CRONACA

Luigi Iacono: «Ossigeno al volontariato con la fondazione, vi spiego come»

L’ex sindaco di Serrara Fontana e coordinatore del Think Thank Progetto Ischia racconta a Il Golfo l’iniziativa con la quale si intende affrontare i problemi sociali del territorio insieme a chi opera con difficoltà nel terzo settore

Viviamo momenti drammatici. In cui paura e speranza confliggono e rendono difficile la vita di ciascuno di noi. Le disuguaglianze che già erano presenti anche sulla nostra isola sono cresciute e saranno ancora più evidenti e drammatiche quando cesseranno gli aiuti/sussidi pubblici. I problemi strutturali dell’isola denunciati da anni e mai affrontati in modo strutturale, saranno ancora più gravosi per le famiglie e le imprese. La prospettiva non è quindi incoraggiante, soprattutto per i disagi sociali causati dalle ricadute economiche di questa pandemia. Ecco allora un’idea avanzata da Progetto Ischia che potrebbe essere utile ad affrontare, con un cambiamento anche culturale, i problemi sociali isolani insieme a chi già opera con difficoltà nel terzo settore. Su questo abbiamo posto qualche domanda a Luigi Iacono. Già sindaco di Serrara Fontana, attualmente coordinatore del Think Thank “Progetto Ischia”.

Secondo lei, manca sull’isola una certa sensibilità nel trattare temi che spaziano dal terzo settore fino all’inclusione di associazioni, comuni e imprenditori per favorirne il dialogo?

«Sull’isola questa sensibilità non manca. Sono tante le persone che si occupano di disagio sociale e praticano azioni di solidarietà e tante altre sarebbero disponibili a farlo, ne sono convinto. È interessante il numero di associazioni, oltre cinquanta, che operano in settori diversi e in qualche modo dimostrano la voglia di fare per gli altri. Il problema è che operano in solitudine, spesso anche in incognito e solo in parte riescono a coprire i bisogni dell’intero territorio isolano. Ecco perché è necessario mettere insieme gli sforzi di quanti sono impegnati in questo settore coinvolgendo e rendendo responsabile l’intera comunità isolana per riuscire a offrire più servizi attraverso una organizzazione più adeguata ai bisogni di oggi e a quelli che stanno emergendo con la crisi in atto.

Come si può avviare una intesa fra questi soggetti?

«Bisogna impegnarsi su tre fronti, quello della cultura sociale della solidarietà, quello del benessere della persona e quello dell’organizzazione dei servizi che devono seguire la messa in campo di un progetto credibile che invogli a partecipare ad una sfida difficile, ma necessaria. Se ci convinciamo che occorre passare da una concezione soggettiva o individuale dell’erogazione dei servizi ad un concetto comunitario di welfare e quindi coordinato e condiviso, allora l’intesa con una larga parte della popolazione ed i soggetti a ciò dedicati non sarà difficile.

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Da dove partirebbe questo progetto?

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«Da uno strumento semplice, responsabile ed efficace che è la Fondazione di partecipazione o Fondazione di Comunità di cui potrebbero far parte da un lato i fondatori promotori, ovvero cittadini, enti, associazioni ed imprese che contribuiscano con piccole quote a realizzare il capitale di dotazione della Fondazione sottoscrivendone la sua costituzione, e dall’altro i partecipanti, che si rendano disponibili ad offrire un contributo sia materiale che immateriale, ad esempio in termini di servizio personale.

Fondazione di partecipazione, di che cosa si tratta?

«È una persona giuridica privata, in cui è combinato l’elemento personale, tipico delle associazioni, e l’elemento patrimoniale, caratteristico delle fondazioni. Trova legittimazione giuridica nell’art. 1 del d.p.r. n. 361/2000, comma 1 “altre istituzioni di carattere privato” e nell’art. 1332, 2° comma del cod. civ., alla luce dell’art. 45 della Costituzione. È un modello più adeguato, rispetto a quello classico di fondazione previsto dal codice civile, a promuovere e sostenere la gestione di attività con finalità culturali e di solidarietà sociale.

Di che cosa, nello specifico, dovrebbe occuparsi la Fondazione e quali potrebbero essere i soggetti da coinvolgere sull’isola?

«L’obiettivo della Fondazione sarebbe quello di facilitare a chi ne ha bisogno l’accesso soprattutto ai servizi che hanno una finalità sociale. Come? Organizzandosi direttamente con i propri mezzi ma anche favorirli con adeguati strumenti, penso per esempio a una piattaforma informatica capace di coordinare ed organizzare chi già opera sul territorio in piena autonomia attraverso un’intesa che garantisca la fornitura di servizi di qualità con trasparenza e rispetto dei lavoratori e degli utenti. In questo senso ci può venire in aiuto l’esperienza che sto seguendo con attenzione del Comune di Milano con il progetto We.mi. (www.comune.milano.it) per i servizi domiciliari e altri che pure sono stati adottati da associazioni e soggetti no-profit. L’idea della Fondazione nasce per unire e dare un riferimento, un sostegno a chi ricerca un servizio in risposta al proprio bisogno, ma anche a chi opera in modo corretto sul territorio».

Le banche, crede che potrebbero sostenere un progetto del genere e con quali risultati?

«Non solo le banche, ma anche le imprese che fanno profit perché il sociale dovrebbe essere nel core business processes di qualunque impresa».

La costituzione di un Ente di questo tipo potrebbe, secondo lei, raggiungere risultati significativi e produttivi per il tessuto socio economico dell’isola?

«La Fondazione potrebbe generare risorse e occupazione per migliorare e anche generare servizi alla persona, che a sua volta farebbero bene alla crescita del tessuto socio-economico dell’isola».

Quale dovrebbe essere il primo passo da affrontare? Quali attori vanno coinvolti per primi?

«Il primo passo è quello di sentire le associazioni del territorio e condividere con chi è d’accordo il percorso, condividere i diversi aspetti della proposta e verificare le possibili condizioni di fattibilità e avvio».

La Fondazione segue gli stessi criteri di Progetto Ischia oppure ne integrerà altri?

«L’idea della Fondazione è coerente con la mission ed i valori di Progetto Ischia. In questi mesi con il gruppo abbiamo elaborato una serie di proposte per stimolare l’adozione di una visione sistemica del territorio. Il progetto di una Fondazione di Comunità va in questa direzione»

Se dovesse rivolgere un appello, una sorta di “chiamata alle armi” per la realizzazione di questo progetto, che cosa direbbe?

«Serve realismo. Una forte presa di coscienza della realtà e l’organizzazione di una sorta di ‘pronto soccorso’ sociale e culturale isolano che sappia dare risposta ad un mondo di bisogni che saranno ancora più impegnativi nei prossimi mesi. L’appello che faccio a noi isolani, comprese le istituzioni e le imprese, è di mobilitarsi per un “Welfare di tutti”, così come in altri settori, senza aspettare che le cose arrivino dall’alto, causa di una mentalità che blocca l’isola e che è ferma da anni».

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