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Capuano si difende : «Non sono un corrotto»

Il faccia a faccia con il gip si è svolto nella Capitale, nel carcere di Regina Coeli: il magistrato ha risposto a tutte le domande facendo chiarezza sugli addebiti che gli vengono contestati

Si è svolto ieri l’interrogatorio di garanzia del dottor Alberto Capuano, coinvolto nell’inchiesta che ha scosso anche l’ambiente giudiziario isolano, dove l’indagato ricopriva il ruolo di giudice della locale sezione penale. Inchiesta diretta dalla Procura di Roma, e infatti  gli interrogatori dei cinque indagati si sono svolti nella Capitale, alla presenza del Gip Costantino De Robbio, che aveva firmato i provvedimenti restrittivi di custodia cautelare in carcere per quattro di loro, cioè Capuano, Antonio Di Dio, Valentino Cassini e Giuseppe Liccardo, mentre  l’avvocato Elio Bonaiuto è stato invece ristretto ai domiciliari.

Ai cinque sono mosse diverse contestazioni a vario titolo: millantato credito, traffico di influenze illecite, favoreggiamento personale, corruzione per esercizio della funzione, corruzione in atti giudiziari, tentata estorsione. Capuano non si è affatto avvalso della facoltà di non rispondere, rispondendo invece a tutte le domande del Gip, assistito dai suoi legali di fiducia, gli avvocati Maurizio Lojacono e Fusco. Il giudice si è fermamente difeso, sostenendo di non aver mai accettato denaro né altri favori, respingendo quindi qualsiasi ipotesi di corruzione a suo carico.  Ha fornito spiegazioni su tutti i capi d’imputazione contestati, chiarendo in modo dettagliato e documentato i fatti, che secondo la difesa dimostrano la totale insussistenza della prospettazione accusatoria.

Il dottor Capuano ha respinto ogni imputazione, evidenziando circostanze e fatti, emersi anche dall’attività investigativa, che smonterebbero la ricostruzione accusatoria

La parte forse più delicata della vicenda era quella relativa ai rapporti con Liccardo, e qui il dottor Capuano ha ammesso di aver sì pronunciato le frasi contestate, cioè che si sarebbe interessato per fare pressioni in un procedimento, ma di averlo fatto mentendo, a persone con le quali si era creato un rapporto di conoscenza e di confidenza. Quando essi cominciarono a fare richieste di un certo tipo, come quella di tentare di “aggiustare” un processo, il magistrato non avrebbe avuto l’animo e la forza di allontanarli, ma gli avrebbe raccontato qualcosa esclusivamente allo scopo di temporeggiare e tenerli buoni, in attesa dello svolgimento dell’udienza, dopo la quale queste persone avrebbe smesso di fare pressioni sul giudice. La dimostrazione della veridicità di tale intento verrebbe dalla circostanza che quando quella causa venne trattata si scoprì invece che fu rinviata perché era mutato il collegio giudicante  (il presidente era infatti andato in pensione da tempo), cosa che provocò lo sconcerto di Di Dio, il quale giunse alla conclusione che se davvero Capuano avesse parlato col giudice di quel processo, avrebbe dovuto sapere di questo cambiamento nel collegio. Ciò dimostra, secondo la difesa, che Capuano non ha mai avvicinato quel presidente di collegio, né ha mai parlato con chicchessia. In sostanza, le rassicurazioni del dottor Capuano erano soltanto un modo, benché discutibile, di tener buoni gli interlocutori, prendendoli sostanzialmente in giro, quando in realtà non si era mai neppure azzardato a pensare di intercedere presso qualcuno.  Il fatto che il giudice non abbia mai intascato alcuna somma di denaro, secondo la difesa, era già chiarissimo in base alle risultanze delle indagini compiute dagli investigatori. Tramite diverse intercettazioni e pedinamenti, proprio gli inquirenti avrebbero dovuto sapere che non c’era stata nessuna telefonata di Capuano al presidente del collegio per influire sul processo.

Nel respingere le ipotesi di reato, il giudice Capuano ha anche puntualizzato la sua posizione in relazione al presunto aiuto alla figlia di Di Dio per superare il concorso in magistratura: il magistrato ha precisato di averla vista una sola volta e di averle detto, in via amichevole, di non preoccuparsi, ma ha negato recisamente di essersi attivato per esercitare pressioni sui componenti della commissione esaminatrice. Gli avvocati hanno già anticipato al Gip l’esistenza di una serie di documentazioni che dimostrano l’infondatezza delle accuse,  e che verranno depositate tra alcuni giorni in forma di memoria, organicamente rappresentativa della linea difensiva.

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LE ACCUSE. Come si ricorderà, il Gip Costantino De Robbio, nell’ordinanza con cui  ha disposto la custodia cautelare, rimarcava ad esempio che «nel tribunale di Napoli opera un gruppo di soggetti, tra i quali almeno un giudice del tribunale in grado di influenzare in vario modo la sorte di importanti processi penali pendenti in fase dibattimentale o in Corte di Appello», ed estendendo il discorso anche agli altri indagati aggiungeva che gli stessi avevano la possibilità di «sospendere procedure esecutive penali e ritardare verifiche dei crediti fallimentari, provocare la scarcerazione di detenuti ed il dissequestro dei beni di importanti esponenti della criminalità organizzata fino ad estendere la propria influenza sul concorso in magistratura, il cui esito è stato distorto a favore di una candidata, figlia di uno degli appartenenti al gruppo degli indagati». Il quadro che il dottor De Robbio delinea viene specificato  in un successivo passaggio dell’ordinanza, nel quale sottolinea che il giudice indagato  «vanta vere o presunte influenze su numerosi altri magistrati del tribunale e della Corte di Appello di Napoli ed è pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro ed altre utilità anche di entità economica relativamente modesta oltre a lavori di ristrutturazione, biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia a prezzi di favore, tessere gratis per stabilimenti balneari ma anche pastiere e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti». Il quadro accusatorio si concludeva affermando che qualsiasi tentativo di avvicinamento di colleghi e cancellieri  sia stato prospettato al giudice «ha trovato in lui una sponda pronta e compiacente, si trattasse della procedura di abbattimento di un umile manufatto di un fabbro o dell’assoluzione di soggetti accusati di far parte della criminalità organizzata e del dissequestro dei loro beni. Il Capuano ha messo a completa disposizione di chiunque volesse la propria competenza tecnica, offrendosi di visionare fascicoli processuali per suggerire strategie – imponendo la nomina di avvocati e contattando i magistrati assegnatari dei procedimenti per convincerli a decidere non secondo giustizia ma per il perseguimento di fini economici del tutto incompatibili con la funzione rivestita».  Le accuse sono tanto sorprendenti quanto spiacevoli, vista la stima che il dottor Capuano si è saputo guadagnare in questi anni tramite la professionalità dimostrata nel gestire le udienze della sezione penale del Tribunale di Ischia. Il prossimo round si giocherà verosimilmente al Riesame.

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