolezza diventa impunità per chi gestisce le case famiglia e non viene in alcun modo monitorato”.

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