CULTURA & SOCIETA'

La memoria attraverso la geografia dei luoghi: all’Antoniana la conferenza dell’architetto Delizia

Tra i luoghi scandagliati nella ricerca dal Direttore della Certosa e Museo di San Martino c'è anche Ischia, località di confino etiope

Un’interessante conferenza quella organizzata dal Circolo Sadoul presso la Biblioteca Comunale Antoniana in occasione della giornata della memoria. Ospite l’architetto Francesco Delizia, Direttore della Certosa e Museo di San Martino (Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo), che ha discusso in una platea vasta e composta principalmente da studenti del tema Luoghi di confino, luoghi di transito: luoghi di memoria.I campi di prigionia nazi-fascisti in Italia.

“Quella della giornata della memoria è una delle occasioni più importanti celebrate qui all’Antoniana, un argomento che ho incontrato per la prima volta proprio grazie al Sadoul. Grazie all’architetto Delizia oggi mi unisco al pubblico in sala per avere un approccio diverso al tema”. Così la Direttrice della Biblioteca, la dott.ssa Lucia Annicelli.

A Gina Menegazzi il compito di introdurre la platea alla giornata della memoria con date e dettagli utili a inquadrare il contesto storico.

“Sono un architetto – ha dichiarato Delizia – mi occupo di luoghi, quelli diventati, oggi, luoghi di memoria, lì dove si sono svolti eventi traumatici che ne conservano la suggestione”. Questi luoghi si contrappongono a quelli per la memoria, costruiti appositamente, lì dove tutto viene risistemato, manomesso.

“Sappiamo poco dei campi di concentramento in Italia, – ha aggiunto ancora – i più importanti erano i campi di transito come la Risiera di San Sabba a Trieste. Il duce ne costruì tantissimi e nel periodo delle guerre coloniali servivano a raccogliere i prigionieri”.

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Su di un cartina la geografia dei campi di concentramento: il nord Italia ne era disseminato con circa 100 costruzioni.

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“Nel 1936 il Ministero della guerra e dell’Interno stabilirono i criteri per la costruzione dei campi di concentramento, indicazioni di carattere tecnico- edilizio per capire come individuare i posti in cui andare a costruire. Inizialmente venivano costruiti al Nord perché le aree sensibili della guerra erano lì e i prigionieri dovevano stare lontani in modo da dissuadere rivolte o tentativi di fuga. Spesso venivano disseminati in zone malsane perché utilizzati come forza lavoro per le bonifiche”.

A esservi rinchiusi erano Politici sospetti di attività antifascista, potenziali spie e i rastrellati nei Balcani. Solo nel 1939 si iniziò a parlare di elementi di razza ebraica.

La sorpresa è che tra i luoghi scandagliati nella ricerca dell’architetto Delizia c’è anche Ischia come località di confino etiopi.

“Sono 900 i campi di concentramento, una geografia che però non è completa perché sono ancora tantissime le realtà da aggiungere. Non vengono descritte come luoghi di reclusione né ci viene trasmessa la storia successiva che oggi ci interessa mettere a fuoco per vedere se sono diventati luoghi di memoria”.

Erano ampi i complessi requisiti dalle amministrazioni militari che venivano poi restituiti al loro uso: fu questa la prima ragione della rapida cancellazione della memoria.

“Venivano individuati alcuni luoghi lontani dalle isole di guerra e vi si costruivano questi campi. Il primo fu ideato nel 1937 a Marconia da un certo Eugenio Baldini. Lo stesso, qualche anno dopo, lo troviamo impegnato in una bonifica delle aree vicino Cosenza. È chiaro che, oggi come allora, c’erano dietro diversi interessi economici”.

In sala scorrono le immagini dei diversi campi di concentramento realizzati in Italia con poveri mezzi e tempi veloci, “c’erano prospettive di durata breve -ha concluso Delizia – normale che siano andati incontro a un rapido deperimento. C’era la volontà politica di cancellare l’ adesione al nazismo e, dall’altra parte, la vergogna nel pensare all’atteggiamento di indifferenza avuta verso i deportati”.

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