CULTURA & SOCIETA'

Re Magi, quella stella che accese la scienza della Persia

Dal libro Avesta di Zarathustra alla coscienza nel Vangelo del Dio Re Bambino

Quale la sensazionale carta d’identità dei Magi giunti da Oriente, da dove nasce il Sole, la Luce del mondo. Papa Francesco nell’omelìa del 6 gennaio 2016 disse: “I Magi rappresentano gli uomini di ogni parte della terra che vengono accolti nella Casa di Dio. Davanti a Dio non esiste più divisione di alcuna razza, di lingua e di cultura: in quel Bambino Re, tutta l’umanità trova la sua unità”. Innanzitutto è da respingere la tesi formulata ai nostri giorni che i Magi di cui parla l’Evangelista Matteo non siano mai esistiti e che l’Evangelista li abbia inseriti nella sua narrazione solo a scopo didattico: attestare cioè che la divinità di Gesù, vero Dio e vero Uomo, era stata riconosciuta presso tutte le genti fin dalla nascita. Fa fede per loro la stessa parola “magi”, che è una carta d’identità ben conosciuta nell’antichità. Quasi cinquecento anni prima che l’Apostolo scrivesse il suo Vangelo, ne parla anche lo storico greco Erodoto, che li descrive come una delle sei tribù dei Medi, un antico popolo iranico stanziato in gran parte dell’odierno Iran centrale e occidentale, a sud del Mar Caspio. Essi precisamente costituivano la casta sacerdotale, saggi astrologi, sacerdoti della religione mazdea (credevano nel Dio unico Ahura Mazda, Spirito del Bene, primo monoteismo della storia, nonché prima religione soteriologica (dal greco “sotèr=salvatore), fondata cioè sulla promessa salvifica di una vittoria del Bene sul Male e di una vita di beatitudine nell’aldilà, un credo rivelato in Persia al profeta ZARATHUSTRA, che muore assassinato a 77 anni da un essere malvagio mentre pregava.

Questo credo contenuto nel libro dell’AVESTA (Il fondamentale, Il comandamento) -raccolta di opere di varia origine, tra cui le “Gatha”(canti) dello stesso Zarathustra – presente in tombe, bassorilievi, rappresentazionj di monarchi che si raccomandano ad Ahura Mazda in quanto rappresentante del Bene, della Giustizia e della Verità. Documenti del profondo legame fra il Dio supremo e il portatore del suo Verbo (parola), dell’impegno etico e palingenesi finale e attesa escatologica (futura) con la sconfitta dello Spirito del male “Angra Mainyu” che si oppone al Dio Supremo del Bene. In quanto astronomi è dunque plausibile che si siano messi in viaggio seguendo desiderosi una “Stella” (dal latino “de-sidus, sìderis=stella, astro, da cui desiderio) ad adorare (dal latino “ad-os, oris”=bocca, bacio) il Dio Re Bambino. Il numero tre, altamente simbolico nella Sacra Scrittura, può essersi affermato in riferimento ai Magi per sottolineare che tutto il mondo aveva reso omaggio al Salvatore. Tre era infatti anche il numero dei continenti allora conosciuti: Asia, Europa e Africa; simbologia bizantina delle tre età dell’uomo: il giovane, il maturo e l’anziano. La presenza di un magio di colore completerebbe questo simbolismo, facendo riferimento alle popolazioni africane. Oppure potrebbe essere una deduzione dal numero dei doni: oro, incenso e mirra. Anche questo dal profondo significato simbolico: l’oro per la regalità di Cristo; l’incenso per la divinità e la mirra con riferimento alla morte di Gesù di Maria Sposa Mistica dello Spirito Santo Dio. Per la Stella gli studi più recenti, attestati anche da Benedetto XVI nel suo Libro sull’infanzia di Gesù, portano a ritenere che si sia trattato di fenomeni celesti realmente avvenuti tra il 7 e il 4 a.C. (che sarebbe poi l’epoca dell’effettiva nascita di Gesù), come l’allineamento di alcuni pianeti (Giove e Saturno, soprattutto) nella costellazione dei Pesci, con un conseguente effetto ottico di straordinaria brillantezza. Ma il destino errante dei magi non si sarebbe interrotto con il ritorno al loro Paese “per un’altra strada”, come scrive san Matteo. Secondo una leggenda sarebbero tornati a Gerusalemme -ove morirono- dopo la Risurrezione di Gesù per testimoniare la loro Fede. Le loro spoglie sarebbero state ritrovate da Sant’ELENA, trasportate a Costantinopoli e in seguito donate a Eustorgio, Vescovo di Milano dal 343 al 355 circa, con la creazione della basilica. Vi rimasero fino al 1164, quando Federico Barbarossa se le portò a COLONIA (sul fiume Reno-Germania), nel cui duomo gotico con due arditi campanili cuspidati sono tuttora custodite in una grande urna preziosa (foto) e vi si svolse la “XX Giornata mondiale della Gioventù” dell’agosto 2005 (per una volta non furono i magi a muoversi, ma i pellegrini ad andare da loro), la prima del Papa Benedetto XVI, proprio ispirata ai magi (Melchiorre, Gaspare, Baldassarre), reliquie sottoposte peraltro a ESAMI SCIENTIFICI negli anni Ottanta. Ne è risultato che i tessuti sono di tre stoffe distinte, due di damasco e una di taffetà di seta, tutte di provenienza orientale e databili tra il II e il IV secolo. Le leggende, come si suol dire, hanno sempre un fondo di verità! Sapienti di scienza (sapere) e coscienza (valori), che non si accontentano di guardare per terra, ma alzano lo sguardo desideroso d’Infinito alla Stella del Cielo: “Al vedere la Stella, essi provarono una GRANDISSIMA GIOIA. Entrati nella casa (una grotta adibita a stalla, ndr), videro il BAMBINO CON MARIA SUA MADRE e prostratisi lo ADORARONO” (Mt 2,10-11). Con san Bernardo: “rèspice Stellam, voca Mariam”=guarda la Stella, invoca Maria ! (continua)

*Pasquale Baldino – Responsabile diocesano Cenacoli Mariani; docente Liceo; poeta; emerito ANC-Ass Naz Carabinieri (e-mail: prof.pasqualebaldino@libero.it)

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