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Ischia resta l’isola dei “pasquettari”

Ennio Anastasio

Non riusciamo proprio a scrollarceli di dosso, parliamo per molti mesi dell’anno di programmazione turistica, di  marketing promozionale, invitando anche personaggi illustri a discuterne in convegni e quindi a fornirci dei lumi, ad illustrarci la strada del “salto di qualità”, sollecitiamo la cura delle strade e delle pinete, chiediamo di  avere gli arenili puliti e le aiuole curate, il tutto per l’inizio della stagione turistica che coincide con il periodo pasquale. Le Amministrazioni isolane partecipano a più fiere e in diverse città, sono ambasciatrici di un’isola che presenta bellezze naturali uniche. Ma poi tutto viene cancellato con un colpo di spugna, in poche ore, uno tsunami improvviso , violento, e sembra che tutta l’opera preparatoria e gli sforzi profusi  per accogliere un turismo d’elite soccombano sotto il peso di un’invasione di massa: è quella dei “pasquettari”, perlopiù  giovani teen- agers che già dalle prime ore del mattino del lunedì in Albis dal molo di Napoli sbarcano sull’isola. Giungono in centinaia e non nascondono di certo il loro arrivo, canti e urla si possono ascoltare già dai traghetti che entrano nello specchio d’acqua del porto d’Ischia, con gli ormeggiatori portuali che avvisano : “stann arrivan”. Sono pronti, si preparano all’assalto dell’isola rigorosamente con in mano super santos , fresbee e trolley striscianti;  ecco,  l’isola, la nostra Ischia, ritorna indietro di 30-40 anni almeno, proprio quella che vedeva entrare comodamente nel porto contrabbandieri di sigarette con i loro scafi blu  per ormeggiare di lato alla banchina nel primissimo pomeriggio ed entrare in ristoranti compiacenti posti lungo il molo per poi prendere di nuovo il largo dopo aver gustato il pesce fresco ed ovviamente  “l’impepat e cozze”. Sì, è vero, venderemo pizzette, panini farciti e polli allo spiedo, d’altronde anche quello è turismo, quello “pizzettaro”, di certo non quello di cui ci riempiamo la bocca all’estero, tanto per intenderci, così come non è turismo lo “spettacolo” di quello che viene lasciato al suolo, sul nostro suolo, e cioè ogni genere di rifiuti, dai cartoni unti della pizza mangiata in strada, ai palloni che si sono rotti, alle lattine schiacciate, e se vogliamo dirla tutta, anche preservativi  e tovaglioli, simboli umilianti di un’isola che è stata “usata”, violentata in poche ore con il benestare di tutti, ad eccezione di quello dei pochi turisti, quelli veri, quelli che da alcuni giorni già soggiornano silenziosamente nei diversi hotels isolani per trascorrere alcuni giorni in pieno relax e che rimangono increduli di fronte ad una siffatta organizzazione coesa e battagliera sbarcata nelle prime ore del mattino e pronta a dominare il territorio invaso. Ma poi, in fondo, vogliamo toglierci il gusto della solita rissa che scoppia inevitabilmente? come quella di oggi in via E. Gianturco  ad incrocio con Corso Vittoria Colonna? disturbo alla quiete pubblica, l’arrivo di due pattuglie dei carabinieri, la folla che si accalca? niente di nuovo, routine di un “giorno particolare”. Già, quello di un’isola turistica che indietreggia, che non dice BASTA, che non ha voglia di cambiare, di allontanare questa forma di turismo spazzaturiale dalle nostre strade, dai nostri lidi, dalle nostre pinete, dalle nostre aiuole fiorite. Ma vogliamo solo un attimo fermarci ad immaginare la scena dell’arrivo ad Ischia nel giorno di  “pasquetta” trasferendola sulla “promenade des Anglais” nella bellissima città di Nizza?no, non possiamo farlo, non possiamo permetterci di farlo e sappiamo bene il perché. A voler dare una risposta, la più stupida,  possiamo mentirci affermando che lì, ad appena 25 KM dall’Italia, in spiaggia si arriva con sicure piste ciclabili o pulitissime strade pedonali, ed è vietata l’invasione con mezzi da sbarco. A voler essere seri, con onestà, sappiamo bene che quella realtà, vero concentrato di ordine, non partecipa assiduamente a fiere, non vola a Mosca o a Berlino ma soprattutto coltiva un’idea ben diversa del turismo e del “carburante” che deve alimentare il motore dell’economia turistica. Un concetto ben diverso dal vendere pizzette e super santos.

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