LE OPINIONI

IL COMMENTO Sant’Anna, l’inclusione, l’infinito

DI ARIANNA ORLANDO

Il mare era disciolto come olio e riempiva gli anfratti della costa e i buchi sul suo corpo che il tempo aveva corroso. La sera si riversava su di noi abbondantemente, come velluto dipinto da Van Gogh, perché i cieli erano pieni di fotoni luminosi, di stelle leggere e gentili. La luce dunque colava come pittura dai fianchi del Castello Aragonese, dalle barche, dai lampioni, dalla notte densa come melassa. La sera del 28 luglio il mare era cielo fuso e riempiva gli anfratti della costa e i buchi che il tempo aveva corroso su di lei. La notte si riversava su di noi come abbondante velluto ed era dipinta da foroni luminosi, stelle leggere e gentili. La luce colava come olio dai fianchi del castello aragonese, dalle barche, dai lampioni, dal caldo denso come melassa. Tutto era innaturale perché di fronte allo spettacolo della bellezza eravamo vulnerabili eppure incolumi. Avanzavano le barche lentissimamente, sospinte dal vanitoso desiderio di lasciarsi ammirare, scrutare e da quello – ancor più leggero – di apparire. Dalle mani dei loro ideatori erano state forgiate, dalle idee laboriose dei loro costruttori erano state convertite alla materia ed erano diventate “le barche allegoriche di Sant’Anna vere e proprie” che la folla attendeva in un’aria che era miscuglio di trepidazione e stupore. 

Ecco la prima, poi l’altra, poi la terza, poi la quarta, poi la quinta. Poi il suono, il suono dell’uomo e il gorgoglìo silenziato del mare, sovrastato dalla musica, dalla voce, dal movimento. E quella barca, quella barca vincitrice di questa edizione di Sant’Anna, era la rappresentazione senza sconti dell’inclusività e dell’inclusione che si allarga dal perimetro rettangolare del gozzo all’area sferica del mondo intero. A cura dell’ASD Cestistica Ischia, ha sfilato una barca solida che pareva leggera, posata appena sulla superficie compatta del mare. Era una creatura di legno, cosparsa di colori vivaci, fortificata dal ferro e ancora di più dalle idee che l’hanno resa possibile. “Tu mettici il cuore sempre” è la virtuosa rappresentazione di “ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo lo chiama farfalla” ed è una esortazione a considerare la diversità come un’occasione di bellezza tanto grande da meritare fasto e rilievo su una delle barche per la festa più attesa del calendario ischitano. Sembrava una magia ieri che i suoi teatranti fossero così ancorati al suolo di zattera mentre a noi parevano, invero, capaci di elevarsi sopra le nostre teste e di immedesimarsi nelle dimensioni di un cambiamento gigante. La barca vincitrice di Sant’Anna è la prova definitiva che, mentre il mondo persevera nelle guerre e mentre la tolleranza effettiva  è un traguardo in prospettiva, il desiderio di vincere la battaglia dei disagi e delle particolarità è vivacissimo e infinito come i cieli sopra di noi nella notte più bella delle notti ischitane.

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