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Riflessioni – Il patto con il diavolo

 

Cari amici de Il Golfo cosa dobbiamo fare quando comprendiamo che non possiamo realizzare il nostro ideale? Metterci d’accordo con il vincitore per cercare di ridurre al minimo il danno, aiutarlo a realizzare il suo progetto in cambio di vantaggi per noi e per evitare rappresaglie contro i nostri collaboratori? Oppure è meglio rifiutare il compromesso, sacrificando le nostre comodità e quelle dei nostri cari, per essere coerenti, costi quel che costi?

Il buonsenso ci consiglierebbe la prima strada perché, nella vita, non si può sempre vincere e, dopotutto, bisogna sopravvivere. Tutti conosciamo personaggi che, dopo una sconfitta, hanno prontamente abbracciato la causa del vincitore, si sono schierati dalla sua parte e ne hanno ricavato tangibili vantaggi.

In compenso molti di coloro che sono rimasti fedeli all’ideale hanno finito per condurre una vita miserabile. Pensiamo, per esempio, al nostro poeta Ugo Foscolo: si era schierato con entusiasmo dalla parte dei francesi nel nome dei valori di libertà, uguaglianza e fraternità e per l’indipendenza italiana. Deluso dal comportamento di Napoleone, lo critica e lascia Milano. Eppure gli austriaci, tornando a Milano, gli avevano offerto di nuovo la cattedra a Pavia e la direzione di una rivista.

Ma Foscolo non se la sente di accettare il governo austriaco. Parte improvvisamente per l’Inghilterra, dove vive in volontario esilio, sconosciuto e in misura estrema, fino alla morte avvenuta a soli quarantanove anni.

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Una scelta disastrosa sul piano umano. Restando a Pavia sarebbe stato onorato, avrebbe potuto lavorare lo stesso per l’unità nazionale.

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Eppure, detto questo, non possiamo fare a meno di percepire, dietro la sua scelta, una profonda ragione morale. Restando avrebbe giustificato l’occupazione straniera. Sarebbe arrivato ad un compromesso non solo con gli austriaci, ma con se stesso.

E, di compromesso in compromesso, si può andare molto lontano. Ricordiamo il caso di Pétain. Pétain era un grande generale, il vincitore della prima guerra mondiale. Dopo la sconfitta della Francia ad opera dei tedeschi nel 1940, viene chiamato ad occupare la carica di presidente del consiglio. Accetta, firma l’armistizio e cerca un accordo con i vincitori per evitare danni maggiori. In poco tempo, però, diventa un fantoccio nelle mani di Hitler. Come succede a Mussolini, quando adotta le leggi razziali, o quando crea la Repubblica di Salò.

Ma lasciamo da parte i grandi personaggi e gli esempi storici e torniamo alla nostra vita quotidiana. Questo tipo di scelte io lo chiamo “il patto con il diavolo”. Esattamente come quello di Faust che, in cambio della giovinezza, promette la sua anima. Solo che a noi non si presenta, in punto di morte, un diavolo a riscuotere la nostra anima.

Oggi perdere la propria anima vuol dire perdere la propria chiarezza, la propria dignità, la propria libertà. Noi perdiamo la nostra anima, quando rinunciamo ai nostri sogni e ai nostri ideali per paura, o per avidità di denaro e di potere. Quando scegliamo una strada da cui non avremo più il coraggio di tornare indietro e saremo costretti ad accettare, uno dopo l’altro, qualsiasi compromesso e qualsiasi umiliazione.

A dire qualsiasi menzogna. Fino a non sapere più quanto in basso siamo caduti. Fino a non sapere più chi siamo.

 

 

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