Sveglia. Ci serve una vera Polizia Locale

di Graziano Petrucci
In tutto il tempo che è passato da almeno quarant’anni a oggi – e continua a fluire impassibile sotto il nostro naso – avremmo dovuto capire tanto. Come il bambino impara che può scottarsi se mette la mano sul fuoco e non ascolta il genitore che l’ha avvisato, al quale per converso si chiede di (non) fare certe cose, così noi. All’esperienza e allo studio della nostra società con i suoi cambiamenti, la parte del genitore. Il monito rivolto tanto alla politica amministrativa quanto all’opinione pubblica, che intanto è diventata passiva fatte le dovute eccezioni, è sempre stato quello di approfondire e migliorare il proproprio comportamento per l’interesse collettivo. Se ciò non è accaduto, è in parte colpa pure dei media locali. Sebbene ci sia stato chi non solo li ha fondati, mostrando coraggio per le imprese difficili, ma in più ha creato le occasioni per stimolare un cambiamento su una piattaforma pluralista e di confronto, qualcosa evidentemente non ha funzionato. Ai media che avrebbero dovuto contribuire alla costruzione di una coscienza collettiva e critica nei cittadini, la stessa «missione» che hanno oggi, corrisponde l’altra faccia della medaglia, e assieme problema, che le fa da contraltare e vede l’incapacità diffusa di sviluppare l’analisi critica dei fatti. Perciò se c’è stato chi stimolava la gente per modificare la rotta questo è rimasto inascoltato. La stessa difficoltà di oggi. Per tornare all’esperienza, di segnali che non abbiamo ancora imparato a riconoscere ce ne sono stati, eccome. Invece abbiamo preferito reiterare un modello senza riflettere sulle possibilità di miglioramento in funzione delle epoche e dell’economia. Un risultato che si traduce nella perenne attesa di un messia locale, prodotta a sua volta da una mentalità localistica che riflette piccoli interessi di bottega invece che unirsi per coglierne quel frutto di un territorio nella sua interezza. Se avete difficoltà a crederlo basta guardare la sanità o i trasporti o la raccolta dei rifiuti. Gli stati di emergenza restano nella stessa posizione di prima, ossia in nessun posto, e intanto non ci viene in mente che basterebbe davvero poco per prendere una strada diversa.
La questione dei taxi, ne ho parlato più volte, è soltanto uno dei temi. Per replicare alle critiche ho detto che è meglio istituire un regolamento unico al posto dei sei che disciplinano il servizio e considerare l’isola come comprensorio economico esclusivo; abbattere i confini amministrativi e abbassare le tariffe cui deve corrispondere la facoltà per gli operatori di realizzare un numero elevato di corse sull’isola senza limitazioni. A ciò si aggiunge la mancanza di visione d’insieme sia per il trasporto pubblico come per la tutela e i controlli sulle strade. Fermi tutti. Questa parte è importante. Sulle arterie isolane scorrono molte auto – ve lo ricordo: sono circa 60 mila – e se ci sono conducenti che rispettano il Codice della Strada, ce ne sono altri che non sanno come comportarsi in prossimità di una rotatoria. Il numero elevato di automobili, la condizione pietosa delle strade, la disattenzione assieme all’imprudenza cui si aggiungono i controlli inesistenti della polizia municipale specie per mancanza di uomini e mezzi, diventano le cause principali degli incidenti.
Un inciso. Carabinieri e Polizia ai quali va riconosciuto uno sforzo enorme non possono caricarsi di tutto il lavoro che spetterebbe ad altri. Detto ciò, un ragazzo di 28 anni la settimana scorsa alla guida di una moto ha perso la vita. D’accordo, era senza casco ma non è questo il punto. La sua morte intanto si aggiunge a quella di altri su cui avremmo dovuto, appunto, nel tempo, consolidare l’esperienza. Un segnale che rischia di rimanere inascoltato come le altre vite che abbiamo perso in circostanze simili. Ci rendiamo conto che non si può più tollerare questo stato di cose? Specie se, stando alle previsioni ottimistiche per il futuro, l’isola sarà più di prima la meta assalita da flussi turistici in aumento, provenienti dall’Europa o dagli USA come dai paesi orientali. In una prospettiva del genere appare immediato ripensare e riprogrammare tutto. Va da se che per innestarsi e integrare il lavoro delle forze dell’ordine si affaccia l’esigenza, oggi più di prima, di «fondare» una Polizia Locale con competenze su tutta l’isola. Con le funzioni di polizia amministrativa (edilizia, sanitaria, urbana, commerciale, ambientale etc.); giudiziaria; stradale; protezione civile e funzioni ausiliarie di pubblica sicurezza, garantirebbe una capillarità che oggi non esiste. Per far ciò deve esserci la volontà ma, prima, proprio questa deve essere il risultato di un processo di crescita che dovremmo anticipare invece che subire. I singoli comandanti, di ogni comune, potrebbero coadiuvare il dirigente cui si potrà attribuire il compito di «creare la nuova polizia locale».
Serve qualcuno con una visione della realtà diversa e con la capacità di adattarsi immediatamente allo scenario in cui opera, oltre che competente. Un nome, al quale si può chiedere. Il generale paracadutista e incursore Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo Vertice Interforze, delle Forze Speciali e della Folgore, da poco più di un mese in pensione. Un generale, non per fare la «guerra» come potrebbe pensare erroneamente il lettore superficiale, ma per trasformare una «cosa» che oggi non ha alcun senso, se non a «pagare gli stipendi ai vigili urbani, vigilini e ausiliari», in una polizia locale efficiente e formata. Cui delegare il controllo del territorio e inaugurare così una stagione di successi, del saper vivere e imparare a vivere. E fermare quella vergognosa dei decessi.
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